Com’era bello il Risorgimento che ci insegnarono a scuola! Com’era bello, pulito, nobile! Come parlava di libertà, di eroi, di grandi ideali, di popoli in festa che inneggiavano all’Italia finalmente unita!
Solo che non era vero niente: il volto vero del Risorgimento è il massacro di Auletta, è la cavalleria mercenaria di Garibaldi, la sporca guerra di conquista condotta dai Savoia, condotta con tutti i mezzi, senza regole, contro le popolazioni degli antichi Stati.
Il volto vero del Risorgimento
Il volto vero del Risorgimento ce lo raccontano i plebisciti-truffa, ce lo raccontano le decorazioni al valor militare dei soldati veneti che per terra e per mare combatterono lealmente e vittoriosamente per l’Impero d’Asburgo, contro l’esercito italiano e contro la flotta italiana, nella grande battaglia di Lissa.
Il volto vero del Risorgimento ce lo racconta il forte di Fenestrelle, dove vennero mandati a morire di freddo e di stenti i soldati borbonici colpevoli unicamente di essere fedeli al loro legittimo Re.
Il massacro di Auletta
Il volto vero del Risorgimento, in questi giorni di fine luglio dell’anno 1861, ce lo dice il massacro di Auletta. Non ce l’hanno mai raccontato a scuola, vero?
Perché Auletta è un antico paese del Salernitano, che tra il 27 e il 29 luglio 1861 – pochi mesi dopo la proclamazione del Regno d’Italia – insorse contro Garibaldi e contro re Vittorio Emanuele II.
La popolazione fedele ai Borboni
Auletta era stata, l’anno prima, per qualche tempo, sede del quartier generale di Garibaldi. Ma la gente di Auletta era fedele ai Borboni. E così nel luglio 1861 la popolazione – che non arrivava a tremila persone – accolse festante l’ingresso in paese di una colonna di soldati fedeli ai Borbone. Nel palazzo comunale diede alle fiamme i ritratti di Garibaldi e del “re straniero” Vittorio Emanuele II, e innalzò la bandiera del Regno delle Due Sicilie. E infine, pacifica e disciplinata, si recò nel Duomo per un Te Deum, invocando il ritorno dell’amato e legittimo sovrano.
La liberazione di Auletta non durò molto. Il generale Enrico Cialdini, al quale i Savoia avevano affidato l’incarico di reprimere le rivolte nel Meridione, inviò prima un drappello di Carabinieri, che furono respinti.
I mercenari di Garibaldi, liberatori d’Italia
Allora Cialdini inviò ad Auletta un intero reggimento di Bersaglieri e una compagnia della famigerata Legione Ungherese, l’unità di cavalleria istituita da Giuseppe Garibaldi l’anno prima. E da non confondersi con i volontari ungheresi che, nel 1848, presero parte alla difesa di Venezia durante l’epopea di Daniele Manin e della Repubblica Veneta.
La Legione ungherese di Garibaldi era costituita da mercenari: anche questo non ci hanno raccontato a scuola, vero? Mercenari al fianco dei Mille! Mercenari magiari inquadrati tra i garibaldini, tra i “liberatori” d’Italia, con il compito di stroncare la resistenza che i “liberatori” incontravano tra la popolazione, e poi di schiacciare nel sangue la rivolta dei civili e militari leali ai Borbone, che la propaganda dei vincitori battezzò brigantaggio. E i mercenari ungheresi svolsero questo compito con una ferocia esemplare.
Fedeli al loro legittimo Re
Ad Auletta, naturalmente, non c’erano briganti. C’erano solo soldati fedeli al loro legittimo Re, e c’era un’intera popolazione civile che voleva pacificamente tornare a vivere sotto i Borbone. E si radunava in chiesa, a pregare per il proprio sovrano.
I Bersaglieri e la cavalleria magiara di Garibaldi, entrati in Auletta il 30 luglio, ebbero facilmente ragione delle poche decine di soldati borbonici. Ma non si fermarono a questo. Sopraffatti i militari fedeli ai Borbone, i soldati dei Savoia si accanirono contro la popolazione civile di Auletta. Saccheggi, stupri, case depredate e messe a fuoco, donne uomini e bambini inseguiti, pestati a sangue, uccisi dentro le loro case.
La ferocia dell’esercito italiano
Le vittime della ferocia dell’esercito italiano e garibaldino, massacrate senza pietà, furono tra le 45 e le 130, gli storici sono discordi. Per i Savoia, si trattò di pochi “briganti” uccisi.
Tra questi, il buon parroco don Giuseppe Picciarelli, pestato a sangue e barbaramente ucciso in piazza dagli unificatori d’Italia, gli eroi a cui dedichiamo ancora strade e monumenti.
Don Picciarelli, il parroco martire
Don Giuseppe Picciarelli, il parroco colpevole di aver celebrato il Te Deum per i Borbone, aveva superato i settant’anni. Fu trascinato nella piazza del paese insieme agli altri quattro sacerdoti di Auletta. Tutti furono pestati a sangue, umiliati, presi a calci e pugni. Poi, di fronte alla popolazione atterrita, vennero fatti inginocchiare davanti al Tricolore e fu loro imposto di inchinarsi e onorare la bandiera.
Don Giuseppe Picciarelli, che aveva sopportato in silenzio le percosse, alla richiesta di inchinarsi davanti alla bandiera dello Stato occupante, rifiutò e tentò di alzarsi. Un ufficiale lo colpì col calcio del fucile, alla testa. Il vecchio sacerdote crollò a terra, ma il militare sollevò il fucile come una clava e lo colpì di nuovo alla testa, e ancora, e ancora, fino a ucciderlo.
Duecento condannati
Questi erano i liberatori del Meridione, questo era l’esercito che ha unito l’Italia. La popolazione di Auletta, poco più di 2.500 persone, fu decimata. Oltre alle 130 vittime nel giorno del saccheggio, ci furono i condannati: più di duecento uomini di Auletta vennero arrestati, picchiati crudelmente, rinchiusi nel carcere di Salerno con l’accusa di rivolta e cospirazione, reati da pena di morte. Alcuni uscirono di galera dopo due anni. Molti non tornarono mai.
Sui martiri di Auletta è calato, dal 1861, il silenzio più totale. Un senatore del Regno, il Duca di Maddaloni, protestò nel Parlamento sabaudo, chiese una commissione d’inchiesta sui crimini dell’esercito italiano ad Auletta. Fu zittito, non se ne fece nulla. La storia ufficiale, i libri scolastici, non fanno, neppure oggi, parola del massacro.
Soltanto nel 2006, cioè ben 145 anni dopo i fatti, ad Auletta è comparsa una lapide che ricorda la strage. Ma in quella lapide, non c’è una parola a dire chi furono i responsabili di quella strage. Il mito del Risorgimento, la maxi-fake sulla quale è fondata l’unità d’Italia, non può essere infangato, neppure dalla verità. Quella di Auletta resta, ufficialmente, una strage di nessuno.