8 Settembre 2024
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1797 a Padova arrivano i francesi, la testimonianza di don Giuseppe Gennari

Don Giuseppe Gennari, nato a Padova il 10 novembre 1721, che prese i voti nel dicembre del 1744, non era particolarmente portato per la cura delle anime; si dilettava invece di studiare la letteratura e la storia e frequentava gli intellettuali più in vista non solo nella città del Santo; vastissimo il suo epistolario conservato nella Biblioteca del Seminario di Padova: 2500 lettere spedite e 4.000 autografate ricevute: muore a Padova il 31 dicembre 1800.

Nella sua vasta opera emergono: Sei orazioni in lode della Repubblica di Venezia (1782), gli Elogi di Giuseppe Tartini (1770), saggi su Andrea Mantegna, Serie cronologica dei vescovi di Padova (1756), Dell’antico corso dei fiumi di Padova e ne’ suoi contorni (1776) e, soprattutto, i due volumi “Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall’anno 1739 all’anno 1800” dove l’autore scrisse con dovizia di particolari tutto quello che successe in città.

Contro la Rivoluzione francese

Nel “Dizionario Biografico” della Treccani  viene descritto come “tradizionalista e conservatore, talvolta addirittura misoneista nelle sue preferenze: esemplari la sua aspra misoginia e l’aperta avversione alle idee dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese”;  ma a me non interessa e riporto di seguito una serie di preziose testimonianze: in fin dei conti di ultras napoleonici e di ultras giacobini pullulano le università italiane, il mondo della scuola,  i salotti bene, le conventicole degli intellettuali e le redazioni dei mass media, che se qualche volta ascoltiamo anche l’altra campana male non fa …

“24 gennaio 1797 … Molto incomodo alla città è stato il breve soggiorno de’ Francesi per le loro ruberie e violenze. Ma iersera più d’uno n’è stato ucciso, e anche fuori della città dove i poveri villani sono stati spogliati.”

Ai fanatici giacobini

“Addì 29 … Si aspettano de’ Francesi. Da Roma è venuto un libro che ha per titolo: Lo Stato Pontificio ai co-stati d’Italia. Lo leggano i fanatici giacobini e vedano di quali strapazzi la nazione francese ha caricato il supremo capo della Chiesa, vedano registrati i saccheggi, le ruberie, le crudeltà usate contra le innocenti nazioni d’Europa; gl’inganni co’ quali sono stati sedotti i popoli a ribellarsi a’ loro sovrani legittimi.”

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Siamo appena il 29 gennaio 1797 e già si parla di “saccheggi, ruberie, crudeltà” dei francesi  il bello deve ancora venire …

La carta dei Veronesi

“Addì 5 aprile 1797 Registro qui la seguente carta affissa da’ Veronesi ai pilastri della loro città quando intesero la ribellione di Brescia e si armarono per mantenere la quiete in Verona e conservare la fede alla Repubblica:

Virtù vera

Fedeltà costante

Il popolo veronese

Sempre affezionato al suo Principe e fermo ne’ suoi principi, giura di far vendetta contra i perturbatori del buon ordine, i rivoltosi, i malcontenti. Sappiate, o mostri, che il vostro abborrito nome è registrato e che cento e trenta coltelli son preparati per iscannare altrettanti infami che, mal paghi di soffrire il dolce giogo del serenissimo nostro Governo, cercano partito per ribellarsi. Voi poi, capi di famiglia, vegliate su la condotta de’ vostri figli e nipoti se non volete vederli sacrificare sotto gli occhi propri. Nessuno però tema de’ nemici esterni. La città e il territorio sono pronti alla difesa e ognuno spargerà il suo sangue per la patria, per il sovrano, per la buona causa.

Viva S. Marco, viva la Repubblica, viva Verona.

Pena la vita a chi ardisse levar la presente avanti l’Avemaria.

C’è chi veglia per ciò.

Il giuramento di fedeltà alla Serenissima

Riporto il discorso che il capitano Annibale Soncin pronunciò di fronte al Doge per rinnovare il giuramento di fedeltà alla Serenissima: è comunque una testimonianza di attaccamento alla Repubblica anche se al giorno d’oggi sembra troppo ampolloso  …

“Addì 6 aprile 1797… “Interpreti di quei veraci sentimenti d’inconcussa fedeltà che alimentò mai sempre e custodì gelosamente verso l’augusta Veneta Repubblica, la nostra patria, riguardiamo questo momento in cui siamo ancora per esprimerli colla voce, come il più prezioso ed il più felice della nostra vita.

“Sudditi fedeli”

“Se sin dalla fortunata dedizione colla dolcezza del suo governo, colle provide incessanti sue cure, colle dimostrazioni di un affetto veramente materno seppe l’adorabile Repubblica guadagnarsi a giusto titolo e conservarsi la nostra stima la più sincera, la venerazione la più profonda, il più costante attaccamento, la più fedele sudditanza, questa medesima stima, o eccellentissimo Signore, che in questi difficili tempi per tratto singolare della Divina Provvidenza dato ci foste a reggere questa fedele provincia: voi che colla penetrazione dei vostri lumi, colla soavità delle vostre maniere, colla vostra instancabile attività ci sostenete, ci animate col vostro esempio, ci confortate colla vostra voce, deh piacciavi di accompagnare questi nostri sentimenti e presentarli al trono augusto come testimonianza luminosa della nostra eterna risoluzione di voler essere dalla veneta dorabile Repubblica considerati e tenuti per teneri, rispettosi figli e sudditi fedeli.”

“Han giurato l’esterminio della Repubblica”

“Addì 28. Ciò che si temeva dovesse succedere, oggi appunto è avvenuto. Alle ore 18 in circa sono entrati i Francesi e presero possesso della città … Si vide affisso un proclama in tutti gli angoli della città nel quale si tratta da tirannico il soave governo della Repubblica di cui gli scellerati Francesi hanno giurato l’esterminio, dopo essere stati albergati e pasciuti e accarezzati come amici per tanti mesi, ad onta delle loro violenze e soperchierie. Un uffiziale è andato alle principali case de’ gentiluomini a ricevere il giuramento di fedeltà per la repubblica francese. … Una lenta pioggia accrebbe la tristezza delle oneste persone e parve che il cielo torbido e piovoso volesse piangere insieme con noi.”

“Si leva o si guasta il Leone”

“Addi 30. Nel dopopranzo, previo un proclama in istampa, fu piantato nel bel mezzo del Prato della Valle, ov’era il bersò, l’Albero della libertà, essendovi intervenuti i signori municipalisti, e vi fu pronunciato un discorso, ma poco applauso fu sentito e, tranne i giacobini e molti della feccia del popolo, non ci fu che gridasse evviva. Fu levato il cancello ch’era davanti la porta del Bò e si leva o si guasta il Leone, insegna della Repubblica in tutti i luoghi.”

Tutti eguali cioè tutti poveri

“Addì 8 maggio 1797. I Francesi vollero dalla Municipalità 2.000 zecchini, e gli ebbe col pegno di Marco Zigno. La stessa Municipalità domandò ai bottegai 200 paia di calze di accià, o di bambagia, e fu mestieri che gliele dessero. Ecco i bei frutti dell’acquistata libertà. A Vicenza, oltre ciò che di prezioso hanno asportato dal Monte, vollero in prestito centomila franchi, per non restituirli più mai. Costoro ci faranno tutti eguali, cioè tutti poveri, e poi ci venderanno o ci pianteranno come cavoli.”

Parole sante, caro don Giuseppe, costoro ci faranno tutti eguali, cioè tutti poveri.

“Povera nostra città”

“Addì 12 … S’è fatta alle case una questua di camicie pegli ammalati francesi. Non fiscono mai le ricerche de’ Francesi. Oltre tutto ciò che hanno avuto, vollero di nuovo tele ed altro per fodere d’abiti, vollero 2.000 zecchini e poi 50.000 ducati. Povera nostra città!

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“Addì 17. Ogni giorno escono dalla Municipalità nuovi ordini a stampa. Con uno si divieta a tutti parlare delle cose correnti sotto pena di sedici ducati e si promette un premio agli accusatori. Signori municipalisti che tanto avete esclamato contro gl’Inquisitori di Stato, ecco che ancor voi togliete la libertà di parlare. Qual contraddizione!”

Eh già, a proposito di liberté … divieto a tutti di parlare delle cose correnti …

I francesi spogliano S. Antonio

“Addì 20. Non contenti i Francesi di avere asportata tutta l’argenteria della cattedrale, questa mattina vollero anche i reliquiari. Il popolo freme.”

“Addì 24. Questa mattina i maladetti Francesi terminarono di spogliare S. Antonio dopo ché i presidenti si obbligarono di pagar loro 1800 zecchini perché non portassero via, come minacciavano di fare, i due antichi reliquiari della lingua e del mento e non aprissero l’Arca per rubare la cassa d’argento dove stanno rinchiuse le ceneri del Santo.”

“Addì 25. Questa mattina sono partite molte carra pieni di sacchi, in alcuni de’ quali ho veduto che v’erano de’ forni mento da cavalli e da carrozze, negli altri non so. Tutta roba asportata da’ Francesi.”

“Ci spogliano de’ più bei codici manoscritti”

“Addì I giugno 1797. I Francesi hanno portato via dal monastero di Praglia quattromila oncie d’argento, quattromila ducati e cento moggia di frumento.”

“Addi 6. Questi maledetti cani Francesi, non contenti di ridurci in camicia colle continue requisizioni, ci spogliano anche de’ più bei codici manoscritti e stampati che hanno le nostre librerie del duomo, di S. Giustina e del Santo”.

Il general Massena fa chiuder la chiesa

“Addì 8. La forza armata francese andò alla chiesa de’ Filippini, fece chiuder la chiesa e aprir una sepultura dove credevano per relazione venuta che fosse stata nascosta della argenteria, ma nulla trovarono. Il general Massena, come se niente sinora si fosse contribuito a’ Francesi, ha posto una contribuzione di un milione e 200.000 lire da pagarsi entro sei giorni.”

“Addì 3 settembre 1797. … Intanto i centralisti si tirano addosso tanto più l’odio del popolo. Iersera mentre un commissario francese andava al suo colleggio di casa Manzoni al borgo de’ Rogati, fu ferito a morte da persona sconosciuta.”

Piazza della Libertà

“Addì 8. … Per cambiar tutto la nostra città, che da tempo immemorabile era divisa in quattro quartieri, ora s’è divisa in cinque rioni. Si segnano ne’ muri i nomi delle contrade, non quali erano anticamente, ma quali loro piacciono. Per esempio la piazza de’ Signori è nominata piazza della Libertà etc. e si annoverano le case. E l’incontentabili Francesi, che il Signor mandi presto oltremonti, vogliono in tempo di dieci giorni 3.000 cappelli da dieci lire l’uno. “

“Ah ladroni francesi”

“Addì  4 dicembre 1797. A Venezia s’è venduto da’ Francesi il Bucintoro all’ebreo Vivante per 24.000 ducati e si vendono all’incanto tutti gli attrezzi dell’Arsenale.

Ah ladroni Francesi.”

Ettore Beggiato

p.s. l’immagine di Padova è tratta da wikipedia.

 

 

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