12 Dicembre 2024
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“Antonio Caregaro Negrin: eclettismo e architettura a Vicenza”, ultimo saggio di Luca Trevisan

Lo studioso vicentino Luca Trevisan, ricercatore presso l’Università di Verona nonché membro ordinario dell’Accademia Olimpica per le Lettere e le Arti di Vicenza, esplora, seguendo una itinerario aggiornato, la figura dell’architetto e paesaggista Antonio Caregaro Negrin, esponente dell’Eclettismo in area vicentina legato da reciproca amicizia e stima nei confronti del grande Camillo Boito.

L’Eclettismo a Vicenza

L’indirizzo della storia delle arti conosciuto sotto il termine di Eclettismo si sviluppò – orientativamente, in ambito europeo – nel settantennio che va dal 1820 al 1890, arco cronologico che, guarda caso, coincide pienamente con i termini biografici del Caregaro Negrin, il quale nacque a Vicenza nel 1821 e morì (settantanove anni dopo) nel medesimo luogo.

Il senso di questo, estremamente articolato, orientamento architettonico consiste nel voler attingere, spesso arbitrariamente, all’esteso repertorio di forme e stili del passato, scegliendo fra essi gli accostamenti ritenuti più armoniosi e raffinati.

Intenti decorativi

Queste derivazioni vengono assunte e rimestate con intenti puramente decorativi, di modo che il progettista che aderisce a questi principi diviene un estroso assemblatore di elementi architettonici liberamente estrapolati dai più vari contesti storico-artistici del passato: da questi propositi deriva il richiamo, ad esempio, allo stile Romanico (Neoromanico), al Gotico (Neogotico) e persino alla gloriosa stagione del primo Rinascimento italiano (Neorinascimentale).

Il difetto, nei tempi addietro, imputato dalla critica all’Eclettismo si sintetizza, nella fattispecie, intorno alla circostanza – da parte di coloro che si applicarono ad avvalorarne le idee – di non aver tenuto in considerazione le ragioni profonde che determinarono gli stili del passato.

Architetti e ingegneri

Siffatto atteggiamento, quindi, comporterebbe, di fatto, la riduzione della nobiltà e dell’integrità dell’architettura (intese in senso albertiano) a fenomeno più di marca scenografica, estetizzante, piuttosto che sintomo di un’idea avvinta al senso costruttivo e funzionalistico che dovrebbe qualificare ogni opera edificatoria.

Progettare diventa pertanto una sorta di ricercato ludus compositivo, malauguratamente svincolato da qualsivoglia considerazione di tipo strutturale inerente, per l’appunto, ai principi di razionalismo vincolati alla funzionalità: ne consegue che spesso gli architetti si limitavano a compiere la loro opera – dalla marcata indole, potremmo azzardare, immaginosa e balzana – focalizzandosi sugli esterni, mentre la risoluzione di tutte le avversità connesse alle problematiche statiche – e, in specifico, realizzative – veniva demandata ai maggiormente competenti ingegneri.

Riabilitare l’Eclettismo

La moderna critica, con l’usuale ed diffuso intento – molto spesso capriccioso – di ribaltare le posizioni interpretative espresse dal recente suo passato (considerandole oramai vetuste) tende ora invece a riabilitare l’Eclettismo, considerandolo quale substrato, per lo meno ideologico, di taluni aspetti e sviluppi delle ricerche in ambito che hanno caratterizzato, più precisamente, la seconda metà del Novecento.

Le opere di Antonio Caregaro Negrin

Cogliendo l’occasione del bicentenario della nascita di Antonio Caregaro Negrin, il volume del Trevisan intende ripercorrere le vicende dell’architetto vicentino grazie ad un saggio che si focalizza sia sulle questioni umane e professionali – contestualizzate entro le più ampie coordinate storiche dell’epoca -, sia intorno alle opere capitali, le quali, corredate nel testo da accattivanti immagini a colori, sono analizzate tramite una svelta ed efficace lettura formale.

Le realizzazioni a Schio per gli industriali Rossi

Abbiamo quindi, in primis, le realizzazioni del Caregaro Negrin pensate per la città di Schio, epicentro della sua produzione, posta – per un certo lasso temporale – al servizio degli industriali tessili Rossi: dall’Asilo d’infanzia, atto ad ospitare fino a cinquecento fanciulli, alla Chiesa di Sant’Antonio Abate, una «progettazione totale» edificata nel 1879 come meditata riflessione sui da lui amatissimi moduli del Quattrocento lombardo, bizantini nonché tardo rinascimentali, passando per il magnificente e suggestivo Giardino Jacquard (1859-1878), il quale – con i suoi viali, le architetture (serra, padiglione, edifici vari), gli elementi naturalistici nella loro spettacolosa tortuosità e sorpresa (plasmati secondo un gusto che ricorda gli interventi del Vignola a Bomarzo) – costituisce quasi una sorta di wunderkammer ìpetra, con terrifiche figurazioni zoomorfe sporgenti dalle grotte, specie floreali insolite e apocrifi reperti archeologici di fattura ottocentesca plasmati in pietra tenera di Vicenza.

Caregaro Negrin e gli spazi verdi

A questo proposito, non bisogna tralasciare il fatto che il Caregaro Negrin fu, eminentemente, demiurgo  di ampi spazi verdi: noto, infatti, quale dichiarata conferma di ciò, è un eloquente discorso/apologia (intitolato “Dell’arte dei giardini, parte storica”) che egli ebbe modo di divulgare – nel 1890 – a Torino, nell’ambito di un incontro ospitato in occasione della “Prima Esposizione di Architettura”.

Giardino come cattedrale vegetale

Qui egli esalta la concezione assoluta del giardino, intervento inteso, come rimarcato sopra, nella veste di espressione universalizzante del procedere del mestiere suo proprio, quasi una sorta di “cattedrale vegetale” organizzata secondo i princìpi di una concinnitas che integra ogni parte costitutiva entro i limiti di una totalità convenientemente armonizzata.

I giardini del Vicentino, da Costabissara a Montegalda

E siffatta teoria, di evidente matrice romantica, ha occasione di rendersi esplicita, precisamente, in relazione agli interventi (spesso di risistemazione) riguardanti il Parco di villa Bissari San Carlo (Costabissara), il Giardino di villa Castellani Fancon (Malo), il Parco di villa Fogazzaro Roi (Montegalda), il Parco presso villa Loschi Zileri Dal Verme Motterle (Biron di Monteviale), il Parco Rossi e podere (Santorso), il Giardino di casa Ranzolin Miola (Thiene), il Parco di villa Panizza Teodora (Maddalene di Vicenza), e, infine, il Parco di villa Godi Malinverni ed il Parco di villa Piovene Porto Godi (ambedue a Lonedo di Lugo di Vicenza).

Grazie al Circolo Fotografico Scledense

Da sottolineare, in ultimo, come l’eccelsa iconografia che correda il valente testo sia stata scattata in parte dall’Autore ma, soprattutto, sia opera del professionista Giuseppe Santamaria (fase di post-produzione) e, in primo luogo, dei membri del Circolo Fotografico Scledense B. F. I., associazione di certa importanza attiva a Schio da oltre quarant’anni e presieduta da Paolo Tomiello.

Gilberto Weinberg dal Cengio

Villa Manin Cantarella a Noventa Vicentina

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