Conobbi Alberto Rizzi a Creta durante un convegno organizzato dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti nell’ormai lontano ottobre 1997 dove svolse una relazione sui Leoni di San Marco a Creta; mi fu presentato da un comune amico che sapeva del mio interesse e della mia “passione” per il Leone di San Marco e che conosceva lo straordinario lavoro di catalogazione del prof. Rizzi frutto di una vita di studio e di ricerca.
Mi trovai di fronte una persona delusa e amareggiata, alla quale per troppe volte erano state fatte promesse vane e che mi parlò quasi a malincuore del suo lavoro, ormai convinto che non c’erano più speranze per la pubblicazione.
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All’epoca ero consigliere regionale e gli dissi che non ero abituato a fare promesse, e che quindi non gli promettevo nulla, ma che avrei fatto il possibile affinché un’opera del genere vedesse la luce.
Come si è riusciti a pubblicare l’opera di Rizzi
Al rientro contattai immediatamente il dott. Angelo Tabaro, dirigente regionale della cultura, persona straordinaria con la quale avevo collaborato fattivamente qualche anno prima quando ero stato assessore alla solidarietà internazionale e incominciammo a lavorare sulla questione; si puntò a fare una coedizione fra la Regione e l’Arsenale Editrice, una formula, quella della coedizione, che era andata in disuso a causa dell’impegno diretto della Regione anche in termini economici ma che, visto le dimensioni dell’opera, fu individuata come la formula giusta.
In tempi relativamente brevi si riuscì a stampare l’opera: era il settembre del 2001.
I due volumi erano veramente spettacolari, curatissimi sia per quanto riguarda le fotografie che la “storia” del Leone, ma soprattutto per le schede che, con dovizia di particolari, illustravano ogni opera.
Devo anche dire, per la verità, che dopo tanto lavoro il prof. Rizzi si ricordò di ringraziarmi nella sua presentazione … e non è scontato, non è da tutti …
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L’opera, nonostante il costo, suscitò fin da subito un interesse notevole; peccato che la casa editrice non stampò un numero adeguato di copie, forse non credeva molto nell’operazione, fatto sta che le poche copie messe sul mercato vennero praticamente bruciate; l’opera dopo pochi mesi si trovava, a prezzo raddoppiato, solo nei negozi di antiquariato.
La caccia ai Leoni e la ristampa ampliata in 3 volumi
Fra gli appassionati, però, lo stupore, la meraviglia, la gratitudine verso il prof. Rizzi furono notevoli, e fin da subito si scatenò una “caccia” ai Leoni che non figuravano nella sua monumentale opera; in breve tempo centinaia e centinaia di segnalazioni finirono nella scrivania dell’autore.
Era necessaria una ristampa e così si arrivò al prestigioso cofanetto contenente ben tre volumi; è cambiata la copertina, è cambiata la casa editrice (Cierre Edizioni), c’è stato l’impegno sia della Giunta Regionale che del Consiglio per arrivare nell’ottobre del 2012 alla nuova edizione dell’opera.
Le schede storiche di Rizzi: il Leone dorato di Valstagna
Sarebbe difficile capire la vastità e la profondità dell’opera di Alberto Rizzi senza rileggere una delle sue schede; ho pensato di riproporre quanto scritto su quello che considero uno dei più bei Leoni della nostra Terra: quello di Valstagna (Vicenza).
Valstagna
- Piazza S. Marco. Torre dell’Orologio, sotto il quadrante: leone marciano andante (XVI sec. Inoltrato). Pietra dipinta, cm. 160×220 c. Ensifero leone andante a sinistra poggiando branca su libro chiuso (con fermagli) in posizione obliqua. Ha muso frontale dalle fauci chiuse e dalla criniera sul capo a guisa di lunga capigliatura. Pelame si riscontra anche sulle branche, sotto il ventre e –“hapax” iconografico- anche sulla coscia. Le ali sono parallele e la coda svolazzante “ad uncino”. Poggia su onde a terra, quest’ultima appena accennata. Bassorilievo, su due masselli orizzontali, dipinto: corpo e spada dorati, fondo azzurro stellato, libro onde e terra marrone. La grande quanto nobile figurazione, di fattura forse veneziana, sta a ricordare i successi dei valstagnesi contro le truppe di Massimiliano, sia nel 1509 che nel 1513. Il leone è citato in un contratto del 1705 per il rinnovamento del “capitello” cinquecentesco (v. Signori, 1981, p. 209), dal quale si evince che esso era preesistente (“poner con tutta diligenza et applicazione nel sito che mostra il disegno di San Marco di pietra dorrato … nel suo nicchio”). Sc. “Eretto il 1705 per voto unanime del consiglio restaurato il 1893” (sul fregio sovrastante: si riferisce all’edificio e non alla scultura).
Cons. buona ma di difficile valutazione dato lo spesso strato di pittura, di recente rinnovata (le onde sono arbitrariamente dipinte in marrone).
Bibl.: Brentari, 1885, p.90: senza dataz. (“un bel leone di S. Marco dorato, salvato dalla rabbia francese che tanti ne distrusse nei nostri paesi”); Signori, 1981, p. 229: implicita dataz. al 1705 (“La grinta feroce, la coda alzata, il libro della “pace” chiuso e la spada sguainata e brandita fra gli artigli della destra, sono tutti elementi che denotano chiaramente la particolare vocazione combattentistica del nostroLeone, e quindi, di riflesso, la particolare missione storica di Valstagna, chiamata in seno alla Serenissima, a difendere in ogni momento il suolo veneto da qualsiasi attacco straniero”); Scandellari-Bortignon, 1985, p. 21 (con fig.): “il –Leon de guera- veneziano (Quando el Leon alza la coa, tuti li altri sbassa la soa) testimonia dell’eroica resistenza dei “fioli de San Marco” canaloti e della gratitudine della Serenissima”; Benvenuti, 1988, pp. 382-383 (con 2 figg.): opera eseguita nel 1705 dai fratelli Marco e Giovanni Battista Fontana, rispettivamente di Oliero e di Enego, dorata nel 1709 da Marco Ghirardi di Conco (notizie riportate dal Signori) ;
Bortignon, 1990, p. 12 fig. pp. 12-13: “Il leone di San Marco con la spada in pugno (“il leon de guera”) tiene la zampa sul libro chiuso, a significare che nessuna tassa era dovuta ai governanti” (tale credenza è radicata negli abitanti del paese); Valstagna …, 1995, fig. p. 16 (“il nostro leone di San Marco uscito indenne dalla furia bellica della prima guerra mondiale); (Signori), 1999: è ribadito il 1705 come anno dell’inaugurazione del leone, la cui incolumità è attribuita “alla pronta accortezza del capitano delle milizie venete di Valstagna, Carlo Zanini, che devierà le truppe al loro primo arrivo sul punte dal centro del paese invitandole a dirigersi immediatamente con promessa di ristoro lungo la via per Oliero e Campese (poiché il fatto accadde nel settembre 1796 va precisato che fino al marzo del 1797 non si hanno notizie in tutto lo Stato da Terra di molestie da parte dei Francesi e dei Giacobini nei confronti dei leoni marciani).
Centinaia e centinaia sono le schede come queste; un lavoro veramente straordinario.
Alberto Rizzi nasce a Venezia nel 1941 da padre veneziano, storico della medicina, e madre armena esule da Costantinopoli, ed è autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche di cui una ventina in volume: fra queste vanno ricordate “Vere da pozzo di Venezia”, “La Varsavia di Bellotto”, “Bernardo Bellotto, Dresda Vienna, Monaco”, “Casto. Arte, storia e ambiente in un comune della Valsabbia”, “Guida della Dalmazia”, oltre a diversi volumi incentrati sul Leone di San Marco.
Ettore Beggiato