La vittoria di Giorgia Meloni alle ultime elezioni politiche ha portato anche un notevole cambiamento del linguaggio nel mondo della politica, in particolare sull’utilizzo del termine “nazione” al posto di “paese” o di “stato”; un concetto che prima era utilizzato quasi esclusivamente dalla destra adesso sta rapidamente diventando di uso comune: tutto legittimo, per carità.
Ma è davvero esistita ed esiste una nazione chiamata Italia? Dobbiamo accettare come dogma di fede tale definizione?
Che cos’è la nazione
La mia domanda è sicuramente provocatoria, anche perché il dibattito, il confronto su questi temi e sulla differenza fra il concetto di stato e quello di nazione è pressoché nullo. Vediamo allora di cercare di razionalizzare il ragionamento.
Aldo Gabrielli nel suo dizionario definisce la nazione come “complesso di individui avente una origine comune, spesso comuni la lingua, la storia, la religione, i costumi, sia esso o non politicamente unito”. E già qui nascono le prime perplessità …
Veneti e tirolesi, sardi e siciliani…
Che cosa ho io veneto in comune con un tirolese di Sterzing/Vipiteno, con un valdostano di Courmayeur, con un sardo di Decimomannu, con un siciliano di Canicattì, con uno stesso romano de Roma ?
L’origine? Non mi pare. La storia? Non se ne parla nemmeno, i costumi lo stesso, la lingua ? Ecco, da un po’ di tempo parliamo la stessa lingua veicolare, l’italiano (io comunque penso sempre in veneto e, quasi sempre, parlo in veneto).
1861: parlano italiano otto su mille
Ma anche qui fa pensare che nel 1861, quando fu compiuto il primo censimento nel Regno d’Italia (il Veneto non era ancora stato annesso) , “gli italofoni (cioè coloro in grado di esprimersi in italiano) erano, fatta eccezione di Roma e della Toscana, l’8 per mille della popolazione, vale a dire 160 mila individui dispersi in una massa di 20 milioni di abitanti” (Tullio de Mauro – Storia linguistica dell’Italia unita).
E questo la dice lunga sul processo forzato di italianizzazione, di standardizzazione, di massificazione che è stato portato avanti dall’unità d’Italia, distruggendo un patrimonio di lingue, costumi, tradizioni forse unico in Europa.
L’Italia è uno stato, non è una nazione
Queste considerazioni portano ad una conclusione molto semplice (molto modesta e molto personale, se si vuole): l’Italia non è una nazione ed è invece uno stato sovranazionale, all’interno del quale vivono vari popoli (veneto, sardo, siciliano, sudtirolese ecc.).
Sovranazionale come Gran Bretagna e Spagna
Stato sovranazionale come la Gran Bretagna (dove troviamo inglesi, scozzesi, gallesi ecc.), Spagna (dove troviamo catalani, baschi, galleghi, ecc.): ed è particolarmente interessante quanto emerge dalla costituzione spagnola nel cui preambolo si sancisce l’impegno a “proteggere tutti gli spagnoli e i popoli di Spagna nell’esercizio dei diritti umani, le loro culture e tradizioni, lingue e istituzioni” e nell’art. 2 “riconosce e garantisce il diritto all’autonomia delle nazionalità e delle regioni che le compongono e alla solidarietà fra tutte loro” (sottolineo, si parla di popoli, di lingue, di nazionalità).
Il crollo dello stato-nazione
Né va dimenticato come con il crollo del muro di Berlino, si sia progressivamente sgretolato un altro muro, di origine giacobina, il concetto di “stato-nazione“.
Un concetto equivoco sul quale, soprattutto in Italia, c’è stata da parte della cultura dominante la volontà di non uscire dall’equivoco.
Nazionalismo fascista e nazionalismo di sinistra
Un concetto, quello di nazione, che ha trovato specialmente nel periodo fascista l’attuazione più dura e sistematica, che si riassumeva e si riassume con “un popolo, una lingua, una storia, una bandiera”: un motto che dopo mezzo secolo è stato fatto proprio dalla cultura di sinistra con la nascita di un “nazionalismo di sinistra” del quale avremmo fatto volentieri a meno.
E’ tempo di superare tale concetto antistorico sostituendolo con “più popoli, più lingue, più bandiere, più identità all’interno dello stato italiano“.
Veneto, Scozia, Catalunya: nazioni storiche europee
E’ tempo di rendersi conto che la ruota della storia va verso il riconoscimento dei popoli, delle “nazioni storiche europee” come il Veneto, basti pensare a quanto sta accadendo in tante parti dell’Europa, dalla Scozia alla Catalunya, dalla Corsica al Galles.
E l’autonomia del Veneto, che tutti ci assicurano andrà finalmente in porto, deve prevedere anche il riconoscimento delle nostre specificità culturali, storiche, linguistiche.
Ettore Beggiato