12 Dicembre 2024
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Hong Kong, arrestato Jimmy Lai editore simbolo della protesta contro il regime cinese

Hong Kong, la repressione di Pechino contro le rivendicazioni di autonomia dell’ex colonia britannica fanno un salto di qualità.

Lunedì 10 agosto, per la prima volta, la polizia cinese ha avviato una massiccia ed esplicita operazione contro la libertà di stampa: Jimmy Lai Chee-Ying, 72 anni, magnate dell’editoria di Hong Kong, è stato arrestato.

Cento agenti, blitz contro Apple Daily

Oltre cento agenti hanno fatto irruzione nella redazione di Apple Daily, il tabloid edito da Next Digital, la società di Jimmy Lai, apertamente schierato a fianco delle proteste democratiche contro il regime dittatoriale instaurato da Pechino, in violazione dei patti internazionali con la Gran Bretagna.

Con quei patti, la Cina aveva garantito che Hong Kong, anche dopo il passaggio alla Repubblica popolare, avrebbe mantenuto l’autonomia e i diritti democratici dei quali i cittadini di Hong Kong avevano goduto sotto il governo britannico.

Il bavaglio del regime cinese alla libera stampa

Le accuse a Jimmy Lai e ai giornalisti dell’Apple Daily sono di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale, in vigore da luglio, sulla base della quale Pechino ha già portato in carcere centinaia di attivisti della protesta democratica, ma che non era finora mai stata utilizzata contro la libera stampa.

“Banda dei quattro”, le accuse del regime

La stretta del regime cinese contro Jimmy Lai e la libertà di stampa a Hong Kong era stata preparata da tempo: da giorni i giornali di regime cinesi avevano attaccato l’editore di Apple Daily, accusandolo di far parte della “banda dei quattro” che sarebbe in azione a Hong Kong.

Accuse fantasiose, sul modello della Banda dei Quattro condannata dopo la morte di Mao con l’accusa di aver tentato di “sovvertire” il regime comunista e di essersi arricchita con frodi e tangenti. Anche l’accusa a carico di Jemmy Lai è di sovversione e di frode.

Elezioni rinviate con la scusa del Covid

A Hong Kong le elezioni politiche, nelle quali era prevista una schiacciante vittoria del fronte democratico, sono state rinviate dal regime di Pechino, con la scusa di “precauzioni sanitarie” per evitare la diffusione dell’epidemia Covid-19.

 

 

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