12 Dicembre 2024
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Via il monumento-truffa al Re dell’annessione: la proposta del “doge” Gardin

Tra i tanti Leoni alati di Venezia, due ve ne sono ai quali volentieri rinunceremo. Sono quelli che adornano il monumento-truffa a re Vittorio Emanuele II, primo (e non secondo…) re d’Italia, che dal 1887 ingombra Riva dei Schiavoni.

Un monumento-truffa

Un monumento-truffa, come fu indubitabilmente truffa – il coraggioso libro di Ettore Beggiato è ormai incontestato anche dai più arrabbiati italianisti – il plebiscito d’annessione delle province venete al Regno d’Italia nel 1866, che quel monumento celebra in modo vergognoso e fedifrago, come spiegheremo nel dettaglio.

Albert Gardin, il ritratto ufficiale nelle vesti di Doge

La proposta di Albert Gardin

Un monumento-truffa che s’ha da togliere di mezzo, non abbattendolo, perché la storia è storia, ma spostandolo altrove, in un “museo degli orrori“: è la meritoria proposta dell’imaginifico “doge” Albert Gardin, che non sarà veramente doge come lui e un pugno di patrioti veneti ritiene, ma tuttavia sa spesso indicare con geniale intuizione ai movimenti indipendentisti veneti e a tutti i veneti consapevoli, obiettivi altamente simbolici nella lotta, pacifica e disarmata, per l’indipendenza veneta.

Alvise Fontanella, Il Ritorno della Serenissima. Copertina

Un editore indipendente e indipendentista

Piccola nota personale: fu Albert Gardin, editore indipendente e indipendentista, anche se non ancora “doge”, a invitarmi a scrivere, nel 1997, quel piccolo instant-book “Il ritorno della Serenissima“, che raccontò la verità dell’impresa del Campanile, che non fu pagliacciata e non fu terrorismo, come la Procura e i giornali dicevano, senza rendersi conto della contradizion che no’l consente. Quello dei Serenissimi fu gesto poetico, fu sacrificio, fu amor di Patria e fu grande politica.

Debbo ringraziarlo, perché fu Albert Gardin ad avere l’idea, a chiamarmi, a spronarmi a mettermi contro tutti, per amore della verità e della Serenissima. Io ebbi solo il coraggio di dire di sì.

Ettore Beggiato, 1866 la grande truffa. Copertina

E  fu Albert Gardin a sollecitare Ettore Beggiato a dedicarsi alla faticosa ricerca sul plebiscito del 1866, il libro che ha smascherato la truffa dell’annessione del Veneto al Regno d’Italia.

Gardin ad Antenna3: via quel monumento

Albert Gardin – qui sopra l’intervista da lui rilasciata a Filippo Fois di Antenna Tre – propone al Comune di Venezia di sostituire il monumento a Re Vittorio Emanuele II con una “statua celebrativa a Giacomo Casanova“, personaggio assai più adatto a rappresentare la venezianità e certo più famoso e rispettato nel mondo.

Il monumento al re – afferma Gardin – “è un’impostura, un imbroglio, imposta dai nuovi occupanti. Dopo l’occupazione francese e austriaca sono venuti i Savoia che si sono sostituiti agli occupanti precedenti. Proponiamo di trasferire la statua in un’altra zona, in una sorta di museo degli orrori – conclude Gardin -. Perché quel monumento è un orrore, è il monumento a chi ha sottomesso i veneti”.

Voleva la Piazza San Marco!

Venezia 1887, prova di collocazione del monumento a Vittorio Emanuele II

Non sarebbe la prima volta che il monumento al re viene “spostato”. Nel 1887 una sua copia fu posta per mesi in luoghi assai più nobili della città. Per vedere come stava, ma anche per saggiare le reazioni dei veneziani.

Perché la statua, la volevano in Piazza San Marco, addirittura. Nella Piazzetta dei Leoncini, al cospetto della Basilica, e poi provarono a collocarla davanti a Palazzo Ducale, in Piazzetta San Marco. Luoghi sacri, dove per secolare tradizione della Veneta Repubblica non si vollero mai monumenti personali, neppure ai grandi Dogi della Serenissima.

Spostata in “periferia”

E così la statua a Re Vittorio Emanuele II fu spostata più in “periferia”, fu collocata in Riva dei Schiavoni, zona commerciale e alberghiera, nel meno “nobile” sestiere di Castello e non in quello di di San Marco, cuore politico della Serenissima.

Venezia, Riva dei Schiavoni. Ettore Ferrari, monumento a Vittorio Emanuele II (foto G.dallorto, licenza CC)

La propaganda sotto al cavallo

Ma guardiamo più da vicino il monumento-truffa. Perché sotto all’inevitabile di ogni monumento equestre, sotto al cavallo sul quale il re sguaina eroicamente la spada incitando all’attacco, ai due lati opposti del parallelepipedo di granito che lo sostiene, sta il racconto bugiardo, sta la retorica truffaldina, il messaggio della propaganda sabauda.

Venezia schiava – particolare del monumento a Vittorio Emanuele II in Riva dei Schiavoni

Venezia schiava, Venezia trionfante

Sono due donne, e due Leoni alati, che rappresentano due opposte condizioni di Venezia. Su un lato c’è la Venezia schiava, sottomessa all’Impero d’Austria: rabbiosa, furente, regge ancora il pugnale che simboleggia l’insurrezione del 1848-49, mentre ai suoi piedi il Leone alato, a testa in giù, come un cane bastonato, addenta invano le austriache catene.

Sul lato opposto, invece, ecco la Venezia trionfante libera ed altera, con il risorto Leone alato che ruggisce potente. Con la zampa destra, il Leone spiegazza il Trattato di Vienna del 1815, che diede all’Austria la Serenissima, mentre la sinistra poggia sul nuovo Libro fondamentale, dove sono incisi gli improbabili risultati del Plebscito di annessione al Regno d’Italia: voti favorevoli 641.758, voti contrari 69.

La Venezia trionfante. Particolare del monumento a re Vittorio Emanuele II in Riva dei Schiavoni._Foto_Giovanni_Dall’Ortolic.CC

L’inganno della propaganda sabauda

Chiarissimo il messaggio:  grazie all’eroico sovrano che unì l’Italia con le sue vittorie (sul monumento c’è anche il bassorilievo della battaglia di Palestro, una delle poche vinte dal Piemonte), Venezia viene liberata dalle catene austriache e riunita all’Italia con unanime consenso dei veneti per l’immancabile luminoso futuro sotto lo scettro dei Savoia.

Tra quelle due zampe del Leone sta l’inganno della propaganda sabauda. Certo, Venezia – e la Venezia – non erano felici sotto l’Austria, e l’insurrezione di Manin, che non coinvolse solo la Capitale ma quasi tutte le città della Serenissima, tutte insorte insieme per riavere la Repubblica, ne è la prova migliore.

Emigrazione di massa e monumenti

Sotto l’Austria, Venezia non era più la Capitale di uno Stato, e spogliata di quella funzione si trovava ben più povera e imbelle rispetto ai bei tempi. Eppure Veneto e Lombardia erano ancora le province più ricche di tutto l’Impero d’Asburgo.

La miseria, la fame, l’emigrazione di massa, cominciò con l’annessione al Regno d’Italia, nelle Venezie come nel Sud. Mentre milioni di veneti sono costretti a emigrare in America, a Venezia e in cento altre città si innalzano monumenti inneggianti al Risorgimento, all’annessione e agli eroi – Garibaldi e Vittorio Emanuele II – che fecero l’Italia. Il nuovo libro fondamentale su cui l’altra zampa del Leone s’appoggia, è quello del plebiscito-truffa, sul quale si fonda l’Italia.

Il popolo veneto esiste. E ha diritti

Tra quelle due zampe di Leone sta il popolo veneto, prima sottomesso a un Impero multietnico che almeno lo riconosceva come Nazione Veneta, quindi come popolo soggetto di diritti in quanto tale, e poi annesso ad un Regno d’Italia che faceva del nazionalismo la propria bandiera, e che ancora oggi, dopo due guerre mondiali e la proclamazione della Repubblica, si rifiuta di riconoscere che il popolo veneto esiste.

Ma se i nostri avi ebbero il diritto di votare nel 1866 e poi nel 1946, per scegliere il loro destino, ebbene perché mai noi, Veneti di oggi, non dovremmo aver più lo stesso diritto?

 

Alvise Fontanella

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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