Catalogna, finalmente l’Europa si muove e mette sotto accusa la Spagna per la persecuzione degli indipendentisti.
E lo fa nel modo più clamoroso e imbarazzante per il governo spagnolo, approvando un rapporto unico, che denuncia violazioni dei diritti umani in Turchia e in Spagna. In Turchia contro gli indipendentisti curdi, in Spagna contro gli indipendentisti catalani.
La Spagna finisce sul banco degli imputati del Consiglio d’Europa, fianco a fianco con gente come Erdogan. E come accade con il regime autoritario di Ankara, Madrid si sente intimare senza mezzi termini di cambiare il suo Codice Penale.
Madrid costretta a liberare gli indipendentisti
L’effetto è fulmineo: Madrid è stata costretta ad aprire le porte del carcere e a restituire la libertà ai politici catalani indipendentisti ingiustamente condannati per le loro idee, per le loro dichiarazioni e per aver organizzato nel 2017 il referendum, che Madrid considera illegale, per l’indipendenza.
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Il premier spagnolo Pedro Sanchez ha concesso la grazia a nove leader catalani indipendentisti: sono così finalmente usciti di galera, tra gli altri, l’ex vicepresidente della Catalogna, Oriol Junqueras, l’ex ministro catalano degli Esteri, Raul Romeva, e l’ex ministra catalana del lavoro Dolores Bassa. I leader catalani erano stati condannati a pene detentive pesanti, con l’accusa di “ribellione e sedizione“.
Junqueras grida Viva la Catalogna libera
Oriol Junqueras, accolto all’uscita dal carcere da Pere Aragonas, Presidente della Catalogna in carica, ha gridato: “Viva la Catalogna libera” e di fronte a migliaia di persone i nove “graziati” hanno sventolato bandiere catalane indipendentiste.
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“Nulla è cambiato, il carcere ci ha rafforzato, non indebolito, e ora riprendiamo la battaglia per l’indipendenza” hanno dichiarato i nove leader.
Spagna, destra nazionalista in piazza
“Ho compiuto un gesto coraggioso” ha detto il premier spagnolo Pedro Sanchez, che deve affrontare la rabbiosa reazione della destra nazionalista spagnola. A migliaia gli attivisti di Vox sono scesi in piazza a Barcellona, chiedendo la revoca dell’indulto e il ritorno in galera degli indipendentisti.
Il gesto di clemenza di Sanchez è effettivamente una novità, che finalmente contraddice anni di criminalizzazione dell’indipendentismo catalano, ponendo almeno le premesse per un dialogo tra Madrid e Barcellona.
La Risoluzione del Consiglio d’Europa
Va detto, però, che il gesto di Sanchez è giunto solo quando si è capito che la Spagna non sarebbe riuscita a bloccare o annacquare la pesantissima Risoluzione che poi è stata approvata dal Consiglio d’Europa e che finalmente mette la Spagna sul banco degli imputati.
I nove leader indipendentisti sono stati scarcerati il 23 giugno, appena due giorni dopo che il Consiglio d’Europa aveva inchiodato Madrid alle proprie responsabilità. Basta questa “coincidenza” delle date a far capire la portata clamorosa della Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Mai, nella storia di questa Istituzione, sono state usate parole così forti in tema di violazione dei diritti dell’uomo, contro un Paese che fa parte dell’Unione Europea.
Sconfitta epocale non solo per la Spagna
Per la Spagna è una sconfitta epocale, e non solo per la Spagna. La Risoluzione parla chiaro, e parla indirettamente anche a Paesi come l’Italia, che la persecuzione degli indipendentisti l’hanno praticata alla grande, e la praticano tutt’ora.
Non è un caso che sulla grande stampa italiana abbiamo trovato la notizia dell’indulto di Sanchez e della scarcerazione dei leader catalani, ma degli esatti e pesantissimi termini della Risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa abbiamo trovato ben poco.
Sono parole finalmente degne, che rimediano all’euro-vergogna di marzo, quando l’Europarlamento, coronando un’intensa azione spagnola di lobbing, tolse l’immunità a Carles Puigdemont e ad altri due eurodeputati catalani.
Le parole della Risoluzione sono scritte – è giusto notarlo – da un deputato della Lettonia, Boriss Cilevics, sulle quali c’è stato il voto favorevole di 70 deputati, mentre i contrari sono stati 28 e gli astenuti 12, nonostante l’enorme impegno messo in campo dagli spagnoli, che hanno tentato di bloccare l’iter di approvazione, di addolcire il testo. Ma non ci sono riusciti.
Perseguiti e condannati per semplici dichiarazioni
La Risoluzione ammette che “la Spagna è una democrazia” e che l’ordinamento spagnolo “tutela la libertà di espressione”. Ma poi coglie le contraddizioni tra le norme e la realtà, annotando che “molti importanti politici della Catalogna sono stati perseguiti e condannati a pesanti pene detentive, per i reati di di sedizione e ribellione, reati che si sarebbero sostanziati anche per mere dichiarazioni, rese nel pieno esercizio del mandato politico dei parlamentari catalani, dichiarazioni favorevoli al referendum indipendentista“.
“Il reato di organizzazione di un referendum illegale è stato abolito nel 2005 dal Parlamento Spagnolo – annota la Risoluzione dell’Assemblea del Consiglio d’Europa – con la riforma del codice penale spagnolo”.
Condannati per sedizione anche se non ci fu violenza
Nello stesso Codice penale spagnolo, osserva la Risoluzione, è previsto “il reato di sedizione, punibile fino a 15 anni di carcere” ma perché questo reato si configuri il Codice penale spagnolo richiede che vi sia stato “ricorso o incitazione alla violenza“.
Ma “nessuno dei politici perseguiti per il reato di sedizione ha mai praticato o invocato la violenza” come ammette la stessa pubblica accusa spagnola: i politici indipendentisti hanno sempre invitato i manifestanti “ad astenersi da ogni azione violenta“.
La Risoluzione è secca: nonostante manchi ogni elemento di violenza, “i politici catalani sono stati condannati per sedizione“. Una condanna quindi illegale per le stesse leggi spagnole.
Ma non basta. La Risoluzione accusa Madrid di aver perseguito non soltanto i leader politici catalani, ma anche “vari funzionari di rango inferiore”, e anche i parlamentari catalani eletti “nella successiva legislatura“, e infine di continuare a “perseguire l’estradizione di politici catalani che vivono in altri Paesi europei“.
Riformare il codice penale
Il testo approvato della Risoluzione è perentorio e invita la Spagna a “riformare le disposizioni del Codice Penale per i reati di sedizione e ribellione” in modo da impedire che possano venir “interpretate” in modo da “annullare di fatto la depenalizzazione dell’organizzazione di referendum illegali” e da “portare a pesanti condanne per sedizione per trasgressioni non violente“.
Abbandonare la richiesta di estradizione
La Spagna viene invitata a “considerare la grazia o comunque il rilascio dal carcere dei politici catalani”, ad “abbandonare la richiesta di estradizione dei politici catalani che vivono all’estero e che sono ricercati per gli stessi motivi”, ad “abbandonare le persecuzioni dei funzionari di grado inferiore”, ad “astenersi dal perseguire i successori dei politici catalani incarcerati, che si sono limitati ad azioni simboliche quali l’espressione di solidarietà ai detenuti”.
Madrid è infine invitata ad «astenersi dal richiedere ai politici catalani detenuti di rinnegare le loro opinioni politiche profondamente radicate in cambio di un regime carcerario più favorevole o una possibilità di perdono».