Melegnano non è una semplice periferia di Milano. E’ una cittadina alle porte di Milano, ma con una sua identità, un suo vasto centro storico, il Castello, e una sua propria, antica individualità, con una sua grande storia e le sue tradizioni (una tra tutte quella del Perdono di Melegnano), alle quali gli abitanti tengono moltissimo.
La Battaglia dei Giganti
Un episodio importante della storia di Melegnano è stato scritto dalla Repubblica di San Marco: da queste parti infatti ogni anno si rievoca la celebre Battaglia dei Giganti nella quale – settembre 1515 – l’arrivo della cavalleria veneta di Bartolomeo d’Alviano, alleata con i francesi, capovolse l’esito dello scontro e inflisse al Ducato di Milano e all’esercito svizzero, fino ad allora invitto, una sconfitta epocale. Le forze milanesi e svizzere furono annientate: l’ormai secolare neutralità svizzera nasce proprio da quella terribile battaglia. Ancor oggi sacelli e chiese nella campagna circostante, tra Melegnano e San Giuliano Milanese, conservano le ossa dei Caduti e ogni anno una delegazione ufficiale viene dalla Svizzera ad onorarli.
Il palazzo veneziano di Melegnano
Nel centro storico di Melegnano, in quella che una volta si chiamava Piassa Granda e oggi si intitola Piazza Risorgimento, fa bella mostra di sè un elegante palazzetto in stile veneziano, con le sue finestre moresche, le lesene decorate, le splendide trifore, i portali in pietra intagliati all’uso veneziano. E soprattutto, con un monumentale Leone di San Marco onorevolmente inserito nella facciata del palazzo che guarda via Marsala.
Non rintraccio (chiedo venia se mi sbaglio…) il Leone di Melegnano nella fondamentale opera di Alberto Rizzi sui Leoni di San Marco. Eppure la storia che quel Leone ci racconta è degna di essere conosciuta, anche se, ve lo dico subito, non riguarda la Serenissima ma anzi proprio il contrario: quel bellissimo Leone di San Marco è un testimone della propaganda risorgimentale sabauda che mirava all’infausta annessione della Venezia che avvenne nel 1866 con il noto plebiscito truffa.
Lombardia ai Savoia, la Venezia resta austriaca
Era il 1859 quando l’Impero Austroungarico cedette ai Savoia la Lombardia. Ma i Savoia volevano, come si sa, anche Venezia e la Venezia, fresche protagoniste delle rivolte del 1848-49, l’epopea di Daniele Manin e della rinata Repubblica Veneta, che a differenza delle più famose Cinque giornate di Milano, non fu la ribellione di una città ma la ricostituzione di una Repubblica, la sollevazione comune di tante città venete e friulane che volevano non l’unità d’Italia sotto i Savoia ma volevano far risorgere la Repubblica di San Marco libera, sovrana e federata con gli altri Stati della penisola italiana (QUI la testimonianza di Daniele Manin).
Presa la Lombardia ma non ancora la Venezia, rimasta sotto l’Austria, nel Regno dei Savoia proseguiva e si accentuava la propaganda risorgimentale che dipingeva una Venezia “irredenta” e italianissima e alimentava, come in tutti gli Stati della Penisola, il nascente nazionalismo.
La Venezia austriaca e la propaganda sabauda
Tanto “italianissima” era, la Venezia, che i soldati e i marinai veneti, ancora nel 1866, si batterono come leoni, a Custoza e a Lissa, e vinsero, sotto la bandiera dell’Austria, contro le forze italiane. E furono decorati al valor militare dall’Impero d’Asburgo, come ci documenta il libro di Ettore Beggiato sulla battaglia di Lissa.
Ma la propaganda risorgimentale rappresentava un’altra Italia, e lavorava sottotraccia per imporre il mito dell’Italia “irredenta”, che poi avrebbe provocato l’inutile strage della Grande Guerra.
Milano, l’invenzione veneziana
Per sottolineare la mancata “redenzione” del Veneto, e il desiderio dei milanesi di unirsi a Venezia, Milano si inventa “veneziana”: la Porta Orientale venne ribattezzata Porta Venezia. Il Corso di Porta Orientale prese il nome di Corso Venezia, e perfino la colonna di San Babila, con resti senz’ali di un antico Leone veneziano medievale, strappato in qualche fatto d’armi all’esercito della Serenissima – e quindi non certo testimonianza d’amore tra Milano e Venezia – , assunse il significato opposto.
Le Case Veneziane di San Babila a Milano
Era il 1860. Da una parte il Regno dei Savoia, sostenuto dalla massoneria inglese, preparava la spedizione di Garibaldi per la feroce conquista del Sud, e pianificava insurrezioni pilotate e prezzolati tradimenti che l’avrebbero resa possibile. Dall’altra, nel cuore della Milano appena conquistata, celebrava idealmente l’Italia unita, il mito bugiardo dei popoli “calpesti e derisi” che agognavano riunirsi sotto lo scettro dei Savoia: davanti alla chiesa di San Babila, nel 1860 l’architetto Iodani venne incaricato di costruire in stile veneziano due grandi palazzi – uno in stile gotico veneziano, l’altro in stile rinascimentale veneziano – che la gente battezzò “Case Veneziane“. Entrambe avevano, pare nell’entrata, un grande Leone di San Marco.
Le Case Veneziane “salvate” a Melegnano
Le Case Veneziane di San Babila non durarono molto: furono abbattute nel 1939, sotto il Fascismo, per far spazio alla nuova, più vasta Piazza San Babila, e sostituite dal palazzo Donati dell’archistar Giò Ponti. Ma la Casa Veneziana in stile gotico si salvò parzialmente: i fregi, le lesene in stile veneziano, le finestre moresche, le trifore e il grande Leone di San Marco, non vennero distrutti. Furono salvati da un Carlo Rossi, proprietario del palazzo in piazza Risorgimento a Melegnano.
Nel rifacimento del palazzo, avvenuto nel 1940, gli elementi architettonici in stile veneziano e il grande Leone alato, prelevati dalla demolizione delle Case Veneziane, vennero inseriti nelle facciate. Una delle Case Veneziane di San Babila a Milano, volute dalla propaganda risorgimentale per affermare i diritti del nascente Regno d’Italia sulla Venezia, rivive così a Melegnano, e proprio in piazza Risorgimento.