Covid, il nuovo governo italiano è partito con il piede sbagliato. La chiusura degli impianti sciistici non è stata soltanto una tragedia. E’ stata l’ennesima guerra al Nord, l’ennesima sberla al sistema produttivo e alle Regioni locomotiva del Paese. Il ministro rientrante alla Salute, Roberto Speranza si è rimangiato il via libera che egli stesso, da ministro uscente, aveva dato con settimane di anticipo, e ha chiuso gli impianti sciistici a quattro ore dalla riapertura.
E dopo dicono che a far confusione sono le Regioni! No: la confusione la fa il governo italiano. Dai banchi a rotelle alle siringhe più care d’Europa, fino alle mitiche “primule” per le vaccinazioni di massa, dal “liberi tutti” sotto Natale alle aperture a giorni alterni, ai ristori fantasma.
Il problema è il centralismo delle decisioni
Il problema è proprio il centralismo sovrano delle decisioni, il loro voler essere uguali per tutta Italia, scollegate dai territori e dalle loro peculiarità. E comunicate dall’alto con modalità irrispettose delle popolazioni, dei territori, delle loro economie, del lavoro, delle persone.
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Anche la classificazione delle Regioni in tre colori non risponde, come sarebbe stato opportuno, ad una responsabilizzazione delle istituzioni territoriali, ma anzi, al contrario, coincide con la loro più assoluta deresponsabilizzazione. I governatori non sanno il giovedì sera se la mattina dopo si troveranno la Regione in giallo o in arancione, e come loro le aziende, i cittadini, sono appesi alla roulette russa. In nessun altro Paese d’Europa il sistema produttivo viene informato all’ultimo momento se potrà aprire o chiudere. In nessun altro Paese c’è un simile sovrano disprezzo per i sudditi che lavorano.
Politici ridotti a portavoce dei consulenti scientifici
Basterebbe questo per condannare il metodo di questi governi di “portavoce” che hanno tagliato la democrazia per risparmiare qualche stipendio di parlamentari e poi hanno riempito i palazzi di consiglieri e consulenti scientifici che dettano ai politici la linea da imporre al Paese.
Ma c’è di peggio: la chiusura degli impianti sciistici, a quattro ore dalla riapertura, dopo che migliaia di aziende hanno accettato prenotazioni, venduto skipass, predisposto le piste, attrezzato gli impianti e gli alberghi in osservanza delle normative anti-Covid, richiamato centinaia di migliaia di dipendenti al lavoro, dopo che altre centinaia di migliaia di appassionati hanno prenotato, versato caparre, chiesto ferie, non è una misura di prevenzione ma uno schiaffo ai sudditi, è un “qui comando io”. Ed è l’ennesima guerra al Nord.
L’Italia dell’anti-Covid prende in giro le imprese
Le varianti del Covid sono note da settimane. E’ noto il loro andamento diffusionale, è nota la loro capacità di contagio. Infatti, tutti i Paesi che, per evitare il rischio di una diffusione della pandemia, hanno deciso di chiudere gli impianti sciistici, lo hanno fatto per tempo, con norme e ristori entrati in vigore in simultanea.
Nella federale Germania, nella federale Austria, i governi non hanno preso in giro le aziende come ha fatto il ministro Speranza nella centralizzatissima Italia dell’anti-Covid: lì le imprese hanno saputo con un mese d’anticipo che non avrebbero potuto aprire gli impianti. Non quattro ore prima, come in Italia, quando già le piste erano battute, i frigoriferi degli ristoranti erano pieni, il personale era al lavoro da giorni.
Una chiusura che colpisce il Nord e la montagna
La chiusura degli impianti sciistici non è come la chiusura dei parrucchieri o dei ristoranti. Non colpisce in maniera uniforme. Si concentra, com’è naturale, a parte l’Abruzzo, sulle Regioni del Nord, sulle Regioni dell’arco alpino, e in particolare su quelle – come Veneto e Friuli – nelle quali il turismo è un business essenziale sia d’estate che d’inverno, un’entrata fondamentale per le economie dei territori di montagna.
Era dunque opportuno, come ha fatto la Svizzera, maestra di federalismo e rispetto dei propri cittadini, dare linee guida molto stringenti, ma lasciare ai territori, alle Regioni, la decisione se chiudere o aprire, cosa aprire, come aprire. In Svizzera gli impianti sono aperti da settimane, con regole severe e adattate caso per caso, cantone per cantone. Una follia? Non sembra: la situazione Covid, in Svizzera, vede i contagi in diminuzione, come e più che in Italia.
Non morire di Covid, ma non morire di fame
Bisogna trovare un punto di equilibrio tra non morire di Covid e non morire di fame. E questo punto di equilibrio non è uguale in tutta Italia. Ci sono Regioni in cui il turismo invernale è molto più importante che in altre, dove le aziende sono più strutturate, più in grado di investire per rispettare norme anche severe, pur di poter aprire.
E allora, non si poteva lasciare alle Regioni, lasciare a Zaia e Fedriga la responsabilità di valutare se in Veneto e in Friuli l’importanza del turismo invernale sulle rispettive economie non sia tale da consigliare di correre qualche misurato e controllato rischio? E lasciando ad altre Regioni, nelle quali magari l’importanza del turismo invernale è molto minore, licenza di fare scelte diverse?
Veneto e Friuli sono in grado di autogovernarsi
Regioni che, come il Veneto e il Friuli, possono mediamente contare su un elevato grado di autodisciplina dei propri cittadini, che hanno una Sanità organizzata in un certo modo, che hanno nel turismo un’industria fondamentale, devono poter decidere le misure più adatte per contenere l’epidemia. Lo Stato potrà, eventualmente, sostituirsi alle Regioni, quando e se le misure da queste decise si dimostrino inefficaci.
Bene hanno fatto Zaia, Fedriga, e persino ministri della Lega espressione delle Regioni del Nord, a far sentire la loro voce. Ma il problema vero resta l’autonomia. Territori che hanno dimostrato grande capacità di autogoverno non possono essere trattati da incapaci.
Vaccini, figuracce di Stato e fanno la guerra a Zaia!
Lo stesso discorso vale per la pretesa di centralizzare gli acquisti dei vaccini, giudicando “gravissimo” che una Regione si industri per procacciarsene un po’ di più e un po’ prima, nell’interesse dei propri cittadini. Incredibile che – dopo le figuracce che il monopolio statale dei vaccini ha rimediato – si accusino le Regioni che cercano disperatamente di rimediare.
Non sappiamo se Zaia possa davvero riuscire a farlo: ci pare molto ma molto difficile, in una situazione come questa, di evidente sotto-produzione vaccinale. Ma non si capisce perché impedirglielo! Non si capisce perché fargli la guerra! Magari scopriremmo che i vaccini sono reperibili, e che costano meno di quanto li abbia pagati lo Stato. E la cosa non ci stupirebbe di certo.
Alvise Fontanella