Cari amici,
Nell’anno 1600 dalla fondazione di Venezia, volevo proporre un contributo culturale, commentando tre straordinari documenti che riguardano questo tema.
1. – L’Orazione di Lorenzo De Monacis, del 1421, composta per il Millenario di Venezia;
2. – Il saggio di Vittorio Lazzarini che risale al 1915; si intitola: Il preteso documento della fondazione di Venezia e la cronaca del medico Jacopo Dondi;
3. – L’allocuzione del nobilhomo Paolo Renier, tenuta nel 2005, appunto Per l’Anniversario della Nascita di Venezia.
Marzo 1421, l’orazione per i mille anni di Venezia
Il primo documento di cui vi parlo è una nota di Mario Poppi, scritta nel 1973, sulla Oratio de edificatione et incremento urbis Venetae.
Poppi commenta dunque il componimento scritto dall’umanista e Cancelliere di Creta Lorenzo De Monacis ed inviata al doge Tommaso Mocenigo.
Si avvicinava il 25 marzo 1421, quindi De Monacis ci regala questo testo, che testimonia la sobrietà usata dalla Repubblica per ricordare tale millenario, tanto che pare non fossero indetti particolari festeggiamenti.
Il Mito di Stato? Non c’era proprio
Il fatto è che si trattava di una tradizione popolare, a cui lo Stato non attribuiva gran importanza.
Questo contraddice tutti i discorsi a vuoto fatti in questi giorni sulla stampa locale, un dibattito che vuole evidenziare l’inconsistenza storica del Mito fondativo veneziano.
Lo studio della storia, però, ha una sua peculiare potenza nello smontare luoghi comuni e banalità ideologiche.
Forse senza volerlo, così si è alimentato il discredito sulla nostra Storia: Venezia è dipinta come una Entità politica imbrogliona, venditrice di fumo, intenta solo ad alimentare il suo “Mito” attraverso la fabbricazione di leggende.
Questo in realtà è il riflesso del pensiero contemporaneo.
Nell’attuale vuoto di valori spirituali, nel deserto quotidiano di umanità autentica, noi tutti restiamo in balia della propaganda prodotta da regimi oligarchici che definiscono se stessi “democrazia”.
Siamo abituati al fatto che quasi ogni celebrazione assume un certo sapore di ipocrisia. Perciò, bisogna fare chiarezza.
Se Venezia oggi vanta ancora un’immagine forte, è perché questo è lo spazio che le è concesso: si sta semplicemente adattando alla realtà.
Viviamo in un mondo che si basa sulle immagini, all’americana, quindi la gente si nutre di rappresentazioni effimere e superficiali.
Venezia ne esce vincente lo stesso: ma la sua non è sottocultura d’importazione.
La Veneta Civiltà era fatta di sostanza: ha una sua verità, un suo senso esistenziale.
Qui in esame abbiamo un testo celebrativo, l’Orazione sulla edificazione e lo sviluppo della Città Veneta, traduco letteralmente.
Eppure, nel discorso quattrocentesco non ci si lascia andare alla retorica, si resta sull’essenziale, si vogliono individuare le radici profonde della propria vita sociale.
Veneta Nazione, mille anni di libertà
Centrale è il concetto di “libertà invitta e nativa”: cioè Venezia non è mai stata soggetta all’Impero bizantino, né ad altre potenze.
Quindi, la Libertà da preservare è quella della Veneta Nazione, non quella del singolo individuo.
Siamo distanti spazi siderali dal lassismo e dalla licenza proprie delle concezioni del liberalismo odierno.
Il Millennio nel 1421 si traduceva in MILLE ANNI DI LIBERTAS !
Il logos di Venezia era saldamente inserito in una dimensione escatologica, una dimensione permeata di divino e orientata sul Vangelo, con l’Annuncio della Salvezza eterna.
DIO ha voluto ogni fatto della Storia Veneta, a cominciare dalla nascita di Venezia.
De Monacis si riferisce a Venezia come alla Civitas quam fecit Dominus.
Nascita di Venezia: 421 o no, fu in quel secolo
Un’ultima notazione voglio riservarla proprio alla data del 421: come ho sottolineato in “Giustizia Veneta”, è legittimo in ogni caso collocare la nascita della Città nel V secolo, perché fu allora che sorsero i primi insediamenti negli attuali sestieri, tenuto conto che un primo impulso all’urbanizzazione di questi isolotti avvenne sotto la pressione degli Unni, che si produceva nell’anno 453.
Teniamo poi conto che i paraggi delle isole vicine erano già abitate in epoche anteriori, come testimoniano i ritrovamenti archeologici.
Lazzarini e il falso decreto padovano
Il secondo lavoro che presento è di Vittorio Lazzarini, un vero dotto da rimpiangere al confronto con i docenti universitari di oggi.
Con precisione impareggiabile ed incontestabile, Lazzarini nel 1915 ripercorre la fortuna della narrazione sul momento fondativo di Venezia ad opera di tre Consoli patavini, Adalberto Falier, Tomaso Candiano, Cono Daulo.
Questa storia appare la prima volta alla fine del Millecento negli Annales Veneti custoditi nella biblioteca di Metz in Francia; viene, poi, riportata negli Annales venetici breves del primo Duecento, per essere ripetuta nella Cronique des Veniciens di maestro Martino da Canale e nelle altre successive.
Arriviamo al Quattrocento: in quel tempo fa capolino un decreto datato V secolo emesso dai consoli e dai primati del popolo padovano.
Così, prendono a circolare copie del preteso decreto, sotto forma di estratto dal Liber partium Consilii magnificae Comunitatis Paduae, sia in latino, sia in volgare.
Le copie del decreto sono a volte accompagnate da tanto di tavola astrologica, che riporta le dodici parti del cielo come posizionate nel momento fatale.
Ebbene, Vittorio Lazzarini ha accertato che tale exemplum di decreto è un falso maldestro, fabbricato da Zuan Domenico Spazzarini, cancelliere della Comunità patavina, che si era a sua volta ispirato ad una cronachetta stilata dal medico e botanico medievale Jacopo Dondi.
Ad ogni buon conto, l’antica storiografia veneziana – da Bernardo Giustinian a Nicolò Crasso – già propendeva per l’inattendibilità del preteso “decreto” che attribuiva a Padova la fondazione della Città lagunare.
Fu il sentimento religioso del popolo a porre i tradizionali riferimenti cronologici sulla base delle ricorrenze evangeliche, in particolare il giorno dell’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria, il 25 marzo, calcolato sui nove mesi di gestazione di N.S.G.C., anteriori al Natale.
Insomma, tanta “critica moderna” non ha aggiunto nulla di davvero nuovo.
Occorre sempre studiare a fondo la tradizionale storiografia veneziana, che a distanza di secoli si dimostra precisa e dettagliata.
Paolo Renier, discendente del penultimo Doge
Il terzo scritto è un’allocuzione tenuta il 25 marzo 2005 dal compianto Ing. Paolo “Polo” Renier, nobilhomo veneziano, discendente del penultimo Doge.
Il suo è un manifesto di amore per la Città, alla quale porge gli auguri di buon compleanno definendola “una delle più alte espressioni della civiltà umana”. Egli afferma che Venezia è piena di risorse, quindi possiamo guardare con fiducia al futuro.
Noi Veneziani dobbiamo mantenere questa visione universale concepita dal Patriziato veneziano, perché è la cosa principale da tramandare alla posterità e a tutto il mondo !
W Venezia, W la Veneta Patria, W San Marco !
Il Presidente di Europa Veneta
Edoardo Rubini