Tanti anni fa, da redattore del Gazzettino, vinsi un premio per il miglior servizio sul tema federalismo e autonomia regionale. Il servizio riguardava le liti in Corte Costituzionale tra Stato e Regioni.
Uno dei ricorsi alla Consulta che raccontai – eravamo a metà degli anni Novanta – riguardava le marmotte. Sì perché il simpatico roditore, abitatore delle nostre montagne, era ed è una specie protetta dalla legislazione italiana.
Sudtirolo, caccia alle marmotte
E tuttavia nelle montagne del Sudtirolo la specie proliferava a dismisura: di orsi e lupi si cominciava appena a parlarne, il progetto era di reintrodurne alcuni pochi esemplari. E intanto la popolazione di marmotte si moltiplicava, tanto che la Provincia Autonoma di Bolzano – presieduta dal grande Luis Durnwalder – promulgò una legge che consentiva la caccia alle marmotte: un abbattimento controllato, un numero di esemplari stabilito in base alla sovrapopolazione rilevata nel territorio.
Apriti cielo: il governo di Roma impugnò la legge provinciale di Bolzano, affermando che la norma altoatesina confliggeva con la legge nazionale, che proibiva la caccia alle marmotte, in quanto specie protetta. Il governo di Roma fece ricorso alla Corte Costituzionale, chiedendo ai giudici l’annullamento della legge provinciale di Bolzano.
La Corte Costituzionale dà ragione a Bolzano
La Corte Costituzionale invece diede ragione a Bolzano. I supremi giudici sentenziarono che la Provincia Autonoma di Bolzano aveva il diritto di regolare la caccia, perché questa materia rientrava tra le competenze della Provincia Autonoma, e nell’ambito di questa regolamentazione poteva anche adottare politiche locali difformi dalla norma nazionale, perché la diffusione delle marmotte non è uniformemente distribuita in tutta Italia.
E quindi, sebbene si tratti di una specie protetta, se in un particolare territorio la popolazione di marmotte risulta oggettivamente eccessiva, è ragionevole che il legislatore provinciale, nell’esercizio della sua autonomia, adotti misure per riportare la popolazione di marmotte ai limiti tollerabili da quel particolare territorio.
Quella legge provinciale è tuttora in vigore in provincia di Bolzano. Ogni anno, viene definito il numero di esemplari che è possibile abbattere, per tenere sotto controllo la popolazione locale di marmotte.
La sentenza: Trento può abbattere orsi e lupi
La Corte Costituzionale non ha mutato orientamento: è di pochi giorni fa una clamorosa sentenza che riconosce alla Provincia Autonoma di Trento il diritto di ordinare l’abbattimento di lupi ed orsi – come ha fatto il presidente del Trentino Maurizio Fugatti – al fine di tutelare anche le altre specie abitatrici del territorio, comprese le pecore, gli asini, le vacche, e perché no, gli umani. Anche in questo caso il conflitto era tra la legge nazionale di tutela di orsi e lupi in quanto specie protette, e una norma “locale” che permetteva l’abbattimento controllato di alcuni esemplari.
E anche in questo caso la Corte Costituzionale ha evidentemente confermato che quando, come nel caso delle Regioni e province autonome, il governo del territorio sia demandato all’ente territoriale, questo ha il diritto di emanare norme particolari, che rispondano alle peculiari esigenze del territorio, anche modulando le tutele previste dalla legge nazionale sulle specie protette.
La chiave di tutto è l’Autonomia
Ancora una volta, la chiave di tutto è l’Autonomia. Trentino e Sudtirolo hanno il diritto di regolare le popolazioni di orsi, lupi, cinghiali, cormorani ed altro, anche derogando a norme nazionali.
Mentre il Veneto “non autonomo” non può farlo, è tenuto ad osservare le norme nazionali anche se la realtà locale, cioè la popolazione di orsi e lupi e cinghiali, è ben diversa e non fa certo temere per la sopravvivenza delle specie protette, bensì di quelle “non protette” come vacche, capre, pecore, asini e umani.
Questione non di soldi ma di responsabilità
E l’Autonomia, in questo caso, si mostra per quella che è: non una questione di soldi, ma una questione di responsabilità, di riconoscimento a un territorio del diritto di governarsi da sè, in base alle proprie peculiari caratteristiche, alle proprie “differenze”.