12 Dicembre 2024
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Alano di Piave, l’indipendentismo censurato: il sindaco e le bandiere venete strappate dai lampioni

Bandiere della Serenissima sui lampioni di Alano di Piave? Uno scandalo. Strapparle via, immediatamente. Ordine del sindaco, o forse di chissà quale altra istituzione italica.

E’ l’alba di mercoledì 2 giugno 2021, Festa della Repubblica Italiana: anniversario del referendum che nel 1946 decretò la fine della monarchia dei Savoia e l’avvento della Repubblica.

Giovanni Simioni e le bandiere venete

Alle sei e mezzo, Giovanni Simioni esce di casa, accompagnato dal figlio. I due portano una scala e una ventina di piccole bandiere. A quell’ora, nel giorno di festa, non c’è molta gente in giro.  Ed è quello che Giovanni vuole. Perché le bandiere che porta sottobraccio non sono le bandiere della Repubblica Italiana. Sono le bandiere di un’altra repubblica: la Serenissima. Sono le bandiere rosse e oro con il Leone di San Marco.

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Giovanni Simioni è un indipendentista veneto – la stampa italiana lo definirebbe “venetista” – un “autodeterminato”, aderente al Clnv, il Comitato di Liberazione Nazionale del Veneto. Aderente al Canton Dolomitico – Repubblica Veneta. Ed è nel giro legato al doge Albert Gardin. Insomma, un indipendentista veneto a tutto tondo. E nel giorno della Festa della Repubblica Italiana, intende invece ricordare l’altra, e ben più antica Repubblica, la Serenissima, dei cui territori l’Italia è per lui uno stato occupante.

Le bandiere venete sui lampioni di Alano

Giovanni e il figlio sono giunti nella piazza principale di Alano di Piave, e cominciano il lavoro. Attaccano otto piccole bandiere del Leone ai lampioni della Piazza, poi si spostano lungo le strade adiacenti, e qua e là, sempre sui lampioni, attaccano un’altra decina di bandierine venete, che sventolano allegre al sole nascente.

L’intera operazione è durata meno di un’ora. Sulle sette e mezzo i due pericolosi indipendentisti veneti sono già pacificamente tornati a casa. Giovanni attende che il sole sia più alto, poi torna fuori, verso le dieci, per godersi lo spettacolo.

Le bandiere strappate e la spiegazione del sindaco

Ma le bandiere non ci sono già più. Qualcuno le ha già tolte, anzi le ha strappate indecorosamente, sui lampioni se ne vedono ancora i brandelli. Giovanni prende il telefono e chiama il sindaco. Siamo ad Alano di Piave, è un piccolo paese dove tutti si conoscono, e il sindaco, che poi è una sindaca, la professoressa Amalia Serenella Bogana, è sempre disponibile per i propri concittadini, e risponde al telefono anche fuori orario, anche nei giorni di festa.

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Alle rimostranze di Giovanni Simioni, la sindaca di Alano di Piave risponde, sottolineando che non si potevano attaccare le bandiere sui pubblici lampioni, senza autorizzazione. E spiega che dopo aver saputo del fatto, aveva chiamato “l’Investigativa“, la quale avrebbe confermato che lì, quelle bandiere, non ci dovevano proprio stare. Bisognava toglierle, toglierle subito. Cosa che qualcuno si è ben volentieri incaricato di eseguire immediatamente e sommariamente.

L’indipendentista veneto: rivoglio le mie bandiere

“Non so che cosa sia questa Investigativa che la sindaca mi ha detto d’aver chiamato, e che avrebbe ordinato di togliere immediatamente le bandiere – è il racconto di Giovanni Simioni – non so se la sindaca abbia inteso riferirsi alla Digos o a qualche altra Autorità. Prendo atto che senza autorizzazione le bandiere forse non si potevano attaccare ai lampioni, ma non mi sembra un delitto così grave. E comunque, rivoglio le mie bandiere. La sindaca mi ha detto che ci vorrà tempo, e comunque per riaverle dovrei portare lo scontrino di acquisto, mi pare eccessivo. Quelle bandiere sono mie, il Comune non può sequestrarle solo perché non ho più, dopo anni, lo scontrino di acquisto”.

Perché strappare le bandiere?

Ad amareggiare Giovanni Simioni è soprattutto il modo, l’insulto fatto alle bandiere della Serenissima. “Se ho sbagliato ad attaccare le bandiere senza autorizzazione – afferma l’indipendentista di Alano di Piave – potevano multarmi o anche denunciarmi, ma che necessità c’era di strappare le bandiere? Io considero l’Italia uno Stato occupante, uno Stato che illegittimamente occupa i territori veneti. Eppure non mi permetterei mai di strappare una bandiera italiana. Posso ammainarla volentieri, posso toglierla da un pennone: ma lo farei con rispetto, dignitosamente, e la conserverei piegata onorevolmente. Qui si è agito invece con disprezzo, in fretta e furia, senza rispetto per la bandiera della Serenissima . Ma non finirà così – avverte Giovanni – io quelle bandiere le rivoglio”.

Così è andata la storia, mercoledì 2 giugno, in quel di Alano di Piave. Non ci sfugge di certo che il gesto dell’indipendentista veneto Giovanni Simioni aveva un carattere di provocazione e di protesta contro lo “stato occupante”, visto il giorno scelto per attaccare le bandiere venete ai lampioni. Ma proprio per questo, era un gesto che aveva una sua dignità politica, era una manifestazione del pensiero, una espressione di libertà. Era proprio così intollerabile, per le autorità italiane, vedere qualche bandiera veneta nella piazza dove si festeggiava la Repubblica Italiana? Era proprio così intollerabile che qualcuno volesse festeggiare anche la Repubblica Veneta?

E se avesse appeso ai lampioni il Tricolore?

Diciamoci la verità: se il Giovanni Simioni avesse appeso ai lampioni, invece delle bandiere della Serenissima, il Tricolore italiano, le pubbliche autorità di Alano di Piave si sarebbero affrettate a strapparle, in quanto appese senza autorizzazione? Crediamo proprio di no. E se è così, allora quanto accaduto ad Alano di Piave è l’ennesimo episodio della censura politica, della lotta sotterranea che l’Italia conduce contro la storia, la lingua, i simboli dell’antica Repubblica. Il pensiero politico veneto indipendentista, semplicemente, non deve aver cittadinanza in Italia. Neanche sui lampioni di Alano di Piave!

 

 

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