Il Professor Alberto Costantini, appassionato storico di Montagnana e del Veneto in generale, ha spesso attinto dalle sue ricerche per i numerosi romanzi pubblicati, sia storici che di fantascienza, grazie ai quali ha ottenuto per ben due volte il Premio Urania, considerato il più importante riconoscimento per opere inedite di fantascienza in Italia.
L’abbiamo sentito su un argomento specifico: il rapporto tra la sua narrativa e il Veneto.
I dischi volanti atterrano a Padova
Partiamo dunque da una domanda classica, ossia dalla celebre battuta di Fruttero & Lucentini: “un disco volante non può atterrare a Lucca“. Può atterrare a Padova?
A parte che Rolandino padovano, scrittore del ‘200, descrive un oggetto volante non identificato che solca i cieli del Veneto, alla provocazione risponderei con una frase del maestro della letteratura fantastica, Lovecraft, che scriveva: secondo me l’arte più sincera è quella locale, legata alla terra in cui si è nati, perché anche quando un artista canta di meravigliose terre lontane non fa altro che celebrare la propria terra, occultandola sotto uno sgargiante, esotico mantello.
In altre parole, la fantascienza può essere ambientata ovunque, e se ho scelto una collocazione a me “famigliare”, è stato anche per far conoscere meglio in tutta Italia la nostra terra, ed anche per rendere consapevoli, soprattutto i nostri ragazzi, della nostra Storia e del nostro ambiente, sia pure descrivendoli in una dimensione fantastica.
Dante Alighieri e gli alieni nella Valli Veronesi
Qualche esempio?
Nel mio romanzo Stella cadente, pubblicato dalla Mondadori su Urania, immagino che un sito contenente un reperto alieno sepolto nelle Valli Grandi veronesi sia esplorato da Dante Alighieri nel 1303, poi da un gruppo di scienziati austriaci nel 1866 e infine da un agente segreto americano nel 1945; dunque, un’avventura tipica della fantascienza, ma che si svolge ieri, anziché oggi o domani.
Il che vuol dire, oltre tutto, che si può collocare una storia di fantascienza non solo dove si vuole, ma anche quando si vuole.
E che nel Veneto ci siano posti inquietanti non è un mistero: uno di questi dovevano essere proprio le grandi paludi, le Valli, che si estendevano a sud di Legnago. Mi è piaciuto a questo proposito un lettore che commentava: “Ho trovato intrigante soprattutto l’ambientazione. Le vicende narrate si svolgono infatti in Veneto, credo caso piu’ unico che raro. Altro che Area 51!”
Fantascienza e storia
In effetti, ci sono molti pregiudizi su questo genere di narrativa, soprattutto per chi la frequenta poco; credo che molti siano rimasti ai film degli anni ’60.
Mah, forse qualche vegliardo cavernicolo è ancora convinto che fantascienza equivalga a dischi volanti, omini verdi con le antenne, viaggi spaziali; in realtà non è così, o almeno, non solo così, è piuttosto l’esperienza di un non-quotidiano, che però rimane ancorato a fatti scientificamente plausibili, a differenza della fantasy che non ha questa esigenza.
Oltre agli spazi siderali si possono esplorare molti altri aspetti; si pensi ad esempio agli sviluppi futuri della società. Il romanzo L’undicesima persecuzione è proiettato di alcuni decenni in avanti, e descrive un’Europa diventata insopportabile nel suo voler imporre modelli di comportamento e di pensiero. Non è detto esplicitamente, ma la città dove vivono i protagonisti si riconosce come Padova; anche il racconto Nata il 24 febbraio, dove si descrive una guerra russo-ucraina che prosegue, interminabile, spossante, negli anni a venire è ambientato in una Padova spettrale e impoverita.
Serenissime ucronie
Anche la storia insomma può intersecarsi con la fantascienza.
Perché no? Pensiamo alle cosiddette ucronie, ossia quando immaginiamo come sarebbe il mondo attuale “se”…
Se…?
In Terre accanto, il mio primo romanzo pubblicato da Urania, due episodi riguardano il Veneto: nel secondo scenario, un missionario africano giunge nelle nostre terre a convertire i selvaggi che le abitano: in pratica, le invasioni barbariche a ondate successive hanno sradicato la civiltà e trasformato buona parte dell’Europa in un mondo primitivo e desolato. Nel terzo – decisamente meno spiacevole per noi – la Repubblica di Venezia è uscita vincitrice dalle guerre del ‘500 e ha scavato il Canale di Suez, diventando una potenza mondiale ed estendendo la sua influenza nell’Oceano Indiano.
L’altro universo con Venezia indipendente
Beh, interessante; ma, come si suol dire, con i “se” non si fa la storia.
Scrive il grande storico Franco Cardini che la storia non solo si può, ma si deve pensare al condizionale, con tutti i “se” e i “ma” possibili. A maggior ragione, un romanzo. Se poi è vero che, oltre al nostro, esiste un numero quasi infinito di universi, è ben possibile che ce ne sia uno in cui Venezia è sopravvissuta indipendente fino ad oggi, e magari anche uno in cui il Veneto ha assunto una forma per noi quasi inimmaginabile.
Nel racconto La Principessa bizantina, l’Italia è rimasta longobarda fino al Mille, e addirittura in quello, ancor più bizzarro, dal titolo Il Capitano Salgari e gli adoratori del Grande Serpente, la nostra terra fa parte di un Khanato mongolo: qui Emilio Salgari è riuscito a diventare ufficiale di Marina e deve risolvere un mistero che si annida nelle immense foreste cresciute attorno all’Adige.
Il professor Alberto Costantini
Viaggi nel tempo per cambiare il passato
Cosa determina, queste biforcazioni della realtà?
Dal punto di vista narrativo, la soluzione più intrigante è che a cambiare il passato come lo conosciamo sia stato un viaggiatore del tempo che, volontariamente o per inavvertenza, abbia provocato un’evoluzione diversa dei fatti,tipo, per esempio, assassinare Napoleone prima che monsieur Bonaparte assassini Venezia.
Galeotto Marzio e la macchina del tempo
Stai parlando di un romanzo in particolare?
Sì, o meglio, di una serie di romanzi, dal titolo Ma Napoleone è morto ad Arcole? in cui si immagina una serie di ucronie venete. Il primo, l’unico edito finora, ha come sottotitolo: Al Servizio Segreto della Serenissima. Mi diffondo un poco a raccontarlo, perché mi dispiace che non abbia avuto molto riscontro fra i lettori veneti: per me è uno dei migliori romanzi che abbia scritto.
Siamo nel luglio del 1849, e sulla spiaggia del Lido di Venezia, due soldati trovano una donna stesa sulla sabbia priva di sensi. La sua storia appare ben oltre gli estremi limiti della follia: nel 1778 gli Inquisitori di Stato avevano utilizzato la macchina del tempo creata dal celebre Maestro Galeotto Marzio, per inviare la loro migliore spia nel futuro, al fine di conoscere il destino che attendeva la Repubblica.
La bellissima Cecilia sta ora faticosamente tornando dal XXI secolo, recando nella sua memoria il patrimonio di conoscenze e informazioni che potrebbe salvare la Serenissima. Il problema è che, anche di fronte al pericolo imminente, la classe dirigente veneta preferisce non credere al racconto della donna; sarà così lei a prendere in mano la situazione. Cecilia è intelligente, elastica, aperta, ma soprattutto animata da un patriottismo veneto a prova di bomba e da una determinazione di ferro.
Ma oltre ai viaggi nel tempo che cambiano il nostro mondo, c’è un’altra, succulenta possibilità di sviluppo sul piano narrativo.
I contatti tra universi paralleli
Quale?
Quella dei contatti fra gli universi paralleli, le diverse “terre accanto”.
Nel racconto Appuntamenti mancati, anche questo collocato fra Padova, Mestre e Venezia, un uomo e una donna comunicano grazie al PC, ma non riescono ad incontrarsi. Alla fine, si renderanno conto che vivevano in due mondi diversi, lei in un’Italia nella quale il fascismo non era mai caduto, lui in un Veneto occupato per 40 anni dai Sovietici.
Anche il romanzo La guerra dei Multimondi, ambientato prevalentemente a Padova, immagina due universi distinti che entrano in contatto: uno è più o meno il nostro, l’altro ha patito nel 1983 le conseguenze di una terribile Terza Guerra mondiale.
Padova, i Colli Berici, Montagnana…
Una domanda che può apparire maliziosa: l’ambientazione veneta è semplicemente lo sfondo per la vicenda, o entra nella storia?
In effetti, occorre distinguere; in alcuni casi, rari, ho preferito parlare di realtà che conoscevo solo per mia comodità: descrivere Padova o i Colli Berici è molto più semplice che parlare di luoghi sconosciuti. La maggior parte delle volte, però, i luoghi entrano nella trama esattamente come i tempi e le persone.
Ecco, appunto: in questi romanzi entrano in gioco anche persone realmente esistite?
Qui bisogna andarci piano, per rispetto delle persone e della loro storia vera. Gli eredi del tempo, ambientato nella mia Montagnana, immagina un filo sottile che collega la più antica civiltà umana, attraverso la sapienza medioevale e l’alchimia, le leggende popolari e la scienza moderna, arrivando ai giorni nostri. Alcuni personaggi sono di fantasia; altri, come l’umanista Galeotto Marzio da Narni, sono realmente esistiti. Nel racconto Se tutti gli universi… a Montagnana sono ospiti del capitano del Castello tre strani individui che non arrivano esattamente dal futuro, ma… dal mondo letterario: sì, personaggi della letteratura che hanno assunto una identità propria.
Tornando a Galeotto Marzio, è un personaggio interessantissimo, tanto che ne ho fatto il protagonista del romanzo L’Eresia del Multiverso, collocato fra Montagnana, il Basso Vicentino e un mondo parallelo lontanissimo da noi.
Fantascienza in lingua veneta
In questi mondi paralleli si porrà anche il problema lingua…
Sì, spesso è stato necessario per me inventare lingue mai esistite, anche se per necessità editoriale mi limito a poche frasi. Con un’eccezione…
Quale?
Il racconto Amore di figlia, è apparso anche come Amor de fioła, in lingua veneta, su “Quatro Ciàcoe”; è il primo esempio, credo, di una storia di fantascienza scritta nella nostra lingua.
Se Venezia avesse vinto ad Agnadello
Quali sono, secondo te, le date di snodo della storia veneziana, quelle in cui si decise il suo destino?
Nelle mie ricostruzioni romanzesche, direi tre:
1378-81, Guerra di Chioggia, in cui Venezia rischiò di essere ridimensionata in maniera drammatica, e se fosse successo, niente avrebbe impedito a Padova di unificare il Veneto;
1509, Battaglia di Agnadello: se il Pitigliano e l’Alviano fossero riusciti a travolgere i francesi e a catturare o uccidere il Re, gli altri collegati si sarebbero probabilmente ritirati dalla guerra, e Venezia avrebbe annesso la Romagna intera, forse anche Ferrara e Mantova, e messo un’ipoteca sulla Lombardia, magari restaurando una finzione di Repubblica Ambrosiana, e a quel punto avendo a disposizione ricchezze immense e il miglior esercito d’Europa, e avrebbe impedito ai turchi di conquistare l’Egitto. Forse, da lì, sarebbe riuscita a contrastare le mire dei portoghesi nell’Oceano Indiano.
1797: Venezia rompe la neutralità, apre i suoi porti alle navi britanniche, lancia una sorta di “jihad marciana” contro Napoleone e i giacobini, scatenando i montanari e i contadini, che non vedevano l’ora di regolare i conti coi francesi e i loro fautori italiani. Rifornita per mare, avrebbe continuato ad arruolare schiavoni e altre truppe che, con la collaborazione degli inglesi, avrebbero ricacciato i nemici e riconquistato le città perdute. Sarebbe stata dura, ci sarebbero state perdite umane e materiali incalcolabili, ma secondo me avrebbe potuto farcela.