12 Dicembre 2024
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Napoli, c’è speranza: “sospeso” il Tricolore dal palazzo simbolo di Garibaldi

Nel mese di maggio, subito dopo la vittoria matematica dello scudetto conquistato
dalla squadra di calcio del Napoli, passando per il centro della mia città, mi trovo ad
un certo punto davanti a Palazzo Doria d’Angri, un’antica famiglia nobiliare
genovese (i Doria) unita mediante matrimonio con un’altra campana (Angri) e non
vedo più esposta dal balcone, la bandiera italiana ma la bandiera azzurra che
rappresenta la squadra del calcio Napoli ed un emozione di gioia, mista ad
incredulità, mi assale.

Il balcone da cui Garibaldi proclamò l’annessione

Napoli. Palazzo Doria D’Angri, dal quale Garibaldi proclamò l’annessione del Sud al Regno d’Italia Visibile, dal balcone della sala nobile, la bandiera italiana. Foto di Enzo Rippa, licenza CC

Non vedere più il tricolore su quel balcone, dal quale la bandiera italiana sventolava da sempre, ha un grande valore simbolico. Da lì Giuseppe Garibaldi arrivato a Napoli il 7 settembre 1860 con la sua spedizione, proclama l’annessione del Regno delle Due Sicilie allo Stato Sabaudo. Quel balcone rappresenta una storia fatta di tradimenti da svariate parti sociali e tra questi tradimenti ci fu quello della famiglia nobiliare dei Doria d’Angri. Per comprendere meglio questa storia andiamo indietro nel tempo all’ 11 maggio 1855. Re Ferdinando II di Borbone emana un decreto per il “piano di valorizzazione delle campagne” spesso tormentate dalla malaria. Piano avanzatissimo, per favorire lo sviluppo agricolo e diffondere il benessere e l’agiatezza tra i sudditi.

Il piano dei Borbone: terreni ai contadini

Re Ferdinando II di Borbone

Esso si fondava sul concetto innovativo della “bonifica integrale” stabilendo che i proprietari dei terreni bonificati dovevano contribuire alle spese e rimborsare l’aumento del valore dei terreni risanati. Se un terreno paludoso vale 1 una volta bonificato vale 100. La legge inoltre prevedeva la nascita di colonie agricole, attribuendo i terreni direttamente ai contadini, facendo nascere così una classe di piccoli proprietari liberi agricoltori, a partire dall’attribuzione dei terreni demaniali ma prevedeva anche il frazionamento di alcuni latifondi.

I latifondisti con Garibaldi e i Savoia

La famiglia Doria d’Angri proprietari terrieri, falsamente, si mostrava favorevole con il sovrano ma poi in seguito si accordava segretamente con Garibaldi ed i Savoia. Questa riforma ovviamente dava fastidio ai grandi proprietari terrieri e agli speculatori agrari che volevano continuare a sfruttare il lavoro dei contadini e dei braccianti. Gli speculatori avevano sempre sabotato il progetto dei Borbone di frazionare il latifondo e distribuire le terre ai ceti meno abbienti, insieme alle amministrazioni locali da loro controllate.

Progetto già tentato da Ferdinando IV con la prammatica del 23 febbraio 1792 e poi ostacolato prima dalla repubblica napoletana instaurata dai giacobini napoletani che aprirono le porte all’esercito francese e che governarono per 6 mesi nel 1799 da gennaio a giugno e poi dal governo napoleonico che riuscì ad invadere il regno dal 1806 al 1815.

Le promesse (disattese) di Garibaldi

Tornando a ciò che evoca il tricolore su quel palazzo, ubicato in un luogo dove si
congiungono semplicemente due strade che hanno chiamato “piazza 7 settembre”,
Garibaldi che aveva promesso le terre ai contadini, promessa totalmente disattesa, la
domenica del 16 settembre 1860 cancella il decreto di Ferdinando II ratificato poi
dal parlamento italiano nel 1864. Fu tra i primi atti da lui compiuti.

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Le pagine nere

Ma come mai il dittatore dopo soli 9 giorni dall’arrivo in una Napoli gettata nel caos, cancella questo decreto? Lo troviamo scritto nel documento del pro dittatore della Basilicata Giacinto Albini: “sarebbe di necessità politica non disgustarsi la classe dei proprietari che sono pur la forza delle nazioni, che sono stati sostegni veri e principali del movimento che ha portato l’attuale ordine di cose”. Consiglia anche di mettere una pietra sopra i cosiddetti “galantuomini” per i furti fatti ai danni dei contadini. Dopo quel proclama tante cose sono accadute, rappresentando una delle pagine più nere per il nostro territorio, come testimoniano i tanti scritti pubblicati negli ultimi decenni.

E la sostituzione della bandiera ha suscitato in me la gioia anche se solo momentanea, che quel sistema che ci ha imprigionati dopo il 1860 fosse finalmente finito. So che era solo un’ illusione, infatti dopo due mesi il tricolore è stato apposto di nuovo, ma ha anticipato una gioia più grande per il giorno in cui non lo rivedremo mai più.

 

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