Monsignor Antonio Vecellio è sicuramente una figura di spicco nel panorama culturale feltrino; nato il 17 settembre 1837 a Farra di Feltre da una famiglia modesta, è diventato sacerdote nel 1860, docente nel seminario di Feltre, arciprete a Pedavena dal 1879 al 1912, controllato dal 1859 al 1866 dagli austriaci per le sue simpatie risorgimentali, la sua vera passione furono gli studi storici e dal 1884 fu socio della Deputazione di Storia patria per le Venezie. Morì a Feltre il 22 ottobre 1912 in via Cesare Battisti, proprio dove, a un secolo di distanza, è stata collocata una lapide.
L’opera che mi ha fatto scoprire don Vecellio è la ponderosa “Storia di Feltre” di Antonio Cambruzzi (1623-1681), conventuale francescano, composta di quattro volumi e completata proprio da don Antonio Vecellio con il volume edito a Feltre nel 1877 e non a caso dedicato a Cesare Cantù da “questo clericale moderato ed interprete locale di un tardo neoguelfismo”-
Sotto le ali del Leone
Ecco le parole accorate con le quali traccia il reggimento (governo) di Andrea Vitturi, ultimo Podestà e Capitano di Feltre per la Serenissima Repubblica:
“E’ con tristezza profonda che intraprendo a narrare il reggimento di Sua Ecc. Andrea Vitturi; anzi con l’angoscia straziante di chi assista all’agonia di una persona caramente diletta. E’ l’agonia della mia nobile patria, che ho da tratteggiare, agonia tanto crudele quanto per quattro secoli fu gloriosa la vita di lei sotto le ali del Leone di San Marco.”
I francesi entrano in Feltre
Nel settembre del 1796 il feltrino è al centro della contesa fra francesi e austriaci e c’è qualche nota di particolare interesse:
“Nello stesso giorno (7 settembre 1796) i Francesi inseguirono il nemico lungo il canale nel Brenta, e parte di essi si diressero alla volta di Feltre, ma non ne arrivarono alla città che soli trenta, tutti di cavalleria, che parevano tante furie scatenate … Entrarono per la contrada delle Tezze con le spade ignude, urlando la Marsigliese accompagnati da sei trombe, e spargendo intorno il terrore e la confusione della guerra … Il canale del Brenta in tale incontro soffrì danni grandissimi, e quegli abitanti vennero quasi tutti saccheggiati dai Francesi. Erano condotti dal generale Massena …”
Cantavano la Marsigliese…
Andrea Massena (André Masséna francesizzato) è un generale di origine italiana (Nizza 6 maggio 1758 – Parigi 4 aprile 1817) un criminale che troveremo più volte nelle pagine più nere dell’invasione napoleonica, esponente di spicco della massoneria francese; altra annotazione interessante è che la soldataglia francese cantava la Marsigliese …
Qualche settimana più tardi i francesi ritornarono ma la musica era quella di sempre …
Cominciano i saccheggi
“Il danno che cagionarono i Francesi nel giorno che arrivarono qui, il 30 gennaio 1797, fu veramente notabile, anzi gravissimo. Ne soffrirono non solo le terre e le case presso le quali passarono, ma anche parecchi villaggi e casali discosti, perché tanti e tanti soldati si allontanavano dal campo a bello studio per saccheggiare, sicchè moltissime famiglie di Canaletto, di Arten, di Mugnai, di Farra si videro saccheggiate della biancheria, della roba salata, del pollame, degli utensili di cucina, persino del grano che davano da mangiare ai cavalli …
Le loro figure erano infernali, aveano in pugno le pistole montate, e spargevano il terrore dappertutto … Entrarono nel palazzo Pasole (Pedavena), e cominciarono a commettere delle violenze, rapinando scarpe, fibbie d’argento, stivali abiti e quanto veniva loro alle mani.”
Le parvenze della libertà
Così quando nel maggio del 1797 i francesi occuparono definitivamente Feltre, monsignor Vecellio è quasi rassegnato:
“Così la Francia si sostituiva alla Serenissima nel dominio di Feltre, così la servitù ci si affacciava violenta e beffarda sotto le parvenze della libertà, così s’inaugurava la dolorosissima iliade de’ mali che sfrondarono le nostre corone, che dissanguarono le nostre vene, che ci ridussero una pallida immagine dei nostri prosperosi e magnanimi avi.”
Distruggere i Leoni
Il “Libro terzo” si apre con un capitolo intitolato “Il Vandalismo francese.”: finalmente uno storico che chiama le cose con il loro nome !
“La città di Feltre si avvide ben tosto di che tempra fosse la libertà la fratellanza e l’uguagliamento che le regalava la Francia. Venne anzitutto pubblicato un Decreto che comandava di cancellare ogni memoria della Serenissima, di scarpellare le iscrizioni votate dal Maggior Consiglio ai Podestà e Capitani che uscivano di carica, di spezzare e distruggere i leoni collocati nei diversi quartieri della città, onde scrive G.G. Alvisi le memorie della giustizia e del buon governo non soccorressero così pronte alla mente del popolo rinsavito, dopo tante sventure.
Proibite le feste per la Dedizione di Feltre
Davanti il palazzo detto Pretorio fu posta una iscrizione che lo denominava Palazzo della comunità di Feltre; si proibirono alle scuole l’uso degli stendardi che ricordassero San Marco; insinuarono che sotto il ferreo governo della Serenissima le arti, le scienze, il commercio erano oppressi; e si abolirono le feste che ricordavano la dedizione spontanea di Feltre alla Repubblica veneta, e l’una o l’altra delle grazie ottenute.
Perché poi la popolazione non pensasse a protestare con qualche modo efficace, spogliarono tutte le case delle armi in offesa, e incominciarono dal castello, di dove asportarono per loro uso o guadagno tutti i fucili, tutte le spade, le alabarde, le picche, le pistole, gli archibugi; nelle case poi spinsero a segno il rigore, da arraffare persino i coltelli che non fossero di limitata misura.”
Rapine e devastazioni nelle chiese
Dopo aver ricordato i mille soprusi, le angherie, le rapine sistematiche, l’aumento spaventoso di qualsiasi tassa, i dazi del vino, il testatico, la requisizione sistematica del bestiame, monsignor Vecellio passa a descrivere le rapine e le devastazioni compiute nelle chiese di Feltre.
“Ma che dirò dell’argenteria rubata alle chiese? Mi si commuovono tutte le viscere al pensiero di tanta profanazione! … Ecco pertanto un decreto, che obbliga tutti i parochi della città e del territorio a dare una distinta nota con lor giuramento formale di tutti i capi di argento che si trovavano nelle chiese. Sorpresi tutti del terrore e obbligati dal giuramento, presentarono le note rispettive.
L’argenteria consegnata ai francesi
All’accennato comando se ne aggiunse un altro più fulminante, con cui si obbligarono i medesimi parochi a presentarsi davanti il commissario francese trasportando seco tutti i vasi nelle suddette note descritte e a prestare giuramento che non ne avevano altri. Si presentarono il 7 giugno in Cà Bellati, ove era il commissario francese, con tutta l’argenteria delle loro chiese; questa venne allo stesso consegnata, e non portarono indietro che un calice o due secondo la quantità de’ sacerdoti che aveva ciaschedun paroco, la pisside e l’ostensorio. Il resto tutto restò in man de’ francesi.
Si infransero tutte le lampade, e i candelabri, i vasi di palme, i calici e tutto ciò che serviva di ornamento e decoro al culto del Signore e si mandarono via di Feltre nelle casse a tal uopo preparate. Tutta la bella argenteria del duomo, a cui non rimasero che quattro calici di quindici che ne aveva, tutta quella di san Pietro in Vinculis e di Santa Chiara, che ascendeva a un peso molto considerevole, fu tolta senza lasciare nemmeno due ampolle fregiate d’argento.
Il sacrestano nesconde qualcosa
Di tutta l’argenteria che vi era nella Diocesi di Feltre non restò intatta che quella della chiesa di san Vittore e Santa Corona, perché di ragione della città; si salvò ancora qualche lampada e qualche croce, che avevano scritto il nome della comunità a cui appartenevano. Il sacrestano del Duomo poté trafugare qualche cosa, che nascose in uno sfondo sopra l’altare maggiore …”
L’argenteria del Veneto Stato
Sempre Vecellio cita quanto scritto negli Atti capitolari del Duomo:
“…Invasa dagli eserciti francesi la Repubblica nostra, indi dichiarata paese di conquista, coavenne a tutte le provincie e città suddite della medesima sottostare alle Leggi del popolo vincitore. Tra le altre disgrazie, che molte furono e gravissime, fu anche quella di dover consegnare ai commissari di guerra l’argenteria tutta del Veneto Stato.
Arrivarono questi pure in Feltre li 6 giugno, preceduti prima da 1500 soldati, sotto la scorta del generale di brigata Vergese, e intimarono sotto gravi pene e minaccie ai capi delle chiese, massari e ministri tutti di dover con giuramento manifestare e consegnare in seguito l’argenteria delle medesime. Tristi e melanconici li canonici di questa cattedrale dovettero ubbidire con il ribrezzo a si funesto comandamento. Furono dunque consegnati gli argenti tutti del nostro inventario e negli altri libri capitolari descritti; né ci restituirono che solo quattro calici inferiori, e quello del fu mons. Vescovo Ganassoni di felice memoria, per gran suppliche loro fatte.”
Fuochi e fumo nella Cattedrale
E ancora negli atti Capitolari si denuncia come il Duomo patì per gli atti di teppismo della soldataglia napoleonica:
“ … In una imperiosa necessità di alloggiar la truppa francese arrivata qui in Feltre li 10 marzo 1797 al n. di 16.000 tra fanteria e cavalleria, convenne sforzatamente accordare, tra le altre chiese, anco questa nostra Cattedrale per alloggio. Furono accesi moltissimi fuochi, per i quali si guastò il pavimento di pietra, ed il fumo annerì tutto l’interno de’ muri ed altari. Ed in tale circostanza contribuì la pietà di mons. Ill. e Rev. Vescovo lire trecentodieci d’elemosina, perché la rendita della fabbrica nostra avesse a soffrire minor danno.”
La requisizione forzata
Ma l’ingordigia dei “cantori della marsigliese” non conosceva limite …
“Il primo vendemmiatore (19 ottobre) la Municipalità centrale di Feltre decretava che fosse assoggettato ad una requisizione forzata il vigesimo di tutti gli animali di questa città e provincia tanto bovini quanto vaccini, pecorini e caprini …”
Ettore Beggiato
Note
- Conte P. e Perale M., 90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire, Belluno 1999
- Bartolini D. e Pistoia U., Erudizione e storia locale a Feltre nella seconda metà dell’Ottocento: Antonio Vecellio in Aa.Vv., Erudizione cittadina e fonti documentarie, Firenze 2019