21 Febbraio 2025
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Origini. “Rassegna spilimberghese di studi su identità, tradizione e comunità”

Preservare e trasmettere la conoscenza – intesa nella sua accezione di sapere “messo in ordine” all’interno di una coerente visione del mondo – è divenuto imperativo in una società, come quella attuale, dominata da una “ideologia del medesimo” che tutto banalizza e tutto uniforma, a partire dalle identità originarie delle nostre comunità e dai legami millenari tra esse e i luoghi che abitano.

La crisi da sradicamento

Una delle più gravi crisi che ci troviamo ad affrontare, infatti, è data dallo sradicamento che mina alla radice il processo – fino ad poco tempo fa completamento naturale di ogni percorso di civiltà – che attraverso il superamento dell’orizzonte individuale porta a farsi comunità. Una involuzione che, in ultima analisi, mette in discussione il significato stesso del nostro essere nel mondo quale espressione di un dato ethnos.

Tale visione, pur se risultato ultimo di un corpus filosofico tutt’altro che recente, si pone in radicale discontinuità con la prospettiva che ha per secoli innervato la nostra tradizione e in cui si possono riscontrare i tratti più pregnanti della natura dei nostri popoli.

L’aspirazione all’identità naturale

Popoli non a caso visceralmente ancorati al proprio lignaggio, alla propria lingua, al proprio paesaggio. Alla propria “patria carnale”, insomma, capace – per dirla con Marc Augier – di rispondere ad una aspirazione di identità naturale grazie al suo carattere concreto e tangibile distante tanto dai confini ideologici fissati dallo Stato giacobino quanto dal magma indifferenziato proprio del globalismo.

Una heimat che a sua volta non si concepisce come monade a sé stante, ma bensì come il tassello di uno straordinario mosaico di civiltà che lega tra loro le genti europee attraverso una comune origine di stirpe e un comune destino.

Il Centro Studi Millecentoventi

Il recupero di una prospettiva all’interno della quale tali valori identitari e sovraindividuali assumano nuovamente un ruolo privilegiato costituisce l’obiettivo del lavoro culturale che il Centro Studi Millecentoventi ha svolto nel corso dell’ultimo anno e che trova in Origini. Rassegna spilimberghese di studi su identità, tradizione e comunità (Eclettica Edizioni, 2024) il suo ideale completamento.

Gli incontri del Centro

Nelle quasi cento pagine del volume sono condensati i contributi dei relatori intervenuti agli incontri del Centro, ciascuno dei quali rappresenta altrettante declinazioni di una weltanschauung radicata e coerente e fissa su carta una serie di riferimenti utili a orientare la rotta in un mondo che tali riferimenti pare aver inesorabilmente perduto. Riferimenti che – originando in quell’alveo metapolitico che sottende all’agire nel mondo – si possono di conseguenza cogliere in un’ampio spettro di ambiti solo all’apparenza eterogenei.

Nicolò Da Grande e l’opera di Tolkien

A partire dall’opera mitopoietica di Tolkien – qui tratteggiata da Nicolò Dal Grande – che grazie ad un continuo rimando al senso del sacro e al patrimonio epico e folklorico della nostra tradizione ancestrale ci permette di isolare le linee guida di un sistema di valori incentrato su virtù eroiche e cavalleresche (non necessariamente guerriere) in opposizione ad un “regno della quantità” in cui il perimetro entro il quale la società (nel senso di “patto contrattuale” descritto da Ferdinand Tönnies) deve svilupparsi è definito da logiche meramente utilitaristiche.

Fabio Bellani e la Questione Irlandese

Virtù eroiche che si possono ancora scorgere tra il fango e il fumo di un conflitto che lacera (materialmente e simbolicamente) l’Europa da oltre sessant’anni. La Questione Irlandese – come racconta Fabio Bellani – è essenzialmente una questione di identità negate: una identità celtica, cattolica, repubblicana “negata” dallo Stato britannico e una identità unionista, presbiteriana e anglosassone “negata” dal repubblicanesimo.

Due identità che lungi dall’accettare questo annacquamento e smarrirsi nei rivoli della storia sono invece costantemente riaffermate con grande veemenza quale perno attorno a cui definire la propria idea di Stato e di comunità. Un irrompere nella vita quotidiana, quindi, di legami a-temporali (oseremmo dire quasi metafisici) definiti – su entrambi i lati della barricata – proprio da quegli elementi che le élite culturali vorrebbero oggi espungere: sangue, lingua, fede religiosa.

Giovanni Adami e Fiume dannunziana

Le stesse élite (politiche, istituzionali, culturali..) nemiche giurate della Fiume dannunziana capace, con uno slancio vitalistico insuperato, di trascendere gli steccati del conformismo e dell’ortodossia ideologica per dare vita ad una visione nuova in cui far convivere il meglio di ogni eresia di inizio secolo: dal corporativismo al socialismo libertario, dall’anarchismo al nazionalismo, dal sindacalismo rivoluzionario al reducismo.

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Le migliaia di volontari accorsi nella “città di vita” si portarono appresso esperienze e prospettive ideologiche assai eterogenee (quando non antitetiche) convinti che la Reggenza del Carnaro potesse rappresentare un nuovo inizio a livello politico, ma forse ancor di più esistenziale.

Giovanni Adami, nipote dell’Attilio firmatario del Giuramento di Ronchi, attraverso questa epopea ci ricorda come sia possibile ancora oggi forgiare il proprio destino rifiutando lo zeitgeist materialista e utilitarista che ha fatto dell’Occidente del XXI secolo la “landa desolata” del disimpegno e dell’apatia.

Ettore Beggiato e i popoli senza Stato

Un percorso non necessariamente solo individuale, come spiega in maniera suggestiva ed evocativa Ettore Beggiato, dato che anche nel mare magnum dell’universalismo cosmopolita si percepiscono crescenti segnali di risveglio dei popoli senza Stato che – lungi dal fossilizzarsi in stantie riproposizioni di un passato musealizzato – rinnovano le proprie radici ancestrali immergendole quotidianamente nel flusso della Storia.

Un’opera inevitabilmente complessa, ma confortata dalla consapevolezza di poggiare su una base ideale solidissima “perché ci sono delle aspirazioni che vengono prima delle leggi dello Stato, prima delle leggi della Comunità Europea, prima ancora di qualsiasi costituzione. Sono connaturate alla natura stessa dell’essere umano perché ambiscono a completarne la natura più intima. Una di queste è appunto quella a mantenere viva la propria identità e a proseguire il cammino nel solco della cultura, della tradizione e dell’educazione dei padri”.

Ettore Beggiato visto da Ademir Bacca

Marco Scatarzi e l’identità europea

Asublimare questo insieme di “punti cardinali” e a racchiuderlo in un orizzonte di senso organico arr iva la meditazione sull’identità europea offerta da Marco Scatarzi. Partendo dalla ricerca di un atto fondatore e dal rifiuto della “metafisica dell’illimitato”, i nostri popoli hanno definito nel corso dei millenni un ideale etico e spirituale che ha la natura come solco, l’eccellenza come fine e la bellezza come orizzonte. È a questa triade che siamo chiamati oggi a fare riferimento, recuperando una “etica della saldezza” che – attraverso una crescente consapevolezza di sé – indirizzi il vivere quotidiano in funzione di ciò che è in ordine con la nostra civiltà.

Tramandare questo patrimonio non è quindi mera testimonianza. È piuttosto un modo per contribuire a rifondare una visione del mondo che abbia nella comunità – intesa quale dimensione collettiva e comunanza di origine e destino – il suo senso più profondo, ma che sappia anche guardare al futuro consci che il nostro compito non è adorare le ceneri, ma bensì custodire il fuoco e forgiare sempre un nuovo inizio.

per informazioni: centrostudi1120@hotmail.com

MAURO BONVICINI

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