Piazza San Marco, a Venezia, 25 aprile. Giorno di San Marco. Duecento indipendentisti veneti al seguito del “doge” Albert Gardin, sfilano con le bandiere del Leone gridando “Viva San Marco”. E la polizia alla fine interviene per disperdere il corteo.
Ad attendere gli indipendentisti in Piazza c’è don Floriano Pellegrini, che presiede davanti alla Basilica una breve funzione religiosa e politica insieme, in cui impartisce la benedizione, recita il Pater Noster e pronuncia una preghiera a San Marco per l’indipendenza del Veneto: «Fa’ che torniamo ad essere un popolo sovrano e indipendente».
Don Floriano, preghiera per l’indipendenza: il video
La polizia interviene contro il corteo
La polizia si guarda bene dall’impedire la funzione religiosa, ma poi interviene in forze, interrompe il corteo “non autorizzato”, impedisce ai manifestanti e alle loro bandiere di completare il secondo giro della Piazza. Dalla “processione-corteo” volano insulti agli agenti e allo Stato che li manda.
Gardin: denuncio i poliziotti
La Questura prepara denunce per “manifestazione non autorizzata”. L’ufficio “dogale” di Albert Gardin annuncia denunce ai poliziotti, per “oltraggio alla bandiera di San Marco” oltre che per “oltraggio alla religione” per aver «tentato di impedire fisicamente la processione cristiana in onore dell’evangelista, giunta ormai alla sua decima edizione».
Il commissario di polizia avrebbe anche, accusa l’ufficio “dogale” di Gardin, «tentato di sottrarre con violenza» la bandiera. «Comportamenti illegali e prepotenti – accusa Gardin – e i partecipanti non hanno sostenuto nessun scontro con la polizia, ma solo difeso con ragione il diritto civile alla Processione, che era stata notificata alla Questura». E «non sono insorte ragioni di ordine pubblico – sottolinea Gardin – per impedire lo svolgimento sereno della celebrazione».
Cortei non autorizzati
In tutta Italia si assiste a innumerevoli “cortei non autorizzati” sotto gli occhi della polizia. Quasi sempre – non sempre – vengono interrotti dalla polizia quando vi sono motivi evidenti di ordine pubblico. Quando il corteo compie atti di violenza contro le cose o le persone, o invita a farlo, o si avvicina minacciosamente a siti istituzionali, oppure quando il corteo di una parte politica rischia di scontrarsi con quello di altra ed opposta parte politica.
Non capita spesso di veder interrompere con la forza un pacifico e inoffensivo corteo che non disturba nessuno, solo per il fatto di non essere autorizzato. Per un’infrazione come questa, di solito, ci si limita a identificare e denunciare gli organizzatori, che poi se la cavano, se gli va male, con una multa.
25 aprile, non solo Liberazione
Il 25 aprile, festa della Liberazione, nei capoluoghi di tutto il Veneto, come dell’Italia, si sono tenute pubbliche manifestazioni, immaginiamo tutte debitamente autorizzate, in cui le Autorità ma anche sodalizi come l’Anpi, freschi di posizioni quantomeno discutibili sull’invasione russa in Ucraina, hanno potuto intervenire, esibire bandiere, talvolta persino cantare Bella Ciao.
Ma il 25 aprile, se lorsignori permettono, è anche il giorno di San Marco. E non si vede per quale motivo le celebrazioni per il Santo Patrono di Venezia, del Veneto e della Serenissima debbano essere relegate all’interno degli edifici religiosi.
Processione o corteo…
Processione religiosa o corteo politico? La questione è dirimente, perché in San Marco sono vietate le manifestazioni politiche, mentre le processioni religiose sono libere.
Qui non si vuol negare l’evidente carattere anche politico della “processione cristiana” indipendentista in Piazza San Marco, tuttavia la presenza di un sacerdote e la cerimonia della benedizione conferiscono al “corteo non autorizzato” un carattere anche religioso autentico e indiscutibile.
Non è certo colpa degli indipendentisti veneti se il culto di San Marco, nelle terre della Serenissima, è indissolublmente legato ad una connotazione politica, se il simbolo dell’Evangelista – il Leone – ha da mille anni quella connotazione politica, come simbolo della millenaria Repubblica Veneta.
Diritto di parola agli indipendentisti
Ma più che gli aspetti formali, conta la sostanza. Non si comprende perché mai nel giorno di San Marco e della Liberazione tutti abbiano diritto di parola e di manifestazione, tutti possano invocare i loro sacri valori, tranne gli indipendentisti veneti. Non si vede perché tutte le bandiere e tutti i labari abbiano diritto di essere onorati ed esposti, ma non la storica bandiera di San Marco nel suo pieno significato politico, di simbolo della Serenissima.
E’ tempo che si riconosca che l’indipendentismo veneto, da qualunque sigla di volta in volta rappresentato, ha diritto di esistere, di parlare, di manifestare, nella democrazia italiana, se questa vuole essere democrazia. Ha diritto di inalberare la sua bandiera, e di sfilare in pace nelle piazze e nei giorni – come il 25 aprile in San Marco – che hanno, per quella bandiera e per quella fede politica, un particolare e pienamente legittimo significato.
Simboli e bandiere legittimi
Un significato che viene, al solito, malamente interpretato dai giornali “ufficiali”: in prima linea dalla Nuova Venezia e dagli altri quotidiani del gruppo Gedi. Il servizio dedicato da questi alla manifestazione di piazza San Marco si chiude con una reprimenda agli indipendentisti veneti il cui agire sarebbe “un impossessarsi di simboli e bandiere che appartengono a tutti, per farne l’emblema politico di una parte”.
Ma che bello. E diteci, di grazia, se non il Leone di San Marco, quale altra bandiera, quale altro simbolo dovrebbero innalzare gli indipendentisti veneti? In tutto il mondo chi rivendica l’indipendenza delle nazioni senza Stato usa, inevitabilmente, le loro bandiere storiche: è così nel Sudtirolo, è così in Catalogna, in Sardegna, in Scozia e altrove. Che altro simbolo dovrebbero usare, i veneti che rivogliono l’indipendenza, se non la bandiera della Serenissima? E in quale altro giorno dovrebbero sfilare, se non in quello di San Marco?
Alvise Fontanella