Più di duecento anni fa, precisamente il 12 maggio del 1797, contraddicendo una storia millenaria e gloriosa, i nobili del Maggior Consiglio decidono di mandare a fondo la Serenissima.
Mentre Tiepolo e Canaletto, Guardi e Longhi, Vivaldi e Tartini, Goldoni e Casanova l’hanno riportata agli antichi splendori; mentre continuano i fasti di vita raffinata e gaudente, avendo perduto fiducia in sè stesso e portato a consunzione le sue originalissime istituzioni, il patriziato apre le porte a Napoleone.
Paolo Scandaletti raccolta questa storia fitta di contraddizioni, esaltante e malinconica insieme: nella più brillante capitale europea, i nobili recitano stancamente il loro ruolo politico, sia pure sostenuti da uno stuolo di diplomatici, spie e cortigiane senza pari; i borghesi, sperimentati e accorti, guidano gli uffici dello Stato o badano alle professioni e agli affari; il popolino sgobba, canta e balla appena può.
Vivace biografo di Antonio da Padova, Galileo e Gaspara Stampa,Finito il dominio sui mari d’Oriente, pur volgendo lo sguardo verso la Terraferma, Venezia non percepisce quel soffio di idee illuminate e di innovazioni produttive che viene dalle grandi città europee e dalle nascenti potenze mondiali e che la sta mettendo fuori gioco. Così, è la fine ingloriosa del più glorioso stato italiano.
Storia di più di due secoli fa, ma anche metafora della situazione italiana: una società civile, colta e vitale, retta da uno Stato oltremodo invecchiato e da una classe politica inetta.
Stampato da Neri Pozza Editore (Vicenza, I° edizione 1997) Volume suddiviso in quattro parti: Prima parte – Le cose dei patrizi Seconda parte – Le cose dei comuni mortali Terza parte – La bella vita Quarta parte – La fine ingloriosa Vi è anche una parte bibliografica e le tappe principali, dalla nascita alla fine della Repubblica.
Stefano Veronese