Nel dicembre del 2016 a Napoli, presso Palazzo Zevallos, antica residenza nobiliare,
fu allestita una mostra d’arte temporanea, dal nome: “Lo Splendore di un Regno”
per esporre dei magnifici dipinti dell’artista napoletano Salvatore Fergola, pittore
ufficiale della corte di casa reale dei Borbone e considerato uno degli esponenti più
autorevoli della Scuola di Posillipo.
Fergola, “artista dimenticato”, ebbe tante committenze, dipinse quadri bellissimi e fu colui che descrisse la vocazione alla modernità del Regno rappresentando in quadri rimasti unici, la nascita della prima ferrovia, il varo del primo battello a vapore, la costruzione dei primi ponti in ferro.
In Veneto la terza ferrovia nell’Italia
Ed è partendo dai suoi quadri che ci immergiamo nel racconto della progettazione,
costruzione ed inaugurazione della prima ferrovia sul suolo italico, che avvenne nel
Regno delle due Sicilie. Ricordando che la seconda ferrovia fu inaugurata in
Lombardia nel 1840 nel tratto Milano – Monza, mentre nel 1845 veniva inaugurato
nel Veneto la terza con il primo tronco Padova – Vicenza per la ferrovia Milano
– Venezia.
Tornando alle vicende del Regno, quest’evento storico, ricordato ancora oggi e
riportato in un libro pubblicato nel 1987: La Ferrovia Napoli – Portici 1839 che
raccoglie testimonianze ed immagini, iniziò così.
La prima ferrovia su suolo italico: Napoli-Portici
Nel mese di gennaio del 1836, l’ingegnere francese Armand Bayard domandò al
re di Napoli Ferdinando II, la concessione di costruire una ferrovia da Napoli a
Nocera, con diramazione a Castellammare, in nome di una compagnia francese da lui
rappresentata, la quale avrebbe costruito la nuova strada a sue spese,
conservandone la direzione e l’esercizio per 99 anni poi concessa per anni 80, dopo
dei quali sarebbe diventata proprietà dello Stato.
Un tetto ai prezzi
Il re dietro una relazione favorevole del Ministro dell’Interno, accordò la
concessione con un decreto nel 1836 a cui fece seguito il contratto nel 1838. In questo
fu stabilita la tariffa dei prezzi massimi che la compagnia poteva esigere per il
trasporto dei viaggiatori e delle mercanzie, salvo a diminuirli se volesse.
I lavori cominciano immediatamente
I lavori, cominciarono nel 1838 e dopo 13 mesi fu aperto il primo tratto fino al
Granatello (Portici), ad un solo binario, ma i binari di rotaie secondo contratto,
dovevano essere due per l’intera linea, come fu fatto.
La linea che fu inaugurata era lunga miglia napoletane 4 e 1⁄2. Dolcissimi ne furono i pendii. Le rotaie del peso di 25 Kg per ogni metro, furono fissate or sopra dadi di lava vulcanica, or sopra bellissime traverse di quercia. Sessantadue volte si costruì sotto la strada e tre sopra. Tra quest’ ultime bello ed ammirevole è il Ponte della Strada Reale per la sua ardita costruzione in isbieco. Tutto il lavoro fu condotto a termine in meno di 1 anno.
L’inaugurazione
L’inaugurazione fu fatta il 3 ottobre del 1839. La locomotiva fu chiamata
“Vesuvio” perché a quell’epoca il vulcano aveva al di sopra il “pennacchio” della nuvola di fumo bianco che fuoriusciva e quindi la locomotiva aveva un elemento a lui
somigliante.
Vari cronisti dell’epoca descrissero quel giorno che diede grande emozione e gioia al
popolo napoletano e che fu poi riportato successivamente, quando si volle ricordare
quell’evento a distanza di decenni.
Il nuovo spettacolo
Per primo si descrive la grande partecipazione del popolo: “Tutte le deliziose ville
attraversate dalla strada lungo la linea erano piene di signore e signori eleganti,
venuti in folla ad assistere al nuovo spettacolo. Nei campi e nelle vie pubbliche
intersecate dalle rotaie di ferro, fin dalle prime ore del mattino, si accalcava la gente,
venuta dalla città o dalle vicinanze, aspettando di veder passare la straordinaria
macchina mossa dal vapore, camminar sola e tirarsi dietro, un lungo seguito di
carrozze. Il mare lungo la spiaggia era gremito di barche.
A Portici, presso il Granatello, sopra il ponte della villa del principe di Monteroduni
era preparato un gran padiglione di arazzi e velluti cremisini per il re e per la famiglia
reale. Altre tende raccoglievano gli ambasciatori delle potenze straniere, i capi della
corte del re, i ministri, generali, ammiragli ed invitati. Dopo le 10.00 del mattino giunse il re.
Il re risponde in francese
Nel padiglione reale gli furono presentati, dal Ministro dell’Interno, l’ing. Bayard e
Teofilo Dubois, commissario della compagnia, venuto espressamente da Parigi, che
pronunziarono due brevi discorsi, ringraziando il re dell’appoggio dato alla
compagnia per quella impresa. Ed il re anche brevemente, rispose in francese,
dicendo tra l’altro: “ Io ho protetto ad ogni modo questo primo saggio fatto al di
qua delle Alpi”.
Il primo viaggio: dieci minuti
Poi un segnale fu dato di sopra al padiglione, a cui risposero le artiglierie del Castello
del Carmine. Immediatamente dalla stazione di Napoli mosse la locomotiva,
seguita da nove carrozze. Sopra un carro scoperto, dietro la macchina, suonava la
banda militare e in coda al treno, c’ erano soldati che agitavano le bandiere.
In 10 minuti il treno giunse al Granatello e voltata la macchina, ripartì in mezzo
alle ovazioni e grida di giubilo della folla spettatrice esultante.
Poco dopo ritornò il treno, in mezzo al quale era una carrozza ornata per il re e per la famiglia reale, seguiti da dignitari ed ambasciatori che vi salirono e poi, tra gli spari dei cannoni ed il suono della banda militare si ripartì per Napoli”.
Prezzi ribassati
La locomotiva fu fatta venire dall’Inghilterra, come altresì il macchinista mentre le
carrozze furono costruite a Napoli dalla società Zino ed Henry, con arte ed eleganza.
Durante il mese di ottobre 1839 percorsero la strada ferrata 57.759 persone. Si calcolò che la nuova ferrovia fruttò, nei primi mesi il 18% lordo ed il 14% netto. La compagnia si era riservata il diritto di ribassare i prezzi e mantenne la promessa.
Opera completata
I lavori proseguirono con gran celerità; la strada ferrata arrivò ad Ercolano, Torre del
Greco e Castellammare. Due anni dopo, cioè nel 1844, fu finita la costruzione di
tutta la ferrovia concessa dal governo napoletano fino a Nocera. Poi seguirono il
tratto di costruzione regia di Napoli-Caserta prolungato fino a Capua; nel 1856 da
Nola a Sarno.
Lo Stato “arretrato”…
Ma come è potuto accadere che la prima ferrovia sul suolo italico fu costruita nel Regno delle Due Sicilie, visto che i governi post unitari lo presentarono al resto della nazione, dopo il 1860, come uno Stato arretrato?
Una risposta ci può essere fornita dallo scrittore Giacinto De Sivo, in “Storia delle
due Sicilie” pubblicato nel 1867 che racconta così (ne riporto un brevissimo stralcio):
Ritornati i re e l’indipendenza (si riferisce a casa reale Borbone) tutte le province
e distretti ebbero le strade, ……. ogni cosa progredì rapidissima…….Nel 1837
avemmo il gas; nel 1852 il telegrafo elettrico, primi in Italia”.
Arriva l’unità d’Italia, e addio…
Altri hanno attribuito questo primato alla figura carismatica di Ferdinando II,
monarca giovane e di belle speranze. I suoi rapporti diplomatici lo avevano reso
temuto e stimato, l’attenzione alla diligente gestione delle finanze, gli sviluppi della
sua flotta insieme a quelli del suo esercito lo avevano fatto considerare come un
sovrano rispettabile sotto molti punti di vista.
Il nuovo sovrano Francesco II di Borbone, salendo al trono nel 1859 alla morte
prematura del padre, manifestò subito il proposito di accrescere le ferrovie, ma non
ebbe il tempo. Arrivò l’Unità d’ Italia nel 1860 e da quel momento fu “tutta un’altra storia”.