Riccardo Szumski sotto tiro: il medico, e sindaco indipendentista, di Santa Lucia di Piave, viene multato, minacciato di “sospensione“, rimproverato pubblicamente dal Prefetto di Treviso. E il ministro della Salute, Roberto Speranza, è invece libero di fare quel che gli pare, libero di farsi beffe sia del Tar che del Senato.
Iinvece di adeguarsi alla sentenza del Tar che dà ragione a Szumski, sospendendo le linee guida ministeriali, e all’ordine del Senato di cambiarle velocemente, fa ricorso al Consiglio di Stato contro le cure domiciliari precoci. E’ l’ultimo capitolo del romanzo nero italiano sulla pandemia Covid.
La manifestazione di Conegliano
Cominciamo da Conegliano. Domenica 18 aprile, il dottor Riccardo Szumski era tra gli oratori invitati dagli organizzatori di una manifestazione di no-vax e no-mask. Szumski, applauditissimo, ha parlato dal palco, e durante l’intervento si è tolto la mascherina. D’altronde era sul palco, all’aperto, molto ben distanziato dal pubblico, un migliaio di persone.
L’indomani, il prefetto di Treviso, Maria Rosaria Laganà, l’ha bacchettato pubblicamente. “Davvero un pessimo esempio”, ha sottolineato. D’accordo con il prefetto, la questura sta procedendo a identificare tutti i partecipanti senza mascherina, ai quali arriverà la multa: per Szumski e ad altri 40 la multa è già partita.
Il prefetto: Szumski porti prove e studi scientifici
“Sarebbe utile – ha osservato inoltre il prefetto Laganà – che Szumski corroborasse le sue esternazioni sulle cure domiciliari con prove e studi scientifici“. Il Prefetto ci perdoni, ma forse le è sfuggito che il dottor Szumski da un anno non fa che chiedere di poter discutere in sede scientifica la terapia domiciliare precoce che lui, e tanti medici come lui in Italia e nel mondo, applicano con successo.
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Szumski ha scritto alla Usl, ha scritto alla Regione, ha tempestato le istituzioni per ottenere un confronto a livello scientifico, risultati e casi alla mano. Non ha mai avuto risposta. Il Comitato Cure Domiciliari, al quale sono iscritti tanti medici italiani, ha scritto al governo e al Comitato Tecnico Scientifico, chiedendo di poter discutere i risultati, ormai c’è un’ampia casistica, della terapia domiciliare precoce. A tutt’oggi, questo confronto tra medici non è stato concesso, e ai medici come Szumski sono state soltanto minacciate sanzioni disciplinari.
Benazzi: Szumski si vaccini o sarà sospeso
Oltre alla solenne reprimenda del Prefetto, sul dottor Szumski si abbatte anche il pesante avvertimento di Francesco Benazzi, direttore generale della Usl della Marca e medico egli stesso. Benazzi, applicando del resto il recente decreto del governo sull’obbligo vaccinale, concede a Szumski cinque giorni per vaccinarsi, poi scatteranno provvedimenti tra i quali la “sospensione”.
Non basta: Benazzi avverte Szumski che, se dall’assembramento no-mask di Conegliano uscisse qualche contagio, “la posizione di Szumski si aggraverebbe“. Eppure all’incontro di Conegliano, Riccardo Szumski era soltanto un ospite, un relatore tra gli altri. Non era lui l’organizzatore. Quindi appare un po’ forzato considerarlo responsabile di non aver garantito distanziamenti e mascherine nel corso di una manifestazione debitamente autorizzata e organizzata da altri, in uno spazio vasto e all’aperto.
La vittoria al Tar di Szumski e del Comitato
E adesso scendiamo giù, a Roma. Perché a Roma, sul Covid, sono successe alcune cose.
La prima è che Szumski e il Comitato Cure Domiciliari, con l’avvocato Erik Grimaldi, hanno riportato al Tar una clamorosa vittoria. Il Tar ha accolto il ricorso d’urgenza e sospeso le “linee guida” del ministero della Salute, che si ostinano a prescrivere ai contagiati un’assurda “vigile attesa” e caso mai, tachipirina se la febbre sale.
Sia chiaro: non spetta di certo ai giornalisti giudicare la bontà della terapia domiciliare precoce. Ma il nostro vecchio buon senso contadino ci dice che in caso di sintomi di Covid, la “vigile attesa” prescritta dal protocollo ministeriale lascia al virus le porte spalancate nel nostro organismo, e ci abbandona alla roulette russa: se ci va bene ce la caveremo, se ci va male finiremo in terapia intensiva.
Mentre la terapia domiciliare precoce, che cerca di frenare con vari tipi di antinfiammatori l’avanzata del virus, è perlomeno un contrasto al virus, che sarà pur sempre meglio della “vigile attesa” senza far nulla, no?
D’altronde, così ha saviamente ritenuto anche il Tar del Lazio, che ha dato ragione a Szumski e al Comitato per la Terapia Domiciliare, e ha sospeso l’efficacia del protocollo ministeriale che prescrive la “vigile attesa”.
L’ordinanza del Tar afferma il diritto dei medici di “prescrivere i farmaci secondo scienza e coscienza” senza attenersi alla “vigile attesa” che è “potenzialmente pregiudizievole”. Parole chiare, no?
Il Senato al governo: cambiate quel protocollo
E così d’altronde ha ritenuto anche il Senato della Repubblica, che ha approvato alla quasi unanimità (212 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astensioni) un ordine del giorno firmato da tutti i gruppi politici, che impegna il governo, e in particolare il ministro della Salute, a modificare il protocollo ministeriale, istituendo un vero e proprio “protocollo unico nazionale per le cure domiciliari contro il Covid-19″.
Dopo la pronuncia del Tar e dopo l’approvazione di questo ordine del giorno al Senato, in un Paese normale il ministro della Salute avrebbe immediatamente posto mano al protocollo, inserendo la facoltà, per i medici, di prescrivere, qando sia il caso, cure antinfiammatorie precoci per frenare la galoppata del virus nell’organismo.
La resistenza del ministro Speranza
Invece in Italia cosa succede? Succede non solo che il protocollo resta come prima, resta l’assurda “vigile attesa” senza far nulla. E succede che il ministro della Salute si fa beffe anche del Senato: invece di rivedere il protocollo, come il Senato gli ha ordinato di fare, fa resistenza e ricorre al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar, nel tentativo di di far annullare la sospensione d’urgenza del protocollo ministeriale.
L’ostinazione del ministro Speranza a mantenere in Italia l’accento esclusivamente su lockdown, “vigile attesa” e vaccinazioni, è un mistero politico. Ormai sono molti i Paesi in cui la pratica di cure domiciliari, antinfiammatorie, precoci, ai primissimi sintomi, e anche di forme di prevenzione, basate su alti livelli di determinate vitamine o sostanze che creerebbero nell’organismo un ambiente sfavorevole al virus, è del tutto normale.
Si impedisce ai medici di curare sin dai primi sintomi
In Italia no. In Italia il ministero della Salute si ostina da oltre un anno ad imporre ai medici di abbandonare i pazienti alla vigile attesa, e quindi alla roulette russa circa l’evoluzione della malattia, nonostante le petizioni di tanti medici, nonostante le esperienze di successo in Italia, da parte di medici “obiettori”, e in altri Paesi.
Soltanto lockdown e vaccini, fallimento Italia
In Italia, nonostante il fallimento evidente delle politiche basate soltanto sulle chiusure, sulle limitazioni della libertà e sulle vaccinazioni, ci si ostina a sconsigliare e – di fatto – ad impedire ai medici, intimoriti da provvedimenti disciplinari, di curare a casa loro i contagiati sin dai primi sintomi.
E si perseguitano i medici che espongono motivati e ragionevoli dubbi sui vaccini Covid (Szumski non è certo un no-vax!) o che – obbedienti a Dio e a Ippocrate prima che al Sovrano – continuano a violare il protocollo della vigile attesa, nell’interesse dei pazienti.
Quanti morti si sarebbero potuti evitare?
La Procura di Bergamo sta già facendo luce sulle responsabilità della politica e dell’alta burocrazia nella clamorosa impreparazione italiana alle pandemie, che l’anno scorso abbiamo pagato con un fiume di morti.
E forse altre Procure, un giorno, vorranno far luce su altre responsabilità, vorranno contare quante sono le vittime del Covid che potevano essere evitate se lo Stato avesse aperto da subito, come si è fatto in altri Paesi, alle cure domiciliari precoci, invece che puntare soltanto su lockdown distruttivi e disarmate “vigili attese”.