A guardare i nomi delle strade e delle piazze, nella penisola italiana, parrebbe che ben poco vi sia accaduto di notabile prima del Risorgimento e dell’Unità. Nelle città e nei paesi, è difficile trovare una via principale che non si chiami via Roma, impossibile non trovare una piazza o una via Garibaldi, Cavour, Mazzini e compagnia cantante.
Impossibile non imbattersi in lapidi targhe e monumenti che onorano Vittorio Emanuele II, primo (non secondo…) re d’Italia. E ci sono persino strade e piazze intitolate a Vittorio Emanuele III, che firmò le leggi razziali e disfece il Veneto.
Lo aveva sottolineato nel 2023, in un post su Facebook, Ettore Beggiato: “Nel nostro Veneto ci sono ancora via dedicate a Vittorio Emanuele III, il re degli italiani che promulgò nel 1938 le leggi razziali antiebraiche, mentre non c’è traccia di tanti, tantissimi veneti e venete che hanno onorato la nostra Terra veneta in tutti i campi.
Eh si, le colonizzazioni (anche quella italiana) producono colonizzati e colonizzatori …”
Non solo contro Cadorna
Serenissima News, nel suo piccolo, ha dato spazio più volte alle voci che si levano contro l’intitolazione di vie e piazze al generale Luigi Cadorna, comandante in capo dell’esercito italiano nella Grande Guerra, e a chi considera scandaloso onorare il generale Enrico Cialdini, responsabile dei massacri di interi paesi del Sud fedeli ai Borbone.
Ma più in alto ancora dei generali, ci sono i Re. I re Savoia. La dinastia che non ha unito, ma conquistato l’Italia, distrutto l’economia del Sud, e privato il Veneto persino dell’identità e del rango di Nazione Veneta che almeno gli veniva riconosciuto sotto il dominio austriaco.
Il re di entrambe le guerre mondiali
E qui voglio puntare il dito, in particolare, su re Vittorio Emanuele III. Regnò dal 1900 al 1946 e fu responsabile dell’entrata dell’Italia in entrambe le guerre mondiali.
Vittorio Emanuele III nel 1915 dichiarò guerra all’Austria. Fu l’Italia, e personalmente il Re, a volere fortissimamente la guerra e ad attaccare l’Impero Austriaco, rompendo l’alleanza che legava i due Paesi e ponendo così le fondamenta della reputazione di inaffidabilità che l’Italia paga tuttora, oltre cent’anni dopo.
La Grande Guerra: colpo di stato del Re
La Grande Guerra non fu, come spesso ci fanno credere, una guerra per difendere la Patria, che non era minacciata da nessuno. Fu l’Italia ad attaccare, e ad attaccare un Paese alleato. Tanto che Giovanni Giolitti e la grande maggioranza del Parlamento, erano contrarissimi ad entrare in guerra.
Per costringerli a non opporsi, si fece ricorso alla piazza, alle oceaniche manifestazioni interventiste dei nazionalisti sobillati dal governo del re, alle minacce di morte a molti deputati e allo stesso Giolitti. Tanto che non mancherebbero argomenti per affermare che l’entrata in guerra dell’Italia fu una sorta di colpo di stato del Re e del capo del suo governo per imporre al Parlamento il loro volere.
Grande Guerra, fu l’Italia ad attaccare
Fu dunque l’Italia ad attaccare. La Grande Guerra non fu una guerra per difendere la Patria, ma per invadere la Patria degli altri: con i Patti di Londra, il cui reale contenuto rimase sconosciuto al Parlamento, il Re e il suo governo s’impegnavano a dichiarare guerra all’alleato Impero Austriaco, dietro promessa di annessione di territori che, oltre a Trento e Trieste “irredente”, comprendevano Istria, Dalmazia e Tirolo.
E infatti la guerra si concluse vittoriosamente con il Tricolore italiano sul Brennerpass, con l’occupazione dell’austriaca Bozen e della parte Sud dell’austriaco Tirol, che venne dal Fascismo ribattezzata Alto Adige e popolata di genti italiane portate lì con treni speciali da lontano, dal Sud Italia, per evitare che – se fossero venuti dal vicino Veneto – facessero comunella con i tirolesi.
Il bagno di sangue fu voluto
Alla difficile e ricattatoria trattativa intavolata con l’Austria per ottenere Trieste e anche Trento in cambio della “non entrata” in guerra, Vittorio Emanuele III preferì la guerra: volle il bagno di sangue sul quale poi la propaganda sabauda consolidò il mito bugiardo della sacra unità del Paese.
Il re del Fascismo e delle leggi razziali
Pochi anni dopo, lo stesso re Vittorio Emanuele III consentì l’ascesa di Mussolini e del Fascismo, consentì l’instaurazione della dittatura, condusse le orribili guerre coloniali, firmò le leggi razziali, consegnò al macello gli ebrei italiani, trascinò l’Italia nella seconda Guerra Mondiale al fianco di Hitler.
Il re delle italianizzazioni forzate in Tirolo e in Istria
Fu sempre re Vittorio Emanuele III ad avallare la criminale politica fascista di italianizzazione forzata del Sudtirolo, e l’analoga politica di italianizzazione forzata in Istria e Dalmazia, con tanto di lager per gli slavi come quello di Arbe.
Fu quella feroce politica nazionalista che dopo la sconfitta costò all’Italia la perdita di quelle terre profondamente venete e pose le premesse per la strage degli italiani, l’orrore delle foibe e il dramma degli esuli.
Il re che disfece il Veneto (aveva tredici province…)
Nel 1925, la riforma scolastica di Giovanni Gentile prevedeva un Sussidiario Veneto che nei primi capitoli illustrava ai ragazzi le tredici province del Veneto: le sette del Veneto attuale, più Trento, Friuli, Trieste, Fiume, Pola e Zara.
La sconfitta nella seconda guerra mondiale ha smembrato quel Veneto, togliendogli Istria e Dalmazia, terre di San Marco per secoli e parte della stessa nostra profonda identità veneta. Ed è quindi abbastanza scandaloso che proprio nelle città venete si onori tuttora il re che disfece il Veneto.
Corresponsabile del Fascismo
Al più alto responsabile dello smembramento del Veneto e di tutte le condotte criminali sopra citate, re Vittorio Emanuele III, sono ancora dedicate centinaia di vie, strade e piazze nelle città e nei paesi della Repubblica Italiana che onora comunque i propri Re, anche quelli di cui sarebbe doveroso provare vergogna.
E non ci si racconti ancora la barzelletta che la storia è storia e non si cambia, perché allora anche Mussolini è storia, eppure giustamente non vediamo molte piazze, strade e monumenti che onorino il Duce. Mentre è piena l’Italia di strade e piazze intitolate a Re Vittorio Emanuele III, corresponsabile del Fascismo e colpevole di aver trascinato il suo Paese in ben due guerre mondiali.
Le vie e le piazze Vittorio Emanuele III
A Vittorio Emanuele III sono intitolate, in Italia, quasi quattrocento tra vie, piazze, corsi.
In Friuli Venezia Giulia, sono sei: una Piazza Vittorio Emanuele III c’è a Farra d’Isonzo e a Sedegliano, una via a Rivignano, Campoformido e Talmassons. E a Taipana c’è un Ponte Vittorio Emanuele III.
In Veneto, le ricorrenze sono undici: una Via Vittorio Emanuele III c’è a Codevigo, Grantorto, Selvazzano Dentro, Agugliaro, Maser, Sant’Elena e Nogara. Una piazza c’è ad Arcade e a Mareno di Piave. A Pieve del Grappa c’è la Galleria Vittorio Emanuele III. E a Venezia, infine, a Vittorio Emanuele III è intitolato un canale della laguna, scavato nel 1925, che unisce Canale della Giudecca con Porto Marghera.
Torniamo ai nomi storici, veneti e friulani!
Sarebbe tempo di trovare altri nomi, di onorare personaggi migliori. Di onorare i personaggi illustri del Veneto, spesso dimenticati. O più semplicemente, di tornare ai nomi storici, ai nomi veneti e friulani che quelle strade e quelle piazze avevano prima dell’Unità d’Italia. Signori, la sbornia risorgimentale è finita, e la verità è sempre più arduo nascondere.
Il caso Padova: una sostituzione storica…
Ci ha raccontato il nostro Giulio Bertaggia, in un documentatissimo articolo (CLICCA QUI per leggerlo), l’operazione di vera “sostituzione etnica” della toponomastica storica di Padova con il Pantheon dei risorgimentalisti.
Si pensi che nel 1866, pochi giorni dopo l’annessione del Veneto con il referendum truffa, senza manco preoccuparsi di consultare la cittadinanza, una delle piazze più grandi e belle del mondo, il famosissimo Prato della Valle, fu ribattezzato “Grande Piazza Vittorio Emanuele II“. E bisognò attendere quasi un secolo, la fine del Regno e l’avvento della Repubblica, per poter restituire la piazza all’antico e vero suo nome.
Via Vittorio Emanuele III dalle vie
Ebbene, si faccia lo stesso, in tutto il Veneto, in tutta la Penisola, anche con le vie e le piazze usurpate da Vittorio Emanuele III. Il canale lagunare di Venezia, invece, possiamo pure lasciarlo intitolato a lui. Dopotutto, è un canale artificiale, scavato sotto il suo regno, un canale industriale, per nulla amato perché spalancò la Laguna alle maree, portando non pochi danni a Venezia.
Meno danni, comunque, di quelli che Vittorio Emanuele III ha fatto all’Italia tutta e al Veneto in particolare.