La manovra finanziaria 2024, che il governo Meloni ha appena approvato, risuscita, dopo due anni di spesa allegra col pretesto della pandemia Covid, i famigerati tagli “lineari” ai bilanci di Province e Comuni.
E a pagare è il solito Veneto “virtuoso”, ad essere punite sono le Regioni e i Comuni con i bilanci a posto, gli Enti che hanno già razionalizzato le spese e le hanno ridotte all’osso. E quindi si trovano adesso in difficoltà ad applicare ulteriori tagli.
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Sui Comuni, tagli per due miliardi
Nella manovra 2024 ci sono, è vero, tagli anche ai ministeri. Sono taglietti per circa 800 milioni l’anno, in totale. Ma soltanto sui Comuni si abbattono tagli da due miliardi l’anno.
Una cifra spaventosa, per enti che sono già in terribile difficoltà finanziaria a causa delle spese di assistenza per la pandemia, che solo in parte sono state compensate dallo Stato, dell’assistenza sociale in aumento alle famiglie mandate in povertà dall’inflazione e dell’esplosione incontrollata delle spese per assistenza ai migranti, che vengono scaricate sui Comuni senza riguardo.
Esenti dai tagli i Comuni in dissesto
A suscitare sdegno non è soltanto il volume dei tagli imposti agli Enti locali, ma sopratutto il fatto che da questi tagli lineari sono esenti i Comuni in dissesto finanziario e anche quelli in cosiddetto “pre-dissesto” (si chiama “procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”).
La condizione di dissesto finanziario, nei Comuni e in genere negli Enti locali, non piove dal cielo, non è il frutto di scommesse imprenditoriali finite male o di imprevedibili eventualità.
Dissesto e malgoverno
Il dissesto finanziario, nei Comuni, deriva essenzialmente dal malgoverno, dalla pessima gestione della pubblica amministrazione e dei servizi comunali, e dalla incapacità – o piuttosto dalla non volontà – di incassare i tributi locali dovuti dai propri cittadini. Multe, sanzioni, plateatici, tasse sui rifiuti, Imu, sanatorie edilizie, oneri urbanistici, eccetera.
Non v’è dubbio che vi sia una logica, nell’esentare dai tagli i Comuni in dissesto e pre-dissesto: il loro “piano di riequilibrio finanziario pluriennale” per stare in piedi, deve contare sulle entrate previste, che lo Stato si impegna a garantire per tutti gli anni della procedura di riequilibrio.
Niente garanzie ai ben amministrati
Ma questa logica finanziaria, se poi lo Stato italiano taglia i fondi ai Comuni non in dissesto, fa a pugni col comune senso di giustizia. Va bene garantire ai Comuni in dissesto, che si impegnano a un piano pluriennale di riequilibrio, il livello di entrate previsto. Ma lo stesso non si dovrebbe fare, e a maggior ragione, con i Comuni bene amministrati? Per loro, niente garanzie?
Premiati i Comuni in dissesto, puniti gli altri
Con questa manovra, i Comuni in dissesto o pre-dissesto finanziario vengono premiati per aver sprecato risorse, mal governato, non incassato i tributi, mal gestito i servizi. Mentre i Comuni ben amministrati, quelli che inseguono i residenti pretendendo il puntuale pagamento dei tributi e rendono servizi ben organizzati, al minor costo possibile per la collettività, ecco che vengono puniti, e si vedono tagliare i fondi.
L’ennesima sberla al Veneto e ai veneti
Il risultato è l’ennesima sberla ai Comuni virtuosi, ai cittadini virtuosi. L’ennesima sberla al Veneto, che naturalmente Comuni in dissesto non ne ha neppure uno, e ai cittadini veneti.
Tutti i Comuni veneti subiranno i pesanti tagli, e saranno costretti a limare i servizi ai cittadini. E i risparmi che lo Stato fa sulla loro pelle serviranno a garantire il placido e sicuro flusso di entrate al quale hanno diritto i Comuni in dissesto. Ai ben 65 Comuni in dissesto della Sicilia, per esempio, tutti risparmiati dai tagli. Loro sì che sono bravi…
Il contrario dell’Autonomia e la barzelletta dei sindaci
Questa manovra è precisamente il contrario di quello che dovrebbe fare un governo che davvero volesse procedere sulla strada dell’Autonomia, della responsabilizzazione dei governi territoriali. Questa è una manovra che de-responsabilizza, che toglie ossigeno alle autonomie ben gestite e regala sicurezze a chi si affida al centralismo statale.
Sembra una barzelletta, ma in questa Italia senza autonomie, in cui il bilancio degli enti territoriali dipende dai trasferimenti statali, pare che i sindaci abbiano un solo modo per garantirsi la certezza dei fondi, ed è scassare il bilancio, mandare il proprio Comune in dissesto…