Oggi 27 gennaio, giornata della memoria 2021, ecco un video realizzato dai ragazzi della 5H del Liceo Scientifico Da Vinci di Treviso in occasione della giornata della memoria dell’anno 2013.
E’ un video prezioso, che ha segnato una svolta nella consapevolezza che i campi di concentramento, le atrocità, non sono un’esclusiva del Nazismo. Non è solo la Germania a dover chiedere perdono. Campi di concentramento ce ne sono stati anche in Italia, anche nel Veneto e nel Friuli, e anche nelle terre, nelle attuali repubbliche di Slovenia e Croazia, che erano sottoposte al governo italiano.
E mentre le autorità della Repubblica Federale di Germania non mancano mai, ogni anno, in questa giornata, di visitare uno dei molti luoghi simbolo delle atrocità naziste, per ricordarle e chiedere perdono, l’Italia non chiede perdono, se non per le leggi razziali. Ma i luoghi, i campi dove per volere esclusivamente italiano migliaia di persone venivano internate, dove bambini e bambine venivano internati, dove si moriva di fame e di freddo, quei luoghi sono dimenticati dall’Italia, taciuti, perfino nascosti alle stesse popolazioni che ci vivono accanto.
Quando un presidente italiano chiederà perdono ad Arbe?
Nessun presidente della repubblica italiana è mai venuto a deporre una corona di fiori nel campo di concentramento di Treviso, o di Monigo. Nessun presidente della repubblica italiana è mai andato ad Arbe, l’isola dalmata dove furono deportati migliaia di sloveni e croati, a chiedere perdono per quelle atrocità e per le altre atrocità compiute dal Fascismo contro sloveni e croati, che sono alla base dell’altrettanto atroce vendetta titina che si rivolse indiscriminatamente contro tutti gli italiani e ci fece perdere l’Istria e la Dalmazia.
Una generale rimozione copre le malefatte degli italiani, mascherate dal mito propagandistico del “buon italiano” che da Faccetta Nera fino alla narrazione dei militari italiani distributori di caramelle ai bambini, le autorità non mancano mai di alimentare.
Ringraziamo questi ragazzi di Treviso del 2013, oggi giovani uomini, che con stile asciutto di cronisti espongono i fatti e i luoghi, e rivendicano il diritto di conoscere la verità. Perché, com’è scritto nel Vangelo di Giovanni, è la verità che ci fa liberi.