Il governo di Scozia, a maggioranza indipendentista, ha chiesto un nuovo referendum per l’indipendenza, indicando la data del 19 ottobre 2023. Lo ha annunciato la premier Nicola Sturgeon.
Il quesito che sarà posto agli elettori scozzesi nel 2023 sarà lo stesso del referendum che si tenne in Scozia il 18 settembre 2014: «Should Scotland be an independent country?» (La Scozia dovrebbe essere un paese indipendente?).
Il referendum del 2014
Al referendum del 2014, gli scozzesi votarono in maggioranza per restare nel Regno Unito. I Sì all’indipendenza furono il 44,3%, i no il 55,7%, con un’affluenza dell’84,6% degli elettori.
Il nostro Ettore Beggiato ha seguito personalmente il voto il 18 settembre 2014
Nel Regno Unito, il potere di autorizzare un referendum per l’indipendenza di un territorio spetta al Parlamento di Londra, su richiesta del Parlamento che rappresenta il territorio interessato.
La clausola dello Scotland Act
Il disegno di legge scozzese che indisse il referendum del 2014 fu approvato dal Parlamento scozzese su autorizzazione del Parlamento di Londra, utilizzando una clausola dello Scotland Act del 1998, la legge fondamentale dell’autonomia della Scozia, che prevede la possibilità di una “temporanea cessione di sovranità” dal Parlamento centrale a quello scozzese.
Il governo di Londra è contrario
Questa volta il governo di Londra ha dichiarato di essere contrario ad un nuovo referendum sull’indipendenza a soli otto anni dal precedente.
La Brexit ha cambiato le carte in tavola
Ma a cambiare le carte in tavola è stata la Brexit. La decisione di uscire dall’Unione Europea ha visto una divisione molto netta tra l’Inghilterra e la Scozia, con l’Inghilterra in larga maggioranza decisa ad andarsene e la Scozia in larghissima maggioranza determinata a voler restare nell’Unione.
Sturgeon minaccia ricorso alla Corte Suprema
La premier scozzese, Nicola Sturgeon, forte di sondaggi secondo i quali oltre il 64% degli scozzesi vuole un nuovo referendum sull’indipendenza, ha chiesto a Londra di utilizzare la stessa clausola dello Scotland Act che venne utilizzata nel 2014. E ha annunciato che, se Londra si rifiuterà di farlo, la Scozia farà ricorso alla Corte Suprema del Regno Unito.
L’indizione del referendum del 2014 infatti ha permesso di “collaudare” un percorso legislativo che fino ad allora era previsto soltanto in teoria, sgombrando il campo da tutti i tentativi di bloccare o snaturare il referendum per l’indipendenza scozzese.
La baronessa (e Bersani d’accordo)
Alla Camera dei Lord, una cordata di nobili britannici, capeggiati dalla baronessa Symons, si batté per far votare l’intera Gran Bretagna al referendum per l’indipendenza della Scozia, con il bell’argomento che il referendum avrebbe avuto effetti che influivano sull’intero Paese: su questa base, nessun territorio potrebbe mai esercitare il diritto all’autodeterminazione!
L’argomento – curiosamente identico a quello usato da Pier Luigi Bersani per schierare il Pd contro il referendum in Catalogna nel 2017, affermando che sull’indipendenza della Catalogna doveva votare l’intera Spagna (QUI la polemica con uno scandalizzato Ettore Beggiato), fu respinto dalla Corte Suprema e anche dal governo di Londra.
Una lezione di democrazia
Venne respinto anche il tentativo di far votare tutti i nati in Scozia residenti nel resto del Regno Unito: si stabilì una volta per tutte che al referendum per l’indipendenza il diritto di voto ce l’hanno esclusivamente i residenti nel territorio che si vuol rendere indipendente.
La Gran Bretagna diede allora una lezione di democrazia: usò ogni argomento possibile in campagna elettorale per convincere gli elettori a restare uniti a Londra, ma autorizzò il referendum. Non mandò l’esercito in Scozia come avrebbe poi fatto la Spagna con la Catalogna, non mandò in carcere gli indipendentisti e permise alla Scozia di esercitare il proprio diritto di autodeterminazione. Una lezione per la Spagna, ma anche per l’Italia.
L’ultimo sondaggio: per l’indipendenza oltre il 49%
Un recentissimo sondaggio ha documentato l’impatto della Brexit sull’elettorato scozzese: la percentuale degli elettori che ha intenzione di votare sì all’indipendenza è cresciuta ancora, fino a superare il 49%.
la Scozia è divisa praticamente a metà tra favorevoli e contrari, e il timore del governo di Londra è che gli effetti economici negativi della Brexit, che si sono già fatti sentire, soffino a favore dell’indipendentismo scozzese e anche di quello dell’Irlanda del Nord.