REPUBBLICA FRANCESE.
Armata d’Italia.
Dal quartier generale di Palma Nova li 12 fiorile 1797, 1° maggio V. S. Anno 5° della Repubblica francese una ed indivisibile, Bonaparte general in capo dell’armata d’Italia.
MANIFESTO.
Mentre l’armata francese trovavasi impegnata nelle gole della Stiria avendo lasciato dietro a sé e ben da lungi l’Italia, e i principali stabilimenti dell’armata, in cui non rimanevano che pochi battaglioni, ecco la condotta del Governo Veneto:
I reggimenti di Schiavoni
- Approfitta questi della settimana santa per metter sull’armi 40,000 paesani, ai quali aggiungendo dieci reggimenti di Schiavoni, organizzati in differenti corpi d’armata, si dispone in varie situazioni ad oggetto di rompere ogni spezie di comunicazione fra l’armata e i pochi battaglioni lasciati in Italia.
- A fine di ultimarne l’organizzazione sortono da Venezia commissarj, fucili, munizioni e quantità di cannoni.
III. Vengono arrestati in Terraferma tutti quelli, che ci han fatto accoglienze, vengono sommamente beneficati, ed ammessi ad una piena confidenza, tutti quelli che si riconoscono nemici furibondi del nome francese, e principalmente quattordici cospiratori di Venezia, fatti arrestare, tre mesi sono, dal provveditore Priuli come congiurati al massacro dei Francesi.
Gli insulti ai giacobini nei caffé
- Le piazze, i caffè ed altri luoghi pubblici di Venezia risuonano degl’insulti e de’ pessimi trattamenti verso tutt’i Francesi, che vengono ingiuriosamente denominati Giacobini, regicidi, atei. Son questi obbligati di sortir da Venezia, venendone loro poco dopo proibito il regresso.
- Il popolo di Padova, Vicenza, Verona tiene ordine di armarsi in massa, onde unito a’ varj corpi dell’armata, rinnovellar finalmente i Vesperi Siciliani. Spettava al Veneto Leone, gridano i Veneti uffiziali, a verificare il proverbio esser l’Italia il sepolcro dei Francesi.
- I preti dalle cattedre predicano la crociata, ed i preti di questo Stato non predicano che ciò solo, che viene loro ordinato dal Governo. Libricciuoli intanto, perfidi proclami, lettere anonime vengono stampate in varie città, onde riscaldare ogni testa, e in uno Stato, in cui la libertà della stampa non è permessa, in un Governo quanto temuto, altrettanto abborrito, niente si stampa, niente si compone che non venga ordinato dal Senato.
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Il “sangue de’ francesi”…
VII. Tutto arride da principio ai perfidi progetti del Governo. Il sangue de’ Francesi scorre da ogni parte, né àvvi strada, su cui non vengano intercetti i convogli, corrieri, e tutto ciò, che appartiene all’armata.
VIII. Si commette in Padova l’assassinio d’un capo battaglione… e di due altri Francesi… Si disarmano e si assassinano i nostri soldati in Castiglione de’ Mori, ed abbiamo più di duecento uomini assassinati sulle strade postali da Mantova a Legnago, da Cassano a Verona.
- Volendo due battaglioni francesi raggiungere l’armata, si abbattono a Chiari in una divisione dell’armata veneta, che tenta d’opporsi al loro passaggio; ma appena impegnati in un ostinato combattimento, il passaggio s’apre da’ nostri bravi soldati colla sconfitta dei perfidi nemici.
- Un altro combattimento succede a Valeggio, indi si batte a Desenzano. Poco numerosi da ogni parte i Francesi, son però bastantemente istruiti non doversi niente contare sul numero de’ battaglioni nemici, qualora non son questi formati, che di assassini.
- Si suona a martello, e son tutt’i Francesi trucidati in Verona la seconda festa di Pasqua, non avendosi riguardo né agli ammalati negli spedali, né ai convalescenti, che girano le contrade, molti de’ quali sono gittati nell’Adige, molti trucidati da replicati colpi di stilo: quattrocento e più Francesi ne rimangono sacrificati.
L’assedio dei castelli di Verona
XII. Per otto giorni intieri vengono i tre castelli di Verona assediati dall’armata veneta, ed i cannoni della batteria vengono tolti colla bajonetta. Da per tutto si fa fuoco; ma la colonna mobile, che arriva in questo frattempo, sconfigge completamente questi vigliacchi, rimasti prigionieri in tremila di truppa di linea, fra’ quali molti generali veneti.
XIII. La casa del Console Francese al Zante è abbruciata.
Colato a picco il “Liberator dell’Italia”
XIV. Un vascello da guerra veneto prende sotto la sua protezione un convoglio austriaco, e tira molti colpi di cannone contro la fregata la Bruna.
- Il Liberator dell’Italia, bastimento della Repubblica Francese, non avendo che tre o quattro piccoli pezzi, e soli quaranta uomini di equipaggio, viene mandato a picco nel porto stesso di Venezia, e per ordine del Senato. Il giovane e interessante Laugier, luogotenente di vascello, comandante il suddetto bastimento, veggendosi attaccato dal fuoco della fortezza e dalla galera ammiraglia, lontano da questa e da quella un solo tiro di pistola, ordina al suo equipaggio di calar nella stiva, rimanendo egli solo, montato sul ponte, esposto ad una grandine di mitraglia, cercando colle insinuazioni di calmare il furore de’ suoi assassini, ma cade morto…
- Il suo equipaggio si getta a nuoto, inseguito da sei scialuppe con truppe assoldate dalla Repubblica di Venezia, che a colpi di alabarda uccidono molti che cercano salvamento in alto mare. Un sottonocchiere ferito da molti colpi, indebolito, spargendo sangue da ogni parte, prende terra felicemente ad un pezzo di legno attaccato al Castello del Porto; ma il comandante stesso gli recide la mano.
In vista dei mali sopra espressi, e autorizzato dal titolo 12, articolo 128 della Costituzione della Repubblica, e in vista delle urgenti circostanze.
“Far atterrare il Leone di San Marco”
Il general in capo commette al ministro di Francia presso la Repubblica di Venezia di partire dalla città; ordina pure, che in 24 ore sia sgomberata la Lombardia e Terraferma Veneta dagli agenti della Repubblica stessa.
Comanda ai diversi generali di divisione di trattar quai nemici le truppe venete, e di far atterrare in tutte le città della Terraferma il Leone di San Marco. Domani coll’ordine del giorno riceverà cadauno una particolar istruzione sulle ulteriori operazioni militari.
BUONAPARTE
Per copia conforme.
Il general di divisione capo della Stato maggiore.
ALESSANDRO BERTHIER
Tratto da Romanin S. “Storia documentata di Venezia” – volume X – Venezia 1975.
Chi grida Viva San Marco, pena di morte
Sottolineo in particolare l’ultimo capoverso:
“Comanda ai diversi generali di divisione di trattar quai nemici le truppe venete, e di far atterrare in tutte le città della Terraferma il Leone di San Marco. Domani coll’ordine del giorno riceverà cadauno una particolar istruzione sulle ulteriori operazioni militari.”
Qualche mese dopo, i collaborazionisti giacobini veneziani scriveranno su un proclama:
“Chiunque griderà Viva San Marco, segnale dell’orribile insurrezione del giorno 12 maggio, sarà punito di pena di morte“.
Ettore Beggiato
Venezia – Basilica della Salute – Portale principale, Leone di San Marco distrutto dai “democratici” giacobini e mai più ricollocato.