C’è una Venezia armena ed è fin dalle origini un elemento costitutivo di Venezia e della Serenissima. Gli Armeni a Venezia sono una presenza antica, millenaria, tanto che oggi, a parte i Padri Mechitaristi, non c’è una vera, isolata comunità armena: i cognomi di origine armena a Venezia sono molti, e sono sentiti ormai come cognomi veneziani originari.
L’isola di San Lazzaro dei Armeni, in Laguna a due passi dal Lido, fu data nel 1717 dal Senato Veneto ai Padri Mechitaristi, che cercavano – perseguitati dai Turchi – un luogo sicuro dal quale far partire la “rinascita” della cultura e della coscienza nazionale armena nel segno della religione cattolica. Ma l’insediamento stabile degli Armeni a Venezia, il vero e proprio “quartiere armeno” era già da dieci secoli in città, a due passi da San Marco.
Anno 1201, i primi trattati tra i Dogi e i Re d’Armenia
I rapporti commerciali, culturali e diplomatici tra Venezia e l’Armenia sono molto stretti sin dalle origini bizantine di Venezia. Anzi si può dire che nelle lagune che videro il sorgere di Venezia e della sua potenza, gli armeni erano già di casa, perché armeni erano molti funzionari dell’Impero Romano d’Oriente, da cui dipendevano Ravenna e le lagune venete. L’impero commerciale di Venezia ha fondato le proprie fortune sugli scambi con l’Oriente.
Il primo trattato commerciale tra Venezia e il Regno d’Armenia è firmato dal Doge Enrico Dandolo e dal Re Levon I nell’anno 1201. Venezia, a quell’epoca, era già di gran lunga il primo partner commerciale della Cilicia armena (l’ex provincia romana nel Sud della Turchia, che guarda l’isola di Cipro), e nella città di Manistra, allora fiorentissima e poi ridotta in decadenza dal dominio ottomano, la Serenissima aveva fondaci e quartieri con migliaia di residenti.
Ma anche i mercanti armeni erano molto importanti per Venezia, che grazie alla loro rete commerciale superava gli alti e bassi delle guerre con i Turchi, riuscendo a mantenere i vitali traffici con l’Oriente. I mercanti armeni, a Venezia, prima di specializzarsi in altri commerci come quello delle pietre preziose, vendevano manufatti pregiatissimi nel Medioevo: le pellicce di ermellino, le divise dei sovrani. Ermellino, che anticamente si diceva “armenin”. E non è una coincidenza.
Santa Crose dei Armeni, la chiesa che non ti aspetti
E dunque ecco che a Venezia, a due passi da San Marco, si trova la Calle dei Armeni e il Sotoportego dei Armeni. E se guardate in alto, o se venite dal Rio dei Ferai, potete vedere uno strano, esotico campanile a cipolla.
E’ quello di una delle più antiche chiese di Venezia, Santa Crose dei Armeni, incastonata negli edifici della Casa dei Armeni, l’ospizio – nel senso antico del termine, cioè albergo e residenza – cuore del quartiere armeno di Venezia, la più importante colonia armena d’Europa, centro di commerci ma anche di cultura: a Venezia furono stampati i primi libri al mondo in lingua armena.
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E gli Armeni hanno sempre visto nella Serenissima un baluardo contro la minaccia dei Turchi: e non solo nei secoli della Veneta Repubblica, ma anche recentemente, nei primi decenni del Novecento, quando la presenza armena a Venezia e nel Veneto si è moltiplicata per l’arrivo delle famiglie costrette a fuggire dalle loro terre per scampare al genocidio armeno messo in atto dalla Turchia.
L’entrata della Chiesa di Santa Crose è dal Sotoportego dei Armeni. Il luogo di culto, ricostruito e ampliato più volte nel corso dei secoli, è sede di celebrazioni religiose almeno dal 1200. E ancor oggi, la domenica mattina, i Padri Mechitaristi dell’isola di San Lazzaro dei Armeni dicono la Santa Messa nel rito armeno cattolico, come in quella chiesa s’è fatto per mille anni.
Ca’ Zenobio la splendida, il mitico Collegio Armeno
Se la chiesa di Santa Crose dei Armeni, nel Sestier di San Marco, è testimone del primo, antichissimo quartiere armeno a Venezia, nel Sestier di Dorsoduro è visibile un’altra, più moderna ma non meno alta presenza armena: è la splendida Ca’ Zenobio dei Armeni, per due secoli sede del mitico Collegio Armeno, dove dall’Ottocento si è formata la migliore gioventù armena d’Europa. Un palazzo spettacolare, con affreschi settecenteschi e insospettati vasti giardini interni all’italiana con padiglioni monumentali a fare da cornice: un palazzo che è veramente un unicum a Venezia e che pochi hanno la fortuna di conoscere.
San Lazzaro, l’isola custode dell’idea di Armenia
E infine, l’Isola di San Lazzaro dei Armeni, con il Monastero Mechitarista. Grazie alla presenza dei monaci l’isola, che il Senato Veneto assegnò nel 1717 al fondatore dell’Ordine, Pietro Mechitar, in fuga dalle persecuzioni dei Turchi che gli avevano distrutto il convento di Modone nella Morea veneziana – ha avuto ed ha un ruolo fondamentale nella custodia e preservazione della cultura armena e della stessa identità armena.
Famosa è la mummia egiziana conservata in uno dei musei dell’isola, vecchia di quasi tremila anni. Ma il patrimonio più prezioso sono le fonti della cultura armena. I Padri Mechitaristi custodiscono migliaia e migliaia di antichi manoscritti, centinaia di migliaia di libri, dipinti, testimonianze, arredi preziosi di cui non sono sopravvissuti altri esemplari al mondo. E dall’isoletta lagunare continuano, grazie a questo patrimonio, a irradiare nel mondo letteratura classica armena, studi storici che tengono insieme l’antico popolo disperso nel mondo.
La Serenissima resiste ai Turchi anche con la cultura
Una visita a San Lazzaro dei Armeni permette di toccare con mano – oltre alla meditativa bellezza dell’isola lagunare – quanto è riuscita a fare la Serenissima nella sua secolare battaglia contro l’espansione turca. Una battaglia combattuta con le navi da guerra, con i cannoni e con i fucili, ma anche con le armi della cultura, anche proteggendo e assicurando la sopravvivenza delle culture, come quella armena, più esposte al nazionalismo turco che l’ha osteggiata per secoli, ha tentato di sterminarla dopo la Prima guerra mondiale e ancor oggi nega il genocidio armeno e continua a tramare contro la stessa Armenia. Possa il faro culturale veneziano di San Lazzaro dei Armeni restare acceso per sempre.