Molti sono gli uomini illustri nel Polesine che attendono invano di ricevere la giusta riconoscenza dai posteri. Una targa, una via, una commemorazione a ricordo delle loro gesta. Tra i molti nomi che si sono persi nell’oblio del tempo ce n’è uno di cui nulla o poco si sa, o si preferisce non sapere. Stiamo parlando del Curato Don Carlo Antonio Giocoli. Un uomo, un parroco, che riuscì a tenere in scacco per mesi nell’estate del 1809 le armate di Napoleone. Insomma, oggi lo definiremo il “Robin Hood Polesano” mainstream permettendo. La sua figura, invece, negli ultimi due secoli non ha mai ricevuto la giusta considerazione, anche perché sia sa, la storia la scrivono i vincitori e non i vinti. Vogliamo dirla tutta? Ebbene in Polesine, il Giocoli viene etichettato semplicemente come un “prete sanguinario”.
La Casata dei Giocoli
Di nobile discendenza Don Carlo Giocoli fa parte di una Casata molto antica. Le prime notizie risalgono addirittura agli inizi dell’anno mille. Da secoli i Giocoli fanno parte dell’aristocrazia estense. Il ramo della stirpe di Don Carlo si trasferisce nel Polesine nel XV secolo quando ricoprendo cariche pubbliche per il Duca d’Este essi diventano proprietari di terreni nella zona di Bellombra alle porte della città di Adria sulle rive del fiume Po. È qui che nasce Carlo Antonio Gaspare, nel novembre del 1768 da mamma Rosa e papà Gaspare Matteo. Quarto di undici figli è il solo assieme al primogenito Aldobrandino Vincenzo a restare in vita dopo i primi cinque anni di età. Vive e cresce nel palazzotto di famiglia (ancora esistente) detto “La Zogola” sino a quando non intraprende la lunga strada del sacerdozio (voluta o no, non lo sapremo mai) che lo porterà probabilmente lontano da casa per alcuni anni.
Il personaggio Don Carlo Giocoli
Sino al memorabile luglio del 1809 del Curato Don Giocoli non abbiamo informazioni precise. Ho potuto constatare visionando i registri parrocchiali la sua presenza come curato nella sua Bellombra dove è cresciuto, e dove lo troviamo ad aver cura delle anime dei suoi compaesani. Il 1809 è l’anno delle rivolte, delle insorgenze contro la dittatura napoleonica, e a capo degli insorti nel Polesine c’è pure lui. Egli dalla sua tenuta di Bellombra assieme al fratello e con molta probabilità sotto le indicazioni del padre Gaspare, elabora strategie, spedisce proclami e comanda centinaia di insorti. I proclami scritti per il fratello hanno una particolare dicitura che da sola chiarisce il movente e il fine delle loro azioni. “Noi, Gaspare Giocoli, Conte del Sacro Romano Impero ed Aiutante Generale di sua altezza imperiale l’Arciduca Giovanni”.
Don Giocoli: i suoi assalti
Divenuto uomo d’azione con i suoi briganti terrorizza e saccheggia le città del medio e basso Polesine. I suoi uomini nella prima decade di luglio assieme ad altri gruppi di insorti saccheggiano prima Rovigo poi a centinaia razziano Adria. Successivamente riescono pure a far breccia nelle cittadine di Loreo, Bottrighe, Taglio di Po e Contarina. Non contento riesce pure a minacciare la Marina Fluviale Francese e a conquistare i fari del Delta del Po. Egli requisisce tutto ciò che trova nelle città che assedia, dai sacchi di grano, alla farina, alle uova e armi, per poi darli alla povera gente. Le sue incursioni dureranno anche nei mesi di agosto e settembre nonostante la terribile repressione dell’esercito francese comandato dal Generale Peyri.
La resa del Giocoli e la fine del sogno
A lungo andare però la sua resistenza ai francesi si fa sempre più dura e per non essere catturato il Giocoli si trasferisce coi fedelissimi in zone più sicure e cioè nel Delta del Po. Qui si muove lungo gli argini del grande fiume, nelle valli e nelle paludi tra la gente del posto che lo avverte dei pericoli. Attraversa più volte il fiume e scende nel ferrarese per azioni di guerriglia. Verso la fine di settembre però l’Insorgenza in Polesine viene completamente soffocata. Don Carlo, il fratello e Domenico Maresta carrettiere di Gambalonga, sono gli ultimi irriducibili nascosti nelle paludi del Delta ferrarese, senza più armi e col morale a pezzi. Non passa molto però che decidono di costituirsi. Un paio di giorni dopo li troviamo ad Adria dove si consegnano alla Vice Prefettura. L’ultimo baluardo polesano di resistenza antifrancese si arrende solo e stremato.
La condanna a vita
Il 10 marzo 1810 il Sacerdote evita il patibolo e viene condannato dal Tribunale Speciale di Ferrara ai ferri a vita grazie alla strenua difesa di 4 ore fatta dall’Avvocato Luigi Minzoni e probabilmente grazie all’intercessione del Vescovo di Ferrara Monsignor Fava. Restano ignote le informazioni su entrambi i fratelli Giocoli dopo la caduta di Napoleone. A distanza di duecento anni non sappiamo ancora dove scontarono la pena e soprattutto se sopravvissero al carcere. Cosa certa che al momento non v’è traccia dei due Insorti nei registri della loro parrocchia natale Bellombra
Don Giocoli: prete sanguinario o patriota incompreso? Le Considerazioni
Nonostante Don Giocoli avesse avuto l’opportunità di rifugiarsi in qualche convento per avere salva la vita, egli rimase fino all’ultimo con i suoi uomini. Affrontò la Corte Speciale consapevole che avrebbe potuto essere condannato a morte. Solo questo potrebbe bastare per onorare la Memoria di questo Parroco Adriese che ha combattuto a modo suo l’invasore Napoleonico. Invece da due secoli nessuno ne vuole sapere nulla. In Polesine se qualcuno parla di lui scatta alla mente l’appellativo di “prete sanguinario”. La tradizione orale lo ricorda come uno spirito maligno, contro il quale è necessario una messa notturna esorcizzante per cacciarlo all’inferno. Nel frattempo, Don Carlo Giocoli attende pazientemente un Adriese che possa raccontare le sue gesta col giusto merito che gli va attribuito.
Fonte editoriale: “Crimini e storia tra Po e Adige” di E. Andreini
“Nuovo archivio Veneto” notizie raccolte da C. Bullo
“Registri parrocchiali della Comunità di Bellombra”
“Folle controrivoluzionarie: le insorgenze popolari nell’Italia giacobina e napoleonica” di Anna Maria Rao