La Slovenia perde al Tribunale Ue la guerra del vino Teran (Terrano). I produttori dell’Istria croata potranno continuare a denominare Teran, in etichetta, il loro vino Teran.
La guerra del Teran è un caso esemplare: uno dei vitigni d’uva nera autoctoni dell’Istria, e uno dei più promettenti, ad elevata acidità e tannicità, con sentori di lampone, tradizionalmente abbinato ai prosciutti istriani e ai piatti di carne e formaggio, è da sempre coltivato nell’Istria, sin dai tempi dell’Impero Romano e probabilmente anche prima.
Il Teran è prodotto da sempre in tutta l’Istria, ben prima che la penisola fosse attraversata da ben due confini, quello tra Croazia e Slovenia e quello tra Slovenia e Italia. La Slovenia, entrata nell’Unione europea prima della Croazia, è riuscita a ottenere per il Teran Istria prodotto in Slovenia la Dop, la Denominazione di Origine Protetta, il che impedisce allo stesso vino prodotto nell’Istria croata di utilizzare la denominazione territoriale naturale.
Con l’entrata nella Ue anche della Croazia, il problema è stato immediatamente posto da Zagabria, ma non è stato possibile raggiungere un accordo con la Slovenia. Alla fine, nel 2017, la Commissione Europea ha però accolto le ragioni della Croazia, introducendo una deroga, che riconosce ai produttori croati del vino Teran di utilizzare nell’etichetta il nome del vitigno, insieme alla denominazione “Hrvatska Istra“, ciè Istria croata. Sembrava un compromesso accettabile, ma la Slovenia ha fatto ricorso contro la decisione.
La sentenza: Teran e Istria anche nelle etichette croate
Ed è appunto il ricorso che è giunto a sentenza il 9 settembre 2020 al Tribunale Ue di Lussemburgo, e che è stato respinto. Il Tribunale ha riconosciuto le ragioni in base alle quali la Commissione Ue aveva concesso una deroga, e cioè il fatto, ampiamente documentato, che il Teran in Istria si produceva sia nella parte dell’Istria caduta sotto sovranità slovena, sia nella pare croata. E che quindi i produttori di Teran dell’Istria croata avevano diritto di chiamare Teran il loro vino, utilizzando una denominazione territoriale che contenesse il termine “Istria” anche se accompagnato dal termine “Hrvatska” per non confondersi commercialmente con la Dop slovena.
Il caso del vino Terrano d’Istria è davvero esemplare e mostra come i confini artificiali in zone geograficamente e storicamente unite possono creare disuguaglianze, ledere diritti, impoverire economie anche a distanza di molti decenni. La soluzione naturale, in un’Europa unita, non sarebbe quella di riconoscere a tutti i produttori di vino Teran in Istria, sloveni o croati o italiani che siano, di utilizzare la denominazione “Terrano (o Teran) Istria” per i loro vini? Perché la Dop, in un’Europa unita, deve necessariamente fermarsi al confine che taglia un vigneto in due con un filo spinato?