12 Dicembre 2024
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Ilves Parpinello, l’indipendentista veneto non vaccinato morto di Covid: come è stato curato?

Virginio Parpinello, detto Ilves, e con questo soprannome conosciutissimo e molto amato nella Vittorio Veneto dove abitava e nel vasto mondo degli indipendentisti veneti, muore di Covid – e solo di Covid, era sano come un pesce – nei suoi splendidi e attivissimi 65 anni.

Non aveva voluto vaccinarsi.

Virginio Parpinello detto Ilves

“Mio papà – ha riferito il figlio Davide – il 9 agosto, dopo qualche giorno di febbre, si era sottoposto al tampone: positivo. Così pure mia mamma. Dopo pochi giorni, con la saturazione ormai scesa al valore di 80%, lo abbiamo portato in pronto soccorso che lo ha ricoverato a Treviso dove, una settimana dopo, è stato trasferito in terapia intensiva”. E dove, poi, è morto.

Quali cure precoci ha avuto Ilves?

Il figlio invita tutti a “non fare come mio padre” e a “vaccinarsi tutti“. E fa bene, è giusto, è umano che parli così.

Ma noi vorremmo, compatibilmente con la riservatezza doverosa in questi eventi tragici, vorremmo sapere che tipo di “cure precoci a domicilio” ha avuto Ilves Parpinello, prima che la situazione si aggravasse, prima del suo accesso al pronto soccorso.

Ilves curato dalla medicina ufficiale

Chiariamo subito che Ilves Parpinello, come paziente Covid, non si è affatto affidato a medici “no vax” come potrebbe far pensare il titolo del Gazzettino del 6 settembre. Può ben darsi che la scelta di non vaccinarsi sia maturata in lui anche grazie alle esperienze di medici come Szumski. Ma come paziente Covid, Ilves si è affidato alla medicina ufficiale: la sua morte non è un fallimento della “cura Szumski”.

Il Gazzettino e il “punto di riferimento”

L’equivoco è stato alimentato anche dal Gazzettino, che il 6 settembre 2021 ha pubblicato un articolo il cui titolo potrebbe far pensare il contrario: “Si affida al medico no-vax, finisce in terapia intensiva“.

Nell’articolo si si afferma che Ilves Parpinello aveva scelto come proprio “punto di riferimento” il dottor Riccardo Szumski, sindaco indipendentista di Santa Lucia di Piave e medico di cui sono note le posizioni critiche sui protocolli ministeriali di cura del Covid e anche sui vaccini “sperimentati sulla pelle della gente”.

Il Gazzettino 6 settembre 2021

 

Non è stato curato da Szumski

Che Parpinello vedesse in Szumski un punto di riferimento, è certamente vero. Che anche quella fiducia fosse tra gli argomenti che lo convinsero a non vaccinarsi, è possibile. Che alle prime febbri, abbia pensato a chiamare l’ambulatorio di Szumski, è probabile.

Ma sapete, persino il dottor Szumski, qualche giorno all’anno, va in ferie. Motivo per cui le chiamate di Parpinello non gli sono arrivate se non troppo tardi, quando Parpinello era già ricoverato in ospedale e il male era già in fase avanzata, troppo avanzata per poter applicare la “terapia domiciliare precoce” a base di antinfiammatori, che il dottor Szumski e centinaia di medici in Italia applicano con successo ma che deve essere iniziata ai primissimi sintomi e non quando il morbo si è già diffuso.

Il post di Riccardo Szumski ce smentisce di aver curato lui Parpinello e anche l’altro caso citato negli articoli sulla stampa locale

Curato dalla scienza medica “ufficiale”

Ilves Parpinello, non riuscendo a reperire Szumski, si è quindi affidato ad altri medici. Come paziente Covid Ilves Parpinello non è stato curato da Szumski o da medici “no-vax”, bensì da medici assolutamente “sì-vax”, ed è stato curato secondo i protocolli della “scienza medica ufficiale“.

La domanda

E appunto per questo sorge spontanea una domanda. Una domanda che ribalta la responsabilità, fino a chiedersi: se Parpinello avesse potuto davvero affidarsi ai medici come Szumski, ai medici della “terapia domiciliare precoce“, non avremmo forse avuto un esito diverso? Questo non lo sapremo mai con certezza: ma la domanda resta.

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E la domanda è: ai primi sintomi Covid-compatibili, quando aveva solo febbre, e poi quando il 9 agosto è risultato, lui insieme alla moglie, positivo al tampone, Ilves è stato subito curato con una terapia domiciliare prontamente attiva contro il virus, con antinfiammatori o con altri medicinali che hanno tentato di contrastare attivamente l’espandersi del male nel suo organismo?

Tachipirina, Brufen e vigile attesa?

Oppure, come purtroppo avviene ancor oggi in molti casi, anche a Ilves Parpinello è stata prescritta pari pari la non-cura del protocollo Speranza, la famigerata “tachipirina e vigile attesa”, e tutt’al più qualche analgesico come il Brufen per lenire i dolori?

Noi non siamo no-vax. E non lo era neppure Ilves, che aveva sempre fatto tutti i vaccini, tranne questo, sul quale evidentemente nutriva dei dubbi, come del resto molti medici.

Noi abbiamo, nella scienza e negli scienziati, e persino nei politici che ci governano, soprattutto nei politici veneti, la fiducia che riponiamo, fino a prova contraria, in tutti gli umani e in tutti gli esperti – dall’idraulico al chirurgo – cui ci rivolgiamo nella nostra vita.

Non ha voluto vaccinarsi? Peggio per lui

Ma proprio per questo non possiamo accettare neppure il dubbio, neppure l’eventualità, che un uomo sano di 65 anni, vaccinato o non vaccinato che sia, venga abbandonato alla propria sorte, alla cavalcata del virus, alla roulette russa. Ilves e la moglie, entrambi non vaccinati per loro libera scelta, sono stati contagiati entrambi. Lei ce l’ha fatta, lui no.

Non possiamo accettare la cronaca facile dei giornali, il loro trattare come “exemplum” i morti di Covid non vaccinati, il liquidarne la morte come per dire: “avete visto? non ha voluto vaccinarsi, peggio per lui”. Praticamente, un suicidio, un “suicidio eventuale”: conseguenza inevitabile della scelta di non vaccinarsi.

Cosa è stato fatto per lui, prima del ricovero?

Frasi che leggiamo sui giornali, “Quando lo hanno ricoverato, non c’era più nulla da fare”, non vorremmo più leggerle. Quello che ci interessa, quello che abbiamo diritto di sapere, è cosa c’era da fare prima, cosa è stato fatto per Ilves prima del ricovero, nei primissimi giorni, immediatamente dopo la denuncia dei primi sintomi, prima ancora del tampone.

L’informazione che vogliamo

Noi vorremmo sapere, di Parpinello e anche degli altri morti di Covid e solo di Covid, noi vorremmo sapere  come sono stati curati. L’informazione che vogliamo non è un’informazione che si limiti a dirci se erano vaccinati o non vaccinati, e che lasci intendere che se non erano vaccinati, la partita era persa.

Noi vorremmo sapere se la medicina “ufficiale”, alla quale anche Ilves si è rivolto nel momento decisivo, ha almeno tentato una cura, ha tentato di contrastare immediatamente l’avanzata del virus, oppure ha semplicemente atteso gli sviluppi, ha aspettato di vedere cosa succedeva.

Questa è fiducia nei medici

Vorremmo sapere questo non per fare campagna no-vax, ma proprio perché abbiamo fiducia nella scienza e nei medici, in tutti i medici e nel sistema sanitario veneto. Perché la scienza medica non è un protocollo ministeriale. E’ un sapiente che valuta liberamente cosa sia meglio per me, è un uomo che mi incontra e fa tutto ciò che è in suo potere per salvarmi la vita, che io sia bello o brutto, bianco o nero, vaccinato o no.

 

 

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