La stampa esiste perché è esistito Gutenberg; la moderna tipografia, e il libro come lo intendiamo oggi, esiste perché è esistito Aldo Pio Manuzio, il perfezionista, l’uomo dell’edizione “tascabile”.
Aldo Pio Manùzio detto “Aldo il vecchio”, nato a Bassiano di Velletri, nel 1452 per il figlio Paolo, sette anni dopo secondo il nipote Aldo, e morto a Venezia il 6 febbraio 1515. Dopo aver studiato latino e greco a Roma e a Ferrara, nel 1482 si ritirò a Mirandola presso Giovanni Pico (Mirandola 1463 – Firenze 1494), famoso per la prodigiosa memoria e per la grande erudizione che gli valsero il soprannome di “Fenice degli ingegni”).
Il delfino attorcigliato all’ancora
Nel 1483 Aldo Manuzio era a Carpi, istitutore del principe Alberto Pio, che gli concesse poi di aggiungere al suo il nome della famiglia Pio. Aperse in Venezia una stamperia divenuta in breve tempo la più rinomata d’Europa. Adottò per insegna un delfino attorcigliato ad un’ancora, col motto “Festina lente” (“Affrettati lentamente”).
Ad Aldo Pio Manuzio si deve la creazione del carattere inclinato o corsivo, detto “aldino” e fuori d’Italia “italico”. In realtà il Manuzio lo aveva chiamato “cancelleresco”. Iniziò la sua attività a Venezia nel 1494. Il carattere “aldino”, inciso da Francesco Griffi da Bologna, servì, nel 1501, a stampare il “Virgilio”, con cui Manùzio creava il prototipo del libro moderno.
L’Accademia Veneta
Per l’accuratezza filologica e la bellezza grafica dei suoi prodotti, per il suo spirito
d’iniziativa, Manuzio è ritenuto il più grande tipografo del suo tempo e il primo editore in senso moderno. Nel 1502 fondò l’Accademia Veneta, che raccolse studiosi greci e italiani e fu strumento efficace per la diffusione dell’ellenismo di cui Manuzio è ritenuto a ragione uno dei primi e certo il più grande propulsore.
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Dal 1508 gli fu socio il suocero Andrea Torresani da Asolo. Ricordiamo che aveva creato i primi libri tascabili, piccoli, leggeri, economici e privi di commento, su suggerimento del cardinale e letterato Pietro Bembo (Venezia 1470– Roma 1547); infatti mise in commercio nuove edizioni portatili, definite nel catalogo del 1503 “libelli portatiles in formam enchiridii”, volte non tanto ad abbassare i prezzi e a diffondere il libro popolare, quanto a favorire un uso diverso del libro, meno legato allo spazio dello studio, in direzione piuttosto di un ampliamento del pubblico non necessariamente costituito da letterati di professione, favorendo così nuove pratiche di lettura.
I classici formato tascabile
Merito del Manuzio non fu peraltro quello di aver utilizzato per primo il formato in 8°, già in uso da tempo per la stampa di testi religiosi e devozionali, quanto di averlo destinato alla produzione dei classici. Anche l’eliminazione dei commenti serviva a non distogliere i lettori dalla concentrazione sul testo, evitando condizionamenti pedanti.
La punteggiatura
Manuzio impiegò per primo quella che diverrà la definitiva sistemazione della punteggiatura (il punto, la virgola, il punto e virgola, l’accento e l’apostrofo vengono usati, per la prima volta, nella loro forma odierna), fu il primo ad editare il libro con la numerazione delle pagine su entrambi i lati (fronteretro), e fu anche il primo a pubblicare il catalogo delle proprie edizioni che arrivò a comprendere in totale oltre 130 opere.
Il punto e virgola e l’apostrofo gli furono suggeriti da un membro della sua Accademia Aldina: l’amico Pietro Bembo. Alla morte di Aldo, l’attività editoriale poteva contare su un metodo ormai sicuro e unitario nella composizione del libro, a cui aveva aggiunto gli “errata corrige” e soprattutto gli indici alfabetici finali. L’invenzione dell’indice è in effetti alla base della bibliografia e della biblioteconomia dell’età moderna.
La tipografia Manuzio a Venezia
La tipografia di Manuzio era a Venezia in rio terà Secondo, a due passi da Campo Sant’Agostin, nel sestiere di San Polo. Dal Canal Grande si arriva alla casa di Aldo Manuzio accedendo al Rio di San Polo, che in quel punto costeggia il bel Palazzo Barbarigo della Terrazza, poco distante a sua volta da Casa Manuzio.
È la tradizione che ha voluto identificare quel palazzo come sede della tipografia. Per altri studiosi, con ogni probabilità la stamperia di Aldo Manuzio si trovava proprio in Campo Sant’Agostin, vicino alla chiesa, vicino a quell’edificio che ospita il fornaio di Sant’Agostin. Sarebbe stato quello il luogo dove apporre la lapide. Anzi le lapidi: sono due, una posta nel 1828 dall’abate Vincenzo Zenier, l’altra posta nel 1877 dagli studenti di lettere greche
dell’Università di Padova.
Casa Manuzio
Casa Manuzio è nel sestiere di San Polo, in rio terà Secondo: è la casa che reca i numeri civici 2309, 2310 e 2311, come ricorda una lapide sull’edificio, a fianco del n. 2311: “Manucia gens eruditor nem. ignota hoc loci arte tipographica excelluit” (“La famiglia Manuzio, divulgatrice (letteralmente: divulgatore) nota a tutti (letteralmente: a nessuno sconosciuta; nem. = nemini) in questo luogo eccelse nell’arte tipografica”).
Per altri studiosi, è invece corretta un’altra lapide che indica il luogo da cui i tre Manuzio “diffusero nuova luce di civile sapienza” e che si trova nel sestiere di San Marco, vicino a campo Manin (già campo San Paternian), in rio terà San Paternian, a fianco del numero civico 4218: qui sarebbe stato lo Studio dei famosi tipografi, definiti “Manuzi prìncipi dell’arte della stampa”; su quell’area, in seguito, venne edificata la Cassa di Risparmio di Venezia che fece porre la lapide in questione nel 1881.
Nella biblioteca del Canova
Nella Biblioteca Civica di Bassano del Grappa si conserva una rarissima copia della “Hypnerotomachia Poliphili” stampata a Venezia nel 1499 da Aldo Pio Manuzio; è considerata il capolavoro tipografico del Manuzio. Questo esemplare faceva parte
della biblioteca personale del grande scultore Antonio Canova.
A Venezia, Aldo Pio Manuzio è ricordato da un busto in marmo di Gaetano Zennaro (scultore nato a Chioggia) del 1862-63, dono dei tipografi Giuseppe e Antonio Antonelli, che si trova nel Pantheon Veneto di Palazzo Loredan, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, in Campo Santo Stefano.
Il figlio Paolo Manuzio
L’opera di Aldo Pio Manuzio venne continuata da suo figlio Paolo Manuzio, nato nel 1512 a Venezia e morto a Roma nel 1574. Paolo studiò lettere all’Università di Padova e nel 1561 fu chiamato a Roma da papa Pio IV per istituire la Tipografia Vaticana, che alla fine del 1563 passò in proprietà del comune di Roma. Fu sepolto nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma.
Il nipote Aldo Manuzio il Giovane
Il figlio di Paolo, Aldo Manuzio, detto “il giovane” per distinguerlo dal nonno, nacque a Venezia nel 1547. Fu insegnante di eloquenza e di letteratura a Venezia; insegnante di retorica a Bologna, di eloquenza e letteratura a Pisa e poi a Roma. Anch’egli continuò la tradizione della famiglia e pubblicò “Ortographiae ratio”, opera intesa a stabilire regole precise per l’ortografia della lingua latina.
Raccolse una biblioteca privata di oltre 80.000 volumi. Per incarico di papa Clemente VIII diresse la Tipografia Vaticana dal 1590 fino alla morte. Secondo Nicolò Comnéno Papadòpoli fu anche docente di diritto canonico all’Università di Padova e preside della Facoltà dei Giuristi nel 1708), avrebbe studiato all’Università di Padova fino all’età di ventidue anni: in effetti risulta aver studiato diritto a Padova dall’Autunno 1568, ma senza poter completare gli studi.
Il matrimonio Giunta
Una curiosità: Aldo Manuzio il Giovane era imparentato anche con un’altra famosa famiglia di tipografi; infatti nel 1572 aveva sposato Francesca Lucrezia Giunti (o Giunta), figlia di Bernardo e appartenente alla celebre famiglia di tipografi ed editori fiorentini fondata a Firenze nel 1497 da Filippo (Firenze 1450 – 1517) che era in gara coi Manuzio e che ebbe come collaboratore il figlio Bernardo (Firenze 1487 – 1551).
Luca Antonio Giunta (Firenze 1457 – Venezia 1538), fratello di Filippo, trasferitosi a Venezia nel 1480, fondò nello stesso anno la casa editrice Giunta di Venezia, in gara coi Manuzio; la sua opera venne continuata da suo figlio Tomaso (o Tommaso) (Venezia 1494 – 1566) che poi si associò il fratello Gioan Maria, il cui figlio Luca-Antonio il Giovane proseguì l’attività. Su ulteriori successioni non esiste che qualche notizia frammentaria. Tomaso si firmava “Eredi di L. A. Giunta”. La casa Giunta di Venezia fu attiva fino al 1670.
La stampa nella Serenissima
Nei territori della Serenissima la stampa si diffuse subito e velocemente: nel 1469
a Venezia; nel 1471 a Padova, Treviso e Verona; nel 1474 a Vicenza; nel 1475 a Piove di Sacco; nel 1484 a Udine.
I tre Manuzio sono ricordati anche a Padova, da tre medaglioni a bassorilievo in marmo (Aldo il vecchio inv. 389; Paolo inv. 56; Aldo il giovane inv. 57) di inizio sec. XVIII, opera della bottega di Giovanni Bonazza (Venezia 1654 – Padova 1736) al primo piano dei Musei Civici agli Eremitani, in piazza Eremitani n.8; proviene dal “Museo Varesiano” del monastero dei canonici regolari lateranensi di San Giovanni di Verdara, agli attuali nn. 115 – 123 dell’omonima via. Il monastero fu soppresso con decreto del Senato Veneto nel 1783 e la serie dei medaglioni, dopo aver fatto parte della collezione Antonio Piazza (Padova? 1772 – Padova 1844; notaio), dal 1856 divenne proprietà del Museo Civico.
Giulio Bertaggia