Il nuovo libro di Ettore Beggiato, “La Lega di Cambrai e la Serenissima“, per i tipi di Editrice Veneta (con la prefazione del grande storico “indipendente” Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine dei giornalisti), indaga gli anni forse più tragici ma anche più gloriosi della Veneta Repubblica. Un periodo, quello tra il 1507 e il 1517, che è poco studiato, come del resto gran parte della storia veneta, ma anche spesso poco amato e quasi rimosso dagli amanti delle cose venete, perché segna in qualche modo il termine della grande epopea dell’espansione veneziana in Terraferma.
Una guerra mondiale: tutta l’Europa contro Venezia
Fu una vera guerra mondiale: in quegli anni, quasi tutte le potenze europee, dall’Impero d’Asburgo alla Francia, dalla Spagna al Regno del Papa, strinsero a Cambrai un patto di alleanza con l’unico scopo di fermare la crescita della potenza di Venezia, di portare nei territori della Serenissima una guerra totale, una guerra il cui scopo dichiarato era cancellare dalle carte geografiche la Veneta Repubblica e spartirsi i suoi ricchi territori, secondo un accordo già stabiito a Cambrai nei minimi particolari.
Faceva paura a tutti la Repubblica Veneta, da quando Venezia, senza smettere di “coltivar el mar”, aveva cominciato a coltivare anche la Terraferma, espandendosi nell’Italia, nel Mediterraneo e nell’Egeo con la forza delle armi e di una flotta che era la più potente del mondo di allora, ma soprattutto con la forza di un buongoverno che si faceva amare dai sudditi, che vedeva fiorire le città che si erano date alla Serenissima. Tutti i territori soggetti alla Dominante sperimentavano una stabile pace e prosperità, mentre opere d’ingegno colossali venivano condotte a termine, una rete meravigliosa di canali navigabili collegava ogni città e assicurava rifornimenti e commerci, irrigazione e bonifica delle campagne.
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L’espansione e il consenso alla Serenissima non poteva non preoccupare le potenze italiane ed europee, che governando territori dieci volte più vasti e popolati della Repubblica Veneta non riuscivano a gareggiare con questa in ricchezza e potenza, e soprattutto non riuscivano, se non con strumenti di polizia interna, a garantirsi la fedeltà dei sudditi.
Otto anni di guerra ma la Veneta Repubblica non molla
La Lega di Cambrai attaccò la Veneta Repubblica con forze soverchianti, da più fronti, e riportò anche grandi e clamorose vittorie militari, come avvenne ad Agnadello, vittorie che spogliarono la Serenissima di quanto aveva conquistato in secoli di storia. Ma Venezia non mollò: sostenne per otto anni uno sforzo bellico gigantesco, nel quale profuse capitali immensi e risorse umane di assoluto valore. Capitani come Bartolomeo d’Alviano, che difese eroicamente il fronte Nord della Repubblica Veneta contro gli assalti dell’Impero d’Asburgo, portò la riscossa fin nel cuore delle terre dell’invasore e infine cadde nella gloriosa campagna di riconquista della Lombardia Veneta, per essere poi sepolto con onore nella chiesa di Santo Stefano a Venezia, dovrebbero essere oggetto di studio, nei nostri libri di scuola, più di Giulio Cesare, più di Napoleone.
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E dovrebbe essere oggetto di studio e di stupefatta ammirazione soprattutto la capacità che oggi è di moda dire di “resilienza” della Veneta Repubblica e che viene così ben documentata nella ricerca storica di Beggiato.
La vera forza della Serenissima: il buongoverno
Perché la vittoria finale della Repubblica, che mantenne quasi intatti i propri territori e la propria potenza militare, riconquistando e imponendo alle potenze coalizzate la restituzione delle città occupate, si fonda sì sulla forza militare ed economica di Venezia e su una diplomazia che aveva pochi confronti, ma soprattutto si fonda sull’amore che le città, i popoli, i contadini dei territori soggetti alla Dominante avevano per la Serenissima e per il buongoverno di San Marco: “Sono nato Marchesco e morirò Marchesco”.
Furono i sudditi, i paesi e le città che rimasero strenuamente fedeli a San Marco anche sotto l’occupazione militare straniera, a permettere alla Veneta Repubblica di resistere all’offensiva delle potenze europee coalizzate contro di lei. Nella storia ci sono ben pochi esempi di un simile attaccamento di sudditi al proprio legittimo governo: ed è questo la ragione più forte per leggere con gratitudine questa nuova fatica storica di Ettore Beggiato e per essere orgogliosi della nostra grande, unica, storia veneta che piano piano, pezzo dopo pezzo, ci viene restituita, sconfiggendo l’ormai nuda propaganda italiana e la prezzolata disattenzione di tanti docenti e storici di professione.