Iosif Stalin, di cui il 5 marzo ricorre l’anniversario della morte, visse a Venezia e naturalmente lo chiamavano Bepi. Bepi del giasso, fu detto dopo, dai suoi amici compagni comunisti, perché veniva dal freddo. Fu ospitato nell’isola di San Lazzaro degli Armeni, dove serviva Messa e suonava le campane.
Doveroso avvertimento: per molti, si tratta di una leggenda. In quel periodo, secondo molti storici, il giovane bolscevico si sarebbe trovato in Finlandia, e persino al confino in Siberia. Ma anche questa, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere una leggenda, sia perché documenti certi di questo confino in Siberia non ne sono rimasti, sia perché, se avesse provato sulla propria pelle quelle piacevolezze sotto la mano degli Zar, forse per il macellaio Stalin sarebbe stato un po’ meno facile spedire i dissidenti in Siberia.
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Comunque, sebbene non vi siano prove documentali del passaggio veneziano di Stalin, gli indizi sono gravi e concordanti, come direbbe un pubblico ministero.
La fuga dalla polizia dello Zar
Era il 1907 e Iosif Vissarionovic Djugatchsvili – non ancora soprannominato Stalin – aveva 28 anni ed era un bolscevico in fuga dalla polizia dello Zar, che lo tampinava. S’imbarcò clandestinamente nel porto di Odessa su una nave mercantile carica – vedi caso – di grano ucraino diretto in Italia.
Iosif Stalin portiere d’albergo
Sbarcò ad Ancona e prese contatti con circoli anarchici che lo protessero e gli trovarono un lavoretto come portiere di notte all’hotel “Roma e Pace“. Questo lo raccontò lui stesso, ad un collega, pure questi portiere nello stesso albergo, che di nome faceva Paolo Pallotta.
Il quale non aveva di certo motivi per inventare questa storia, che raccontò solo vent’anni dopo, quando riconobbe sui giornali, nel volto di Stalin, il suo collega di gioventù. Non durò molto, il lavoro di Iosif come portiere d’albergo. Il rapporto con i clienti, di solito benestanti, non era facile.
A Venezia, ospite dei frati a San Lazzaro degli Armeni
E così Iosif s’imbarcò ancora da clandestino, lasciò Ancona e raggiunse Venezia. Perché Venezia? Ma perché Iosif era nato in Georgia, aveva studiato in un seminario ortodosso, sapeva servire Messa sia in rito ortodosso che in rito latino, fin dall’infanzia aveva un forte legame con gli armeni, e parlava la lingua armena. E sapeva bene che a Venezia c’era una forte comunità armena.
Bepi Stalin girava in Laguna con la barca
I frati mechitaristi dell’Isola di San Lazzaro dei Armeni lo accolsero. Era allora abate padre Ignazio Giurekian. In cambio dell’ospitalità Iosif – a Venezia ribattezzato ovviamente Bepi – serviva bravamente Messa, nella chiesa in isola e nell’antichissima chiesa del quartiere armeno, Santa Crose dei Armeni, poco distante da San Marco. Imparò anche a vogare alla veneziana: nelle dolci sere di quella primavera, aveva licenza di prendere la barca e girare per la Laguna di Venezia.
Cacciato dai frati perché suonava troppo forte le campane
Bepi Stalin fu cacciato dall’Isola degli Armeni per un insanabile dissenso legato alle campane. Faceva infatti anche il campanaro. E si ostinava a suonare le campane secondo l’uso ortodosso, cioè con fortissimi e ripetuti rintocchi.
I frati di San Lazzaro seguivano invece l’uso latino, assai più discreto. Alla fine gli dissero che, se voleva restare lì, doveva rispettare le regole della comunità dei monaci. Ma Bepi era piuttosto ostinato. Era gentile, ma non si piegava alle regole degli altri. Lasciò l’isola, e pare dopo un passaggio in Svizzera tornò in Russia e diventò Stalin.
Quel fumetto in cui Corto Maltese parla con Bepi
La storia, a Venezia, è piuttosto nota e ha anche assunto dignità letteraria, grazie a Hugo Pratt. In un fumetto, “La casa dorata di Samarcanda”, uscito nel 1996, si racconta di Corto Maltese fermato alla frontiera sovietica che si fa passare Stalin al telefono e rievoca con lui i loro incontri nell’albergo “Roma e Pace”…
Com’è strana la vita. Forse siamo stati a un passo dall’avere un monaco di più e un dittatore di meno…