Caso Cadorna, sappiamo com’è andata. Nello stesso Palazzo di Giustizia di Padova, due magistrati prendono, sugli stessi identici fatti, due decisioni contrapposte. Uno condanna in sede civile Michele Favero, segretario di Indipendenza Veneta, a pagare diecimila euro di risarcimento (più oneri vari e spese) al nipote del generale Luigi Cadorna, per avergli rivolto “insulti gratuiti non fondati su fatti“.
Il secondo magistrato, in sede penale, chiede invece l’archiviazione del fascicolo aperto contro Favero, in quanto le “forti critiche” da questi rivolte al generale che mandò al macello in assurdi attacchi allo scoperto decine e decine di migliaia di giovani nella Grande Guerra, non sono “insulti gratuiti” ma legittimo esercizio del diritto di critica.
L’insostenibile urgenza del risarcimento
Le due opposte decisioni sono – sia ben chiaro – pienamente legittime nell’ordinamento italiano. Ma fanno a pugni col comune senso di giustizia. E ancor più fa a pugni col comune senso di giustizia, il fatto che nonostante l’indagato Michele Favero sia risultato, per la Procura di Padova, esente da ogni addebito e accusa, tuttavia egli sia tenuto a pagare il risarcimento. E a pagarlo subito, immediatamente, senza attendere l’esito del giudizio di appello. Stiamo parlando di giudizi storici su un generale della Grande Guerra: oggetto da oltre un secolo di contrapposte opinioni. Dov’è mai l’urgenza di risarcire il nipote per presunti insulti al nonno?
Eppure i conti correnti di Michele Favero sono già stati pignorati, per un importo di oltre ventitremila euro: i Cadorna esigono i loro diritti e li esigono subito. In un amaro post su Facebook, il segretario di Indipendenza Veneta annota: “La giustizia è stata velocissima nei confronti del sottoscritto, credo che nessun condannato per mafia o truffa, abbia mai subito un trattamento simile”. Non possiamo che essere d’accordo con lui. In uno Stato in cui i processi – soprattutto quelli civili – durano decenni, anche quando sono in ballo risarcimenti sacrosanti a persone viventi, a vittime riconosciute, ferite nelle loro carni, a famiglie di morti sul lavoro, a militari massacrati dall’uranio arricchito, ecco che invece per il risarcimento al nipote di un generale della Grande Guerra il processo è di spettacolare rapidità ed efficacia e il pagamento dei presunti danni arrecati all’immagine del nonno non può nemmeno attendere il processo d’appello. Una insostenibile urgenza.
Una battaglia di libertà
Questa è una battaglia di libertà: non possiamo accettare per un qualsiasi cittadino, e tanto più per il segretario di un partito politico che vuole rappresentare i Veneti, non sia possibile esprimere liberamente il proprio giudizio storico su Cadorna, su Garibaldi, su Cialdini, sui Savoia, su Napoleone e su qualsiasi altro personaggio.
Nel suo post su Facebook, Michele Favero chiede a tutte le persone cui sta a cuore la libertà e la verità di dargli una mano a far fronte all’ingente esborso al quale è stato condannato, versando su un conto corrente a lui intestato la somma che ciascuno può dare.