12 Dicembre 2024
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Processo a Cadorna, le accuse di Beggiato. E si scopre che per qualcuno è quasi un santo…

Processo al generale Cadorna: a Valdagno, ieri sera 18 ottobre 2021, va in scena, sotto l’attenta regìa di Alessandro Marzo Magno, autore di numerosi volumi di storia veneta, il confronto tra Ettore Beggiato e Andrea Tirondola sul generalissimo della Grande Guerra.

Di cui molti – il primo fu il grande scrittore Ferdinando Camon – chiedono la rimozione del nome da strade e piazze del Veneto e d’Italia, per le responsabilità che Luigi Cadorna ebbe nel “mandare al macello” centinaia di migliaia di uomini.

Le colpe del generale

Ettore Beggiato elenca le colpe del generale, capo dello stato maggiore nella Prima guerra mondiale fino alla rotta di Caporetto, dopo la quale fu sostituito da Armando Diaz. Dai tristemente celebri assalti suicidi allo scoperto, basati sulla direttiva cadorniana “Basta mandare all’assalto più uomini di quanti possa ucciderne una mitragliatrice, e qualcuno di loro arriverà alla mitragliatrice”.

Gli attacchi suicidi

Gli assalti frontali allo scoperto, attacchi suicidi che sotto il comando di Cadorna erano la regola: nelle undici battaglie dell’Isonzo, oltre 120 mila morti, per spostare il fronte di pochi metri.

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Tutti gli eserciti in guerra, ricorda Beggiato, punivano severamente diserzione e ribellione. Ma la pratica barbara della decimazione, nessun esercito l’ha mai praticata nella Grande Guerra, tranne l’esercito che era agli ordini di Cadorna.

Decimazione per sorteggio, anche se non colpevoli

Solo l’esercito italiano praticò la decimazione, e persino la decimazione per sorteggio, il colmo della barbarie, che portò alla fucilazione di soldati assolutamente e certamente non colpevoli, in alcuni casi perfino estranei e fisicamente lontani dal luogo dei fatti, colpevoli solo di far parte dello stesso reparto.

Beggiato ricorda i reiterati, minacciosi inviti del generale Cadorna agli ufficiali, di essere severissimi nel punire, anche con le esecuzioni immediate e sommarie, ogni violazione della disciplina.

Fucilati a Nervesa per tre mutande

“Questi inviti del Capo di Stato Maggiore – afferma Beggiato – hanno un effetto, perché gli ufficiali si sentivano in dovere di allinearsi, e ricevevano encomi da Cadorna quando mettevano in pratica queste direttive.

Ci sono stati qui a Nervesa – denuncia Beggiato – poveri fanti fucilati per aver preso tre mutande da una casa disabitata, o per aver fumato un sigaro in presenza del generale Graziani”.

Prigionieri di guerra morti di fame

E ricorda, Beggiato, anche il disinteresse di Cadorna per la fornitura di cibo ai prigionieri di guerra italiani. “Centomila soldati italiani caduti prigionieri sono stati lasciati morire di fame solo perché lo Stato maggiore voleva far capire alla truppa che non si doveva arrendersi al nemico, a qualsiasi costo”.

Sparati alle spalle dai Regi Carabinieri

A questo servivano anche le direttive di Cadorna, il quale esortava gli ufficiali a far capire bene ai soldati che durante l’assalto non potevano minimamente esitare: la scelta era tra una morte onorata per mano del nemico, o una morte immediata, sparati alle spalle per mano dei Regi Carabinieri appositamente dislocati nelle retrovie, o dello stesso ufficiale che comandava l’assalto, prima che il soldato “si disonori” fuggendo.

La Commissione Parlamentare d’inchiesta

E cita, Beggiato, i pesantissimi giudizi sull’operato di Cadorna, sul suo disinteresse per la vita dei soldati, contenuti nella Commissione Parlamentare d’inchiesta che fu istituita dopo Caporetto. Cadorna, spiega Beggiato, tornò in auge soltanto qualche anno dopo, col Fascismo.

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“Intitolare le piazze e le strade a Luigi Cadorna – ha detto Beggiato – è un insulto alle migliaia e migliaia di soldati veneti da lui inutilmente sacrificati, è un in insulto alle sofferenze inferte a tante famiglie, alle devastazioni senza pari che quella guerra ha portato al Veneto”.

Udine ha tolto il nome di Cadorna

“Un Viale Cadorna a Roma – ha osservato Beggiato – non ha lo stesso significato che un Piazzale Cadorna a Bassano, perché in Veneto e nelle Venezie la Grande Guerra ha colpito con ben altra durezza. E bene ha fatto Udine a togliere il nome di Cadorna dalla sua toponomastica”.

La parola alla difesa

Poi la parola passa alla difesa: e si capisce che per i militari, Luigi Cadorna se non è proprio un Santo, è almeno Beato. Andrea Tirondola, d’altronde, si qualifica come militare, ed è l’avvocato che assiste il nipote di Cadorna, che ha denunciato il segretario di Indipendenza Veneta, Michele Favero, per aver dato un giudizio storico su Luigi Cadorna, definendolo criminale di guerra, come d’altronde molti altri, storici e non, pensano.

“Le decimazioni? Un male necessario”

Per Andrea Tirondola, il Cadorna non si tocca. Anzitutto “ha salvato il Veneto” dall’invasione, predisponendo saggiamente linee difensive. Poi “quella frase imbarazzante sulle mitragliatrici non è di Cadorna, ma di un generale che odiava Cadorna”.

Le decimazioni? “Un male necessario, e anzi in alcuni casi una forma di grazia, quando si sarebbe dovuto fucilare l’intero reparto“. Il soldato fucilato per aver fumato un sigaro in presenza del generale? “Un palese atto di sfida e di insubordinazione, si doveva dare un segno”.

“Gli assalti allo scoperto? Non c’era altro mezzo”

Gli assalti suicidi allo scoperto? “Si dovevano fare, non c’era altro mezzo”, assicura Tirondola. La scarsa considerazione della vita dei soldati?

“E’ vero il contrario, ci sono molte lettere e dichiarazioni di Cadorna – afferma Tirondola – che mostrano sincera comprensione per le difficoltà della truppa, ci sono richieste di provvidenze ed altro, e non è colpa di Cadorna se non sempre venivano concesse”.

La Commissione d’inchiesta? Era fatta di politici

Anche sulla Commissione Parlamentare d’inchiesta che condannò moralmente Cadorna, il militare Tirondola non ha dubbi: “Era una Commissione composta da politici, non da militari“. In realtà “Cadorna fu amato dalle truppe, e tenuto in altissima considerazione anche dai generali nemici”.

Qui non c’entrano le doti militari

Beh, a noi pare sacrosanto che a giudicare l’operato di un Capo di Stato Maggiore siano i politici, sia la società civile, e non i militari. Adesso, poi, non è certamente in gioco il giudizio sulle doti militari di Cadorna.

I molti che chiedono la revoca dell’intitolazione a Cadorna di strade e piazze, non lo fanno di certo perché lo ritengano colpevole di errori di strategia militare, o di essere un generale incapace.

Moralmente colpevole

Ma solo perché lo ritengono moralmente colpevole di aver mandato inutilmente al macello migliaia e migliaia di persone, di aver praticato la barbarie della decimazione, di aver esortato gli ufficiali a praticare giudizi sommari ed esecuzioni senza processo.

Non processo ma giudizio storico

Come ha giustamente osservato l’avvocato Tirondola, quello a Cadorna non è un processo. Processo, lo abbiamo chiamato noi di Serenissima.news, per semplicità giornalistica. Ma non è un vero processo, ovviamente. E’ un giudizio storico, e ci pare che cento anni dopo si debba essere liberi di darlo.

Liberi di considerare Luigi Cadorna un eroe e persino un sant’uomo che piangeva a calde lacrime per i soldati che era costretto a sacrificare, come fanno Tirondola ed altri, ma liberi anche di considerarlo un criminale di guerra, come fanno Michele Favero e molti altri. E liberi di dirlo senza tema di denunce, possibilmente.

 

 

 

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