12 Dicembre 2024
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Padova, l’identità occupata: i nomi storici delle vie sostituiti da Garibaldi e re sabaudi

Spesso si è ricorsi alla prepotenza di cambiare i nomi di vie e piazze, senza chiedere l’opinione della cittadinanza che spesso li aveva scelti per indicare luoghi dell’affetto o della memoria.

La storia sostituita dall’occupante

I nomi che davano una identità spesso unica a questi luoghi, ricordando la storia cittadina, sono stati sostituiti con i nomi di personaggi, eventi e città dell’occupante: un’imposizione di nomi che ha il valore dell’imposizione del marchio a fuoco ai capi di bestiame. Non rispettare il vero nome di un luogo storico significa snaturare quel luogo e cercare di irreggimentarne gli abitanti.

Il potere dei nomi

Dare il nome che vogliamo a una persona, a una cosa, a un luogo ci dà un potere: quello di far vedere quella persona, quella cosa, quel luogo come vogliamo noi.
Nella Bibbia (Genesi, cap. II, vv. 19-20) Dio consente ad Adamo di imporre i nomi agli animali, diventandone così il padrone. Nel diritto degli antichi Romani il padrone imponeva il nome della propria famiglia allo schiavo, che conservava sì anche il proprio nome, ma potendo citarlo e scriverlo solo dopo il nome imposto dal padrone.

Far dimenticare la cultura

Gli invasori da sempre cercano di far dimenticare la cultura del popolo di cui hanno invaso il territorio, facendone sparire le fonti; se non ci riescono, cercano di denigrarla come fosse una cultura inferiore, indegna di essere ricordata e tramandata; se non riesce neanche questo cercano di sminuirne i personaggi che l’hanno rappresentata, il loro contributo e le loro opere come fossero sì validi, ma da non prendere troppo sul serio; se infine non riesce neanche questo, ricorrono al sistema più subdolo: cercare di farli passare per loro connazionali, meritevoli sì, ma solo se li si considera rappresentanti della cultura dell’invasore che talvolta è una cultura artificiale, ottenuta raffazzonando assieme elementi eterogenei delle culture fagocitate.

La prima cosa, cambiare i nomi

Quindi la prima cosa che l’invasore fa è cambiare i nomi dei personaggi storici del popolo sottomesso; ma poiché anche i luoghi ricordano coi loro nomi la vera storia e quindi la vera cultura del territorio illecitamente occupato, l’invasore si precipita a cambiare anche i nomi dei luoghi storici, delle vie, delle piazze, dei palazzi, imponendo i nomi dei personaggi della sua storia: personaggi che spesso non hanno nulla a che spartire con la storia del territorio occupato.

L’abate Gennari: piazza dei Signori, piazza Libertà

Giuseppe Gennari, Lettere Famigliari

L’abate  Giuseppe Gennari (Padova 10 o 13/11/1721 – 31/12/1800), abate, letterato, storico, cronista che con le sue “Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall’anno 1739 all’anno 1800” e il suo testo “La repubblica francese a Padova (28 Aprile 1797 – 20 Gennajo 1798)” fu testimone oculare delle prepotenze, uccisioni e ruberie napoleoniche.  in data 8 Settembre 1797 scrive: “Per cambiar tutto, la nostra città che da tempo immemorabile era divisa in quattro quartieri, ora s’è divisa in cinque rioni. Si segnano ne’ muri i nomi delle contrade, non quali erano anticamente, ma quali loro piacciono. Per es. la piazza dei Signori è nominata Piazza della Libertà ecc., e si annoverano le case. Il ghetto si chiamerà via libera.”

Chi ama il proprio paese rispetta la storia

Giuseppe Gennari, particolare della lapide tombale (Padova, via San Pietro 125). Foto di Giulio Bertaggia

E il commento di un non meglio identificato signore che si firmò “T” nella nota 19 di p. 74 del volume di Gennari è: “Solito malvezzo codesto di voler dare di frego a’ vecchi nomi de’ luoghi, per adulare ogni tanto i santi di un nuovo calendario. In que’ nomi c’è una pagina di storia, la quale va rispettata religiosamente da coloro sovra tutto che professano d’amare il proprio paese. Ripassare l’intonaco sulla storia de’ nostri vecchi per iscriver la nostra, affinché poi i figliuoli operino nella stessa guisa con noi ed i nipoti con loro, e convertire così i monumenti in effemeridi, è ripetere né più né meno il peccato di que’ monaci idioti che stendevano la loro leggenda ascetica sovra la pagina di una civiltà più antica. Una idolatria val l’altra: i palinsesti di pergamena valgono i palinsesti di muro. Il Prato della Valle anche allora aveva mutato nome, e chiamavasi Piazza dell’Eguaglianza.”

Piazza dei Noli diventa Corso Garibaldi

Concordo in pieno: non può dire di amare il proprio paese chi non ne rispetta né la memoria né l’identità. Il vizio è proseguito fino ai giorni nostri. Ad esempio, a Padova, dopo la Seconda Guerra Mondiale venne dato il nome di corso Garibaldi a quella parte di corso del Popolo che va da piazza Garibaldi al ponte del Piòvego (piazza Garibaldi è il nome imposto nel 1886: prima era piazza dei Noli perché da tempo remoto era stazione dei “nolesini”, vetturini pubblici e noleggiatori di carrozze e cavalli; prima ancora, fin dal sec. XVI, era chiamata piazza della Paglia perché vi avveniva il commercio dei fieni e dei foraggi).

Padova. Corso Giuseppe Garibaldi (foto di Raf24~commonswiki, licenza CC)

Corso del Popolo, soprannominato il Rettifilo, si vide assegnare questo nome nel 1906, un anno prima che venissero iniziati i primi scavi, nel 1907; venne terminato nel 1910, dotando Padova della sua terza linea di tram elettrico dopo quella inaugurata il 04/06/1907 (prima nel Veneto) e quella dell’Aprile 1908 che collegava Padova con Pontevigodarzere.

La statua di Garibaldi sfratta la Madonna

Padova. La colonna della Madonna dei Noli, in piazza dei Noli ora piazza Garibaldi (foto di Andrzej Otrębski, licenza CC)

Lasciare il nome “corso del Popolo” a tutto il tratto originale non andava bene? Quando venne imposto il nome di corso Garibaldi al suo tratto meridionale, venne posta qui la statua di Giuseppe Garibaldi, opera in marmo di Carrara del 1886 di Ambrogio Borghi (Nova Milanese 01/10/1848 – Milano 04/05/1887) che prima era nella sunnominata piazza Noli (già della Paglia, oggi Garibaldi): per mettercela, avevano costretto a “sloggiare” la statua in pietra di Costozza della Madonna dei Noli, attribuita a Giovanni Bonazza (Venezia 1654 – Padova 1736), che era là dal 1756, in una nicchia sul lato settentrionale, dove era stata posta dai parrocchiani della scomparsa chiesa di San Matteo Evangelista per servire da freno alla bestemmia e al turpiloquio dominanti nella piazza. La Madonna dei Noli finì “in castigo” dentro la chiesa di Sant’Andrea.

Torna la Madonna, ma la piazza è Garibaldi

Quando nel 1954 la Madonna dei Noli tornò trionfalmente nella piazza che ancora si chiama Garibaldi e posta sulla colonna, come riporta l’iscrizione alla base della colonna stessa, la statua di Garibaldi venne messa davanti all’ingresso dei Giardini pubblici; il commento dei padovani fu: “El Generałe i ło ga messo a téndare i morosi…”.

Via San Matteo? Via Garibaldi!

La succitata chiesa di San Matteo Evangelista era all’attuale n. 16 della attuale via San Fermo. Dico attuale perché quel tratto allora si chiamava via San Matteo; ma, a proposito di imporre nomi nuovi, via San Matteo nell’anno 1900, facendone un tutt’uno con la allora via San Fermo, si vide imporre il nome di … via Garibaldi! Via Garibaldi che a sua volta, dopo la Seconda Guerra Mondiale, fu ribattezzata via San Fermo, inglobando in questo nome anche l’ex via San Matteo.

Non abbiamo niente contro Garibaldi che nel 1849, dopo aver combattuto per l’indipendenza della Repubblica Romana, cercò invano di raggiungere Venezia e combattervi contro gli Asburgo per l’indipendenza della seconda Repubblica Veneta, ma ritengo ossessivo l’abuso del suo cognome da parte di amministratori dotati di scarsa fantasia e scarso rispetto dei propri concittadini.

La napoleonica piazza Eugenia

E il “malvezzo” non si fermò lì! In epoca napoleonica la piazza che anticamente si chiamava piazza del Perònio e poi piazza delle Frutta si vide ribattezzata in piazza Eugenia, recuperando alla fine il nome di piazza delle Frutta.

Piazza Unità d’Italia, piazza Cavour

Padova. Piazza dei Signori ribattezzata Piazza Unità d’Italia nel 1868 e tornata all’antico nome solo dopo la Seconda Guerra Mondiale  (foto di Mister No, licenza CC)

Nel 1868, in epoca sabauda, piazza dei Signori venne ribattezzata piazza Unità d’Italia (ha recuperato il nome piazza dei Signori dopo la Seconda Guerra Mondiale). Nel 1900 via dei Morsari, già contrà Morsari, divenne e purtroppo è rimasta via Cavour e al termine di questa via inizia la piazza che si chiamava piazza delle Legna fino al 1838, poi piazza delle Biade fino al 1888 e oggi è ancora costretta a portare il nome di piazza Cavour: i due primi nomi (quelli veri, voluti dai padovani) sono ricordati dall’iscrizione in marmo del Comune di Padova inserita nel pavimento tra la piazza e la sunnominata via Morsari (dove stranamente dice: “piazza delle Biade fino al 1866”) e il primo nome, piazza delle Legna, è ricordato anche in un’altra iscrizione in marmo del Comune di Padova inserita nel pavimento dalla parte opposta della piazza che ne indica anche i confini fino al 1881.

Via Mentana

Via Rovina (già Rudéna) nel 1900 fu unificata a via Ponte della Morte e si trasformò in via Mentana e ponte Mentana fu il nome imposto a ponte della Morte, riprendendo alla fine il primo nome: via Rudéna (ora c’è un’altra via Mentana, tra via Sorio e via Castelfidardo, a ovest delle mura veneziane).

Prato della Valle? Piazza Vittorio Emanuele II

Padova. La storica Prato della Valle. Ribattezzata d’autorità Grande Piazza Vittorio Emanuele II dopo l’annessione del Veneto (Foto di Geobia, licenza CC)

Nel 1866, ovviamente senza consultare la cittadinanza, volenti o nolenti i Padovani, Prato della Valle si vide imporre il nome di Vittorio Emanuele II; per la precisione, il megalomane nome di Grande Piazza Vittorio Emanuele II che venne poi, il 10/02/1901, “ridimensionato” in Piazza Vittorio Emanuele II. Dopo la Seconda Guerra Mondiale ha giustamente recuperato il suo vero nome: Prato della Valle.

Ancora Vittorio Emanuele II

Sempre nel 1866 borgo Santa Croce fu trasformato in corso Vittorio Emanuele II e mentre il nome nuovo è rimasto, non c’è uno straccio di targa o cartello del Comune di Padova che ricordi il nome vero, quello originale: un caso di “DAMNATIO MEMORIAE” della nostra storia.

Naturalmente venne chiamata barriera Vittorio Emanuele II la barriera aperta il 15/08/1885 per esigenze di viabilità, in fondo a questo corso, subito a sud di piazzale Santa Croce, dove comincia la via che dal 1914 si chiama Felice Cavallotti. Nel 1925 venne aperta una laterale di questo corso (che, ripetiamo, si chiamerebbe borgo Santa Croce): è la prima a destra per chi proviene da Prato della Valle e finisce in via Santa Maria in Vanzo; a questa laterale venne dato il nome di viale Vittorio Emanuele III: 22 anni prima che morisse! È l’attuale via 4 Novembre.

A Grantorto via Vittorio Emanuele… III

E almeno le hanno cambiato nome! Nel Comune di Grantorto, in provincia di Padova, esiste ancora una via Vittorio Emanuele III (terzo!): è una laterale di via Vittorio Emanuele II. Non è un errore nella targa stradale: risulta via Vittorio Emanuele III anche nel sito istituzionale del Comune di Grantorto, alla voce Utilità – Stradario – Vie/Strade p. 3 via VITTORIO EMANUELE TERZO in www.comune.grantorto.pd.it.

Via Umberto I al posto delle Torricelle

Nel 1900 le vie Torricelle (che partiva dall’omonimo ponte) e San Daniele (che sfocia in Prato della Valle) vennero unificate imponendo loro il nome di via Umberto I; e ce l’hanno ancora: personalmente non comprendo l’utilità di ricordare i re da parte di una repubblica, specie se il re in questione è quello che decorò il generale Fiorenzo Bava-Beccaris (Fossano 1831 – Roma 1924) che a Milano, il 09/05/1898, aveva fatto sparare, e pure a cannonate, su una folla inerme che protestava per l’aumento del prezzo del grano e del pane. Vittorio Emanuele III lo nominò anche senatore!

Foro Boario, piazza Ytzhak Rabin

E il “malvezzo” continua anche ai giorni nostri: non ho nulla contro Ytzhak Rabin (Gerusalemme 1922 – Tel Aviv 1995), ma non si poteva intitolargli una delle piazze di Padova nate negli ultimi anni e a cui è stato dato il nome di qualche città d’Italia perché non si sapeva come chiamarle?

C’era proprio bisogno, nel 2011, di ribattezzare “piazza della pace Ytzhak Rabin” quello che tra il 1913 e il 1914 era nato col nome di Foro Boario? Realizzato dal succitato ingegner Alessandro Peretti (Verona 1862 – Padova 1919) come uno dei più moderni edifici di quel periodo, ancora oggi considerato dalla critica uno dei migliori esempi dell’architettura padovana di primo ‘900, comprensivo di servizi veterinari, banca, ufficio telegrafico e postale, sala di trascrizione e lettura e sala di ristorazione, serviva agli scambi commerciali del bestiame.

I Padovani lo chiamano ancora Foro Boario

E ancora adesso i Padovani, secondo il cuore e la memoria, continuano giustamente a chiamarlo Foro Boario nonostante abbia da tempo perso la sua destinazione originaria, ricordata ormai solo dal bassorilievo in pietra sopra l’arco d’ingresso al centro della facciata, intitolato “Scena del mercato”, opera dello scultore Antonio Penello (Padova 1872 – 1950).

Il regime fascista, via Galileo GaliVoi…

Un aneddoto a proposito di cambiare nome alle vie: il regime fascista aveva proibito l’uso del pronome “Lei”, imponendo di sostituirlo con l’uso del pronome “Voi”; una notte, a Padova, in via Galileo Galilei (fino al 1900 via Vignali, già borgo Vignali), delle mani anonime corressero la lapide col nome “via Galileo Galilei” in “via Galileo GaliVoi” …

Potenza dei nomi! Se dite una cosa in francese (balayage), sembra più bella; se la dite in latino (PURGAMENTA), sembra più importante; se la dite in greco antico (σκωρία, leggi “scorìa”), sembra più intelligente. E avete detto sempre: “spazzatura” (in lingua veneta, “scoàssa”).

Giulio Bertaggia

(articolo tratto da: Giulio Bertaggia, “Testimoni del Veneto”)

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