I presunti insulti di Michele Favero, segretario di Indipendenza Veneta, al generale Luigi Cadorna, comandante in capo dell’esercito italiano nella Grande Guerra, non sono insulti ma aspri giudizi storici su un personaggio che ha segnato la.storia d’Italia.
Archiviate le accuse
Il Gip (Giudice per le indagini preliminari) del Tribunale di Padova, con questa motivazione ha disposto, oggi 1 dicembre 2022, l’archiviazione del procedimento penale a carico di Michele Favero, accogliendo la conforme richiesta del Pubblico Ministero e non ravvisando alcun reato nelle critiche pur pesanti che il segretario di Indipendenza Veneta aveva rivolto su Facebook al generale Luigi Cadorna, accusandolo di crimini di guerra per aver dissipato decine di migliaia di vite di giovani soldati in attacchi suicidi, per la pratica barbara delle decimazioni e delle fucilazioni sommarie.
La denuncia del nipote
Per questi giudizi, Favero era stato denunciato dal nipote del generale Cadorna, il quale si era anche opposto alla richiesta di archiviazione presentata dal Pm (CLICCA QUI per leggere l’articolo di Serenissima News). Ma il Gip ha dato ragione a Favero.
Era una discussione storica
“Pur se i toni della conversazione via Facebook siano particolarmente aspri – argomenta il giudice – è pur vero che vanno contestualizzati all’interno di una discussione storico-politica ed hanno ad oggetto l’operato di un personaggio pubblico che indubbiamente ha segnato la storia d’Italia”.
Il nipote del generale Luigi Cadorna, assistito dall’avvocato Andrea Tirondola, aveva depositato atti ponderosi a sostegno delle proprie tesi, secondo le quali l’uomo da molti considerato un macellaio, e accusato di metodi inumani già nel Parlamento sabaudo, sarebbe stato invece un incompreso, preoccupato del benessere delle truppe e quasi all’oscuro dei metodi usati dai suoi ufficiali.
Il processo non è la sede giusta
Il giudice però accogliendo le tesi dell’avvocato Renzo Fogliata che difende Michele Favero, ha liquidato gli argomenti portati dal nipote di Cadorna, osservando che “il processo penale non è la sede ove effettuare accertamenti o riletture storiche“.
Convegni, libri, non denunce
Ed è secondo noi proprio questo il nodo centrale. Nulla in contrario, ovviamente, che i discendenti di Cadorna o altri studiosi della Grande Guerra cerchino di difendere la reputazione del generale. Nulla in contrario che tengano convegni e scrivano libri e articoli per riabilitare il “macellaio”.
Quello che ci scandalizza è il tentativo di imbavagliare il diritto di critica con le denunce. Il tentativo di richiedere una sorta di “bollino blu” a chi critica Cadorna, quasi che soltanto gli studiosi riconosciuti, gli esperti di strategia militare, beninteso dopo aver accanitamente studiato gli argomenti portati dal nipote di Cadorna, abbiano il diritto di dire ciò che pensano del generalissimo della Grande Guerra.
Il risarcimento resta
E ci scandalizza che nello stesso palazzo di giustizia di Padova, in sede civile, un altro giudice abbia invece ritenuto “insulti gratuiti, slegati dai fatti storici” le pesanti critiche di Favero al generale Cadorna, condannando il primo a pagare al nipote del generale un risarcimento importante.
Diritto di criticare
Eppure se una cosa è certa, in questa vicenda, è che le critiche di Favero a Cadorna, lungi dall’essere insulti gratuiti, sono motivate dai fatti storici, sono fondate su quei fatti. Gli assalti suicidi, le dodici battaglie sull’Isonzo con duecentomila morti per spostare il fronte di pochi metri, la barbarie delle decimazioni casuali dei reparti e delle fucilazioni sommarie, ci sono stati. E Cadorna era in cima alla catena di comando. Non serve altro per affermare il diritto di criticare un personaggio pubblico, senza dover renderne ragione ai discendenti.
È una questione di libertà.
L’ ordinanza
E in nome di questa libertà, che ci è cara, ci permettiamo di criticare solo un passo dell’ordinanza del giudice penale che ha archiviato il procedimento contro Michele Favero.
Il passo è il seguente: “Risulta che il querelante abbia comunque ottenuto un risarcimento in sede civile per i medesimi fatti”.
Risarcimento comunque….
Ci perdoni signor giudice. Cosa significano queste sue parole, se non che l’aver comunque pagato il risarcimento al querelante, diventa quasi un motivo per evitare la condanna in sede penale, come fa il ladro che restituisce il maltolto e sostituisce a proprie spese la vetrina infranta al negoziante danneggiato, per evitare o ridurre la condanna?
Diritto negato
Se nelle pur pesanti valutazioni di Michele Favero su Cadorna lei non ravvisa reati di sorta, se dunque le parole di Favero costituiscono legittimo esercizio del diritto di critica, come può essere giusta e ammissibile una condanna a risarcire gli eredi del criticato? Se questa condanna venisse confermata in appello, il diritto di critica, il diritto di esprimere un’opinione su personaggi e vicende storiche verrebbe negato, perché anche in assenza di reati si potrebbe venir costretti a pagare ai discendenti risarcimenti tali da consigliare a chiunque di tenere la bocca cucita.
Non è una questione storica. È una questione di libertà.