L’Università Ca’ Foscari ha avviato una originale ricerca: il censimento e la mappatura degli oltre cinquemila graffiti veneziani d’epoca. Opere minori, molto minori, ma che portano il segno della vita vera, delle persone “normali” che a Venezia vivevano.
Sono disegni, simboli, scritte e persino giochi come la tria, che figurano su colonne, muri, pareti di palazzi e chiese a Venezia, edifici pubblici e privati. Graffiti che vanno dal XII al XX secolo. Otto secoli di tracce lasciate nel tempo sulla città dalla mano di mercanti, soldati, turisti, marinai, persone che a vario titolo erano a Venezia e hanno scritto, inciso, graffiato, disegnato, dipinto una piccola impronta della propria storia.
Il progetto della professoressa Flavia De Rubeis
Il progetto di catalogazione digitale di questo immenso patrimonio di “cultura popolare” veneziana è stato avviato dalla professoressa Flavia De Rubeis, ordinaria di Paleografia latina presso il Dipartimento di Studi Umanistici e coordinatrice del progetto ”Tourists in Venice across the centuries”.
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Il progetto – secondo la nota dell’Università veneziana – “prevede la schedatura digitale dei graffiti più importanti, e la creazione di una banca dati che ne riporti l’immagine oltre che la localizzazione e altre notizie sulla provenienza e l’inquadramento storico. Oltre a questo, è in programma la realizzazione di un’app che consentirà a turisti e curiosi di oggi di scoprire questi tesori nascosti in città e di seguire itinerari alternativi di visita”.
Venezia libro aperto, i graffiti inediti
“Gran parte di questi graffiti non è mai stata studiata o pubblicata, ed è la prima volta – spiega la professoressa De Rubeis – che viene dato il via ad una campagna di studio a tappeto inclusiva di tutti i graffiti, editi e inediti. Sono pochi gli studi che si sono occupati di queste scritture e comunque non con l’obiettivo di dare una visione d’insieme della città su una cronologia così estesa; si tratta in genere di studi che hanno svolto ricerche e pubblicato graffiti di contesti specifici. Ma non è questo l’ottica del progetto che considera tutta Venezia come un libro aperto, dove le testimonianze graffite partono dal XII secolo e arrivano fino ad oggi, con l’idea di considerare questo corpus come una fonte alternativa rispetto alla storia conosciuta di Venezia, e alle fonti tradizionalmente considerate, il tutto con lo scopo di contribuire ad una diversa visione della città”.
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“L’approccio digitale – continua la nota di Ca’ Foscari” – consentirà di ridisegnare e rendere maggiormente leggibili i segni a volte difficilmente distinguibili, o perché molto rovinati, o perché o sovrapposti uno all’altro. Sarà possibile isolarli con software appositi, rendendoli fruibili singolarmente attraverso l’app che potrà anche suggerire itinerari veneziani tematici diversi da quelli più battuti attraverso una geolocalizzazione GIS”.
Dai graffiti nelle carceri a quelli inneggianti ai Dogi
I graffiti “parlano” di tutto: dalle scritte che si vedono incise nelle celle delle Prigioni di Palazzo Ducale, in cui compaiono anche figure di Santi, come altari rudimentali davanti ai quali forse i reclusi rivolgevano una preghiera, fino ai graffiti “politici” in Piazza San Marco vicino alla Biblioteca Marciana e alla Libreria Sansoviniana, i graffiti sulle colonne inneggianti ai dogi, che riportano la scritta W Marco Giustiniani (1684).
Le scritte devozionali sulla facciata della Basilica di San Marco, o ancora la curiosa incisione di una pantegana che figura sul fusto di una colonna bianca di Calle del Traghetto a San Felice e che riporta la data del 1644.Iniziali, lettere, simboli, testimonianza di un passaggio di merci e commercianti da paesi lontani. E ancora, tal Vincenzo Bianchi che lascia nella seconda metà del XIX secolo una firma in ogni luogo visitato.
Navi veneziane, galee e gondole incise sulla pietra
Splendidi e numerosi sono i graffiti editi delle navi veneziane, galee o cocche o gondole, che ritroviamo soprattutto sul portale della Scuola Grande di San Marco, accanto all’Ospedale civile, ma anche sugli stipiti di porte in zona Rialto: quasi un trattato visuale della marineria veneziana in età moderna, nonché la controversa figura di un omino con il cuore in mano che ha avuto nei secoli diverse interpretazioni. Ancora navi, questa volta inedite, compaiono sulle colonne della Ca’ d’Oro, insieme a due raffigurazioni dei preziosi corni ducali.
La sorpresa: un graffito settecentesco inciso nel vetro
E infine segnaliamo un graffito unico nel suo genere, che ci risulta ancora tutto da studiare: un graffito veramente impensabile, non solo perché si trova all’interno di Palazzo Ducale, sul primo pianerottolo della Scala d’Oro. Ma soprattutto perché non è inciso sulla pietra. E’ stato inciso nel vetro. Un vetro soffiato, incastonato nella magnifica vetrata a piombo che illumina la Scala d’Oro, è stato inciso con un ferro acuminato, probabilmente la punta di un pugnale o di un’arma d’ordinanza. “Alessandro Comelati Scudiere 1731” dice la scritta, tracciata in elegante e raffinata calligrafia.
E pensiamo al probabilmente giovane Alessandro, scudiere, che montava la guardia in Palazzo Ducale: perché ha voluto lasciare quella testimonianza del suo passaggio? Solo per la noia dei lunghi turni di guardia? Per l’orgoglio di essere stato promosso a quell’incarico? E chissà se pensava che il fragile vetro che egli incideva col suo ferro, avrebbe scavalcato i secoli, e ci avrebbe parlato ancora oggi del tempo in cui nelle auguste stanze alle quali lui faceva guardia d’onore, il Doge e il Senato Veneto governavano uno Stato che andava da Bergamo all’Egeo. Del tempo in cui sulla facciata del Palazzo garriva il gonfalone veneziano e una galea da guerra era sempre ormeggiata in Riva.