12 Dicembre 2024
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Cadorna e l’inutile strage, la lezione di Ferdinando Camon

Carlo Cadorna, nipote del generale Luigi Cadorna, Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito italiano nella Grande Guerra, fino alla rotta di Caporetto, ha fatto causa a Michele Favero, segretario di Indipendenza Veneta, chiedendo diecimila euro per “diffamazione”, perché Favero aveva definito Cadorna un criminale di guerra.

Carlo Cadorna dovrà querelare mezzo Veneto…

Temo che Carlo Cadorna, se vorrà difendere l’onore del nonno, dovrà trascinare in tribunale mezzo Veneto. Che la Grande Guerra sia stata una inutile strage, e che i metodi di attacco del generale Cadorna abbiano sprecato decine e decine di migliaia di vite per niente, ormai è assodato. La propaganda sabauda sulla Grande Guerra che ancora ci propinano a scuola ha ormai perso ogni credibilità, al pari delle menzogne risorgimentali.

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Vogliamo qui riproporre uno dei memorabili articoli che il grande scrittore veneto Ferdinando Camon ha dedicato alla questione Cadorna. Camon è stato il primo a chiedere al Comuni di cancellare l’intitolazione a Cadorna di strade e piazze. E il primo Comune a farlo, onore al merito, è stata Udine.

Luigi Cadorna non fu solo

Leggiamo e meditiamo cosa scriveva Camon sul quotidiano L’Avvenire, il quotidiano dei Vescovi italiani, nel 2017, centenario di Caporetto. Dopo queste parole, il revisionismo storico non è più quello di chi toglie l’onore a Cadorna, ma quello di chi pretenderebbe di restituirglielo.

Va detto, tuttavia, che Luigi Cadorna non fu solo in questa follia. Altri monumenti, altri nomi dovremmo escludere con disonore dalle nostre vie e dalle nostre piazze. E lo faremo, prima o poi, nonostante l’Italia e persino il Veneto abbondino ancora di nipotini di quei personaggi…

Ecco cosa scriveva il grande Ferdinando Camon

Ecco cosa scriveva il grande Ferdinando Camon.

Cent’anni fa, Caporetto. La sconfitta di Caporetto vuol dire sconfitta di Luigi Cadorna. La sconfitta finale di Cadorna non è una sorpresa, se uno tiene presente la sua tattica, l’immenso spreco di vite umane in cambio di un briciolo di territorio, o anche di niente. Mettendo in fila le 11 spallate dell’Isonzo, con le centinaia di migliaia di vite umane che sono costate, sempre con la tattica suicida dell’attacco frontale, e traguardando dall’una all’altra, in fondo si vede Caporetto: la spallata finale e la sconfitta finale, la catastrofe.

Ci sono diversi modi per affrontare Cadorna, ogni storico ha il suo, e ogni militare pure, ma c’è anche un modo, per così dire, letterario, che permette a chi non ha confidenza con il comando militare, con i campi di battaglia, ma soltanto (magari solo un po’) con i libri e la lettura, di farsi un’idea sulla tattica di Cadorna, e dire la sua. Cadorna ha scritto un libro. Una guida. Più esattamente, una spiegazione del proprio concetto di battaglia, di distruzione del nemico, di vittoria, e dell’obbligo dei soldati all’obbedienza totale, anche agli ordini che prevedono la loro morte.

Gli ordini di Cadorna, una condanna a morte

Ora, dare ordine a un soldato o a un reparto perché vada a un’operazione in cui rischia di morire, è nello spirito militare, un soldato o un reparto sanno che possono morire. Ma con gli ordini di Cadorna, e degli ufficiali che applicavano le direttive di Cadorna, i soldati sapevano un’altra cosa: che “dovevano” morire, non avevano nessuna possibilità di salvarsi. Non erano ordini di battaglia, ma una condanna a morte. Senza alcuna colpa a monte e senza alcun vantaggio a valle. Il vantaggio lo vedeva soltanto Cadorna, ma era una sua allucinazione.

La sua guida al combattimento, distribuita a tutti gli ufficiali, si può ancora trovarla sul mercato, basta chiederla a Google e te la procura in copia anastatica, con la firma a mano del Generalissimo sotto l’ultima pagina. S’intitola “Attacco frontale e ammaestramento tattico”. L’unica idea tattica di Cadorna è l’assalto. Tu vai di corsa contro il nemico, più ti avvicini più il nemico ha paura, quando gli sei addosso il nemico si nasconde in fondo alla trincea. Poiché è un passaggio importante, leggiamolo dal libro di Cadorna, pag. 26: «La persistenza nell’avanzare da parte dell’attaccante induce il difensore ad appiattarsi ed a tirare alto».

“Bravi soldati, non fatevi ammazzare così”

Prendiamo Emilio Lussu, “Un anno sull’Altipiano”, pag. 107. Lussu è finalmente arrivato addosso al nemico, davanti alle sue trincee, per strada son caduti quasi tutti i suoi compagni di reparto, falciati dalle mitragliatrici. Lussu è sorpreso dal tonfo pesante con cui cadono, come se precipitassero dagli alberi. È a portata del nemico. Ce l’ha davanti. È la situazione sognata da Cadorna, quella in cui il nemico dovrebbe «acquattarsi». E invece: «Io vidi quelli che ci stavano di fronte, con gli occhi spalancati e con un’espressione di terrore quasi che essi e non noi fossero sotto il fuoco. Uno, che era senza fucile, gridò in italiano: “Basta! Basta!”. “Basta” ripeterono gli altri, dai parapetti. Quello che era senz’armi mi parve un cappellano. “Basta! Bravi soldati. Non fatevi ammazzare così”».

Ci voleva un cappellano per accorgersi dell’insensatezza di quella strage. Cadorna impostava i suoi attacchi frontali per giungere in faccia ai nemici e vederli «acquattarsi» per paura di morire, invece li vede spaventati per la nostra morte in massa, la nostra strage. Il nemico non ha pietà di sé ma di noi. L’attacco frontale di Cadorna è un omicidio di massa per il comandante, un suicidio di massa per la truppa.

Cancellare da strade e piazze il nome di Cadorna

Qualche anno fa ho chiesto dai giornali alle città che hanno vie o piazze dedicate a Cadorna di cancellare il suo nomeUdine l’ha fatto subito. E Udine è la città dove Cadorna aveva posto la sede del suo comando. Da questo giornale, che ha condiviso e condivide questa ormai urgente domanda, torno a estendere la richiesta alle altre città.

 

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